LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUCIOTTI Lucio – Presidente –
Dott. CATALDI Michele – Consigliere –
Dott. CROLLA Cosmo – rel. Consigliere –
Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –
Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 35626-2019 proposto da:
F.N.D.N., domiciliato presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentato e difeso dall’avvocato MARIA ADELE DOMENICHELLA;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1879/18/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA LOMBARDIA, depositata il 23/04/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 17/11/2021 dal Consigliere Relatore Dott. COSMO CROLLA.
RITENUTO
Che:
1. F.N.D.N. impugnava davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano l’atto di contestazione delle sanzioni, con il quale l’Ufficio irrogava la sanzione di Euro 7.112,16, per ritardata registrazione del contratto di locazione di durata dodicennale a partire 15/9/2015, avente ad oggetto un immobile ad uso commerciale (attività di ristorazione) sito in *****, effettuata con ravvedimento operoso sulla base del canone relativo alla prima annualità e non già per l’intera durata del contratto.
2. La CTP accoglieva il ricorso recependo la tesi del ricorrente secondo la quale il calcolo della sanzione andava effettuato su una sola annualità in quanto il contribuente si era avvalso della facoltà, prevista dal D.L. n. 131 del 1986, art. 17, del pagamento rateizzato dell’imposta.
3. Sull’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate l’adita Commissione Tributaria Regionale della Lombardia accoglieva l’appello rilevando, in difformità con quanto argomentato dal giudice di prime cure, che la sanzione era stata correttamente parametrata sull’intero canone contrattuale.
4. Avverso la sentenza della CTR ha proposto ricorso per Cassazione il contribuente sulla base di due motivi. L’Agenzia delle Entrate si è costituita depositando controricorso.
5. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c. risulta regolarmente costituito il contraddittorio. L’Ufficio ha depositato memorie illustrativa.
CONSIDERATO
Che:
1. Con il primo motivo di impugnazione denuncia il ricorrente violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 69 e del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 3, comma 1; si sostiene che la sanzione per il ritardo nella registrazione è stata introdotta, a decorrere dal 1.1.2016, dal D.Lgs. n. 158 del 2015, art. 18, comma 1, lett. a), che ha modificato il D.Lgs. n. 131 del 1986, art. 69; per i fatti anteriori a tale intervento legislativo, come è quello di cui è causa, veniva sanzionata la sola omissione della registrazione, ragion per cui, in applicazione dei principi di legalità e tipicità che governano la materia delle sanzioni la condotta posta in essere dalla contribuente non poteva essere assoggettata a sanzione amministrativa.
1.2 Con il secondo motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 17, comma 3 e art. 43, comma 1, lett. h), per avere la CTR errato nel non affermare che, avendo il contribuente optato per il pagamento dell’imposta su base annuale, anche la sanzione avrebbe dovuto essere commisurata sulla prima annualità e non sul valore complessivo.
2. Il primo motivo è inammissibile.
2.1 In punto di questioni ed eccezioni non accolte dal giudice di primo grado questa Corte ha enunciato il seguente principio ” Qualora un’eccezione di merito sia stata ritenuta infondata nella motivazione della sentenza del giudice di primo grado o attraverso un’enunciazione in modo espresso, o attraverso un’enunciazione indiretta, ma che sottenda in modo chiaro ed inequivoco la valutazione di infondaitezza, la devoluzione al giudice d’appello della sua cognizione, da parte del convenuto rimasto vittorioso quanto all’esito finale della lite, esige la proposizione da parte sua dell’appello incidentale, che è regolato dall’art. 342 c.p.c., non essendo sufficiente la mera riproposizione di cui all’art. 346 c.p.c.. Qualora l’eccezione sia a regime di rilevazione affidato anche al giudice, la mancanza dell’appello incidentale preclude, per il giudicato interno formatasi ex art. 329 c.p.c., comma 2, anche il potere del giudice d’appello di rilevazione d’ufficio, di cui all’art. 345 c.p.c., comma 2. Viceversa, l’art. 346 c.p.c., con l’espressione eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado, nell’ammettere la mera riproposizione dell’eccezione di merito da parte del convenuto rimasto vittorioso con riguardo all’esito finale della lite, intende riferirsi all’ipotesi in cui l’eccezione non sia stata dal primo giudice ritenuta infondata nella motivazione né attraverso un’enunciazione in modo espresso, né attraverso un’enunciazione indiretta, ma chiara ed inequivoca. Quando la mera riproposizione (che dev’essere espressa) è possibile, la sua mancanza rende irrilevante in appello l’eccezione, se il potere di rilevazione riguardo ad essa è riservato alla parte, mentre, se il potere di rilevazione compete anche al giudice, non impedisce ferma la preclusione del potere del convenuto che il giudice d’appello eserciti detto potere a norma dell’art. 345 c.p.c., comma 2". (cfr. Cass. S.U. 11799/2017) 2.2 Il principio è stato ulteriormente chiarito da un successivo arresto secondo il quale “nel processo ordinario di cognizione risultante dalla novella di cui alla L. n. 353 del 1990 e dalle successive modifiche, le parti del processo di impugnazione che costituisce pur sempre una revisio prioris istantiae – nel rispetto dell’autoresponsabilità e dell’affidamento processuale, sono tenute, per sottrarsi alla presunzione di rinuncia (al di fuori delle ipotesi di domande e di eccezioni esaminate e rigettate, anche implicitamente, dal primo giudice, per le quali è necessario proporre appello incidentale; art. 343 c.p.c.), a riproporre ai sensi dell’art. 346 c.p.c. Ile domande e le eccezioni non accolte in primo grado, in quanto rimaste assorbite, con il primo atto difensivo e comunque non oltre la prima udienza, trattandosi di fatti rientranti già nel thema probandum e nel thema decidendum del giudizio di primo grado”(cfr. Cass. S.U. nr 7940/2019).
2.3 Dall’esame delle suindicate autorevoli pronunce si può quindi affermare che la parte totalmente vittoriosa in primo grado deve riproporre al fine di evitare preclusioni, con il primo atto difensivo e comunque entro la prima udienza le domande e le eccezioni non accolte in primo grado poiché respinte o rimaste assorbite: solo in tal modo, infatti, può sottrarsi alla presunzione di rinuncia delle stesse.
2.4 Ciò premesso nella fattispecie in esame è pacifico che la questione della inapplicabilità della sanzione dedotta dal ricorrente in primo grado sia stata implicitamente disattesa dalla CTP posto che i giudici di primo grado hanno ritenuto che la sanzione andava parametrata non all’intera imposta ma ad un dodicesimo della stessa.
2.5 Il contribuente, rimanendo contumace nel giudizio di secondo grado, né ha spiegato appello incidentale né ha riproposto le difese, già svolte nel giudizio davanti alla CTP incorrendo, quindi, nella decadenza dal diritto di riproporre la questione in Cassazione per tacita rinuncia.
3. Il secondo motivo è fondato.
3.1 La cornice normativa della controversia sottoposta allo scrutinio di questa Corte è la seguente: a) D.Lgs. n. 131 del 1986, art. 69, nella versione applicabile ratione temporis, “chi omette la richiesta di registrazione degli atti e dei fatti rilevanti ai fini dell’applicazione dell’imposta, ovvero la presentazione delle denunce previste dall’art. 19 è punito con la sanzione amministrativa dal centoventi al duecento quaranta per cento dell’imposta dovuta”; b) D.Lgs. n. 131 del 1986, art. 43 “la base imponibile, salvo quanto disposto negli articoli seguenti e costituita per i contratti diversi da quelli indicati nelle lettere precedenti, aventi per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale, dall’ammontare dei corrispettivi in denaro pattuiti per l’intera durata del contratto c) D.Lgs. n. 131 del 1986, art. 17, commi 1 e 3 “L’imposta dovuta per la registrazione dei contratti di locazione e affitto di beni immobili esistenti nel territorio dello Stato nonché per le cessioni, risoluzioni e proroghe anche tacite degli stessi, è liquidata dalle parti contraenti ed assolta entro trenta giorni mediante versamento del relativo importo presso uno dei soggetti incaricati della riscossione, ai sensi del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 237, art. 4. Entro il termine di trenta giorni deve essere presentata all’ufficio presso cui è stato registrato il contratto di locazione la comunicazione relativa alle cessioni, alle risoluzioni e alle proroghe anche tacite dello stesso Per i contratti di locazione e sublocazione di immobili urbani di durata pluriennale l’imposta può essere assolta sul corrispettivo pattuito per l’intera durata del contratto ovvero annualmente sull’ammontare del canone relativo a ciascun anno. In caso di risoluzione anticipata del contratto il contribuente che ha corrisposto l’imposta sul corrispettivo pattuito per l’intera durata del contratto ha diritto al rimborso del tributo relativo alle annualità successive a quella in corso. L’imposta relativa alle annualità successive alla prima, anche conseguenti a proroghe del contratto comunque disposte, deve essere versata con le modalità di cui al comma 1”; nota I – introdotta anch’essa dalla L. n. 449 del 1997 – all’art. 5 della Parte prima della tariffa allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, “per i contratti di locazione e sublocazione di immobili urbani di durata pluriennale,, l’imposta se corrisposta per l’intera durata del contratto, si riduce di una percentuale pari alla metà del tasso di interesse legale moltiplicato per il numero delle annualità”.
3.2 Dal coordinato esame della normativa sopra indicata si può affermare che solo per i contratti di locazione aventi ad oggetto beni diversi da quelli urbani l’imposta liquidata dalle parti è assolta entro il termine di legge in un’unica soluzione e nella sua interezza.
3.3 L’art. 17, comma 3, quale modificato dalla L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 21, comma 18, lett. a, prevede limitatamente alle locazioni pluriennali di immobili urbani ed in deroga in deroga al disposto del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 43, comma 1, lett. h), urbani, una disciplina, giustificata dalle sottese esigenze di natura socio economico, in base al quale l’obbligo di corrispondere l’imposta del registro è assolto con cadenza annuale.
3.4 La Corte Costituzione (cfr. Corte Cost., ordinanza 28 dicembre 2006, n. 461 richiamata anche da Cass. 21792/2012 vedi anche Cass.nr 28403/2021), al riguardo ha sottolineato che la facoltà, stabilita dal D.Lgs. citato, art. 17, comma 3, di optare per il pagamento del tributo in unica soluzione, con riferimento al corrispettivo pattuito per l’intera durata contrattuale “non modifica il carattere annuale del tributo relativo alle indicate locazioni di immobili urbani, perché, come risulta dai lavori preparatori della L. n. 449 del 1997, il legislatore ha introdotto l’opzione di pagamento in unica soluzione solo per consentire all’erario di incamerare anticipatamente gli importi dell’imposta dovuti per ciascun anno e, a questo fine, ha previsto un “meccanismo incentivante” detta opzione, consistente nella riduzione del tributo stesso nella misura della “percentuale pari alla metà del tasso di interesse legale moltiplicato per il numero delle annualità” (nota I – introdotta anch’essa dalla L. n. 449 del 1997 – al D.P.R. n. 131 del 1986, tariffa allegata, Parte prima, art. 5)”.
3.5 Una ulteriore conferma del carattere annuale del tributo è fornita, sempre secondo quanto affermato dal Giudice delle Leggi, dalla previsione della subordinazione del diritto al rimborso dell’imposta di registro alla duplice condizione della risoluzione anticipata del contratto nonché del pagamento del tributo in unica soluzione.
3.6 Tale disposizione non avrebbe ragion d’essere se come ritenuto dalla impugnata sentenza, l’assolvimento dell’imposta in più soluzioni fosse una mera dilazione di pagamento è non invece esecuzione di un preciso obbligo annuale di corresponsione dell’imposta di registro consentito dalla normativa fiscale derogatoria relativa alle sole locazioni pluriennali di immobili urbani.
3.7 Sulla scorta delle suesposte considerazioni, l’importo della sanzione da irrogare dal contribuente va ragguagliato all’imposta dovuta per la prima annualità di contratto.
4. In accoglimento del secondo motivo del ricorso l’impugnata sentenza va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia in diversa composizione anche in ordine alla regolamentazione delle spese del presente giudizio.
PQM
La Corte:
accoglie il secondo motivo di ricorso, dichiarato inammissibile il primo, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 17 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2022