Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.740 del 12/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 3528/2020 R.G., proposto da:

G.V., nella qualità di titolare dell’impresa individuale corrente in Cosenza sotto la ditta ” G.A. di G.V.”, rappresentato e difeso dall’Avv. Cesare Greco, con studio in Cosenza, elettivamente domiciliato presso il recapito del medesimo difensore in Roma, giusta procura in calce al ricorso introduttivo del presente procedimento;

– ricorrente –

contro

l’Agenzia delle Entrate – Riscossione, con sede in Roma, in persona del Direttore Generale pro tempore;

– intimata –

Avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale della Calabria il 10 settembre 2019 n. 3094/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 16 novembre 2021 dal Dott. Giuseppe Lo Sardo.

RILEVATO

che:

G.V., nella qualità di titolare dell’impresa individuale corrente in Cosenza sotto la ditta ” G.A. di G.V.”, ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale della Calabria il 10 settembre 2019 n. 3094/01/2019, la quale, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di preavviso di fermo amministrativo in dipendenza di due cartelle di pagamento per la TARSU e la TARES relative all’anno 2013, ha rigettato l’appello proposto dal medesimo nei confronti dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Cosenza il 30 maggio 2018 n. 3126/03/2018. La Commissione Tributaria Regionale ha confermato la decisione di prime cure in relazione all’omessa adozione di un provvedimento sulle spese giudiziali, nonostante l’accoglimento del ricorso proposto dal contribuente. Tale statuizione è stata oggetto esclusivo di impugnazione. L’Agenzia delle Entrate – Riscossione è rimasta intimata. Ritenuta la sussistenza delle condizioni per definire il ricorso ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., la proposta formulata dal relatore è stata notificata al difensore della parte costituita con il decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

CONSIDERATO

che:

Con unico motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per aver erroneamente omesso di pronunciare sulle spese giudiziali, in riforma della sentenza di primo grado, nonostante l’accoglimento del ricorso originario del contribuente.

Ritenuto che:

1. Il motivo è fondato, per quanto il parametro normativo di riferimento debba essere più propriamente individuato nel D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 15, che detta una specifica disciplina (ancorché sulla falsariga dell’art. 91 c.p.c.) per la regolamentazione delle spese nel processo tributario.

1.1 La mancata statuizione sulle spese del giudizio integra una vera e propria omissione di carattere concettuale e sostanziale e costituisce un vizio della sentenza, stante la mancanza di qualsiasi decisione da parte del giudice in ordine ad una domanda che è stata ritualmente proposta e che richiede pertanto una pronuncia di accoglimento o di rigetto. Ne consegue che l’omessa pronuncia sulle spese in un provvedimento a contenuto decisorio che definisce il giudizio non costituisce mero errore materiale emendabile con la speciale procedura di correzione prevista dagli artt. 287 e ss. c.p.c., ma vizio di omessa pronuncia da farsi valere solo con i mezzi d’impugnazione, tenendo anche conto della preclusione per la parte vittoriosa, al fine di ottenere la condanna alle spese della parte soccombente, della procedura speciale di cui alla Legge 13 giugno 1942 n. 794, che è riservata al difensore per conseguire i compensi nei confronti del proprio cliente (tra le tante: Cass., Sez. 5, 23 giugno 2005, n. 13513; Cass., Sez. 3, 19 febbraio 2013, n. 4012; Cass., Sez. 2, 17 giugno 2016, n. 12625; Cass., Sez. 6-1, 31 ottobre 2018, n. 27766; Cass., Sez. 5, 15 maggio 2019, n. 12963; Cass., Sez. 6-5, 27 maggio 2021, n. 14786; Cass., Sez. 6-5, 29 ottobre 2021, n. 30818).

A giustificazione di tale assunto si è anche detto che, in tema di disciplina delle spese processuali, la soccombenza costituisce un’applicazione del principio di causalità, in virtù del quale non è esente da onere delle spese la parte che, col suo comportamento antigiuridico (in quanto trasgressivo di norme di diritto sostanziale) abbia provocato la necessità del processo; essa prescinde, pertanto, dalle ragioni – di merito o processuali – che l’abbiano determinata e dal fatto che il rigetto della domanda della parte dichiarata soccombente sia dipeso dall’avere il giudice esercitato i suoi poteri ufficiosi (da ultima: Cass., Sez. 1, 29 luglio 2021, n. 21823).

1.2 Nella specie, contravvenendo al principio enunciato, la Commissione Tributaria Regionale ha rigettato l’appello del contribuente sulla pronuncia adottata con la formula “nulla per le spese” nel giudizio di prime cure sul presupposto che “la natura altamente discrezionale del potere, affidato al giudice di condannare il soccombente al pagamento delle spese del giudizio, va osservato che la mancata condanna ben si giustifica per la natura della soccombenza, che è stata dichiarata per mancata costituzione della controparte e, dunque, in assenza di una piena verifica probatoria”.

1.3 Così facendo, però, il giudice di appello è incorso in una palese ed evidente violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 15, comma 1, il quale collega la condanna alla rifusione delle spese giudiziali alla soccombenza di una parte rispetto all’altra parte, posto che la compensazione totale o parziale delle spese giudiziali è eccezionalmente consentita dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 15, comma 2, soltanto in caso di soccombenza reciproca ovvero in caso di gravi ed eccezionali ragioni che devono essere espressamente motivate.

1.4 Per cui, la motivazione illustrata è assolutamente illogica oltre che antigiuridica – per la considerazione che l’annullamento dell’atto impositivo deve essere fondato sull’insussistenza dei presupposti della pretesa tributaria e la condanna alla rifusione delle spese giudiziali è conseguenziale alla soccombenza dell’amministrazione finanziaria, per cui non si può delineare una sorta di “soccombenza attenuata” in dipendenza dell’inerzia processuale della parte.

2. Pertanto, valutandosi la fondatezza del motivo dedotto, il ricorso può trovare accoglimento e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Calabria, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Calabria, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale effettuata da remoto, il 16 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2022

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