Interdizione, procedimento, morte dell'interdetto nelle more del giudizio di appello sulla sentenza di revoca dell'interdizione, effetti sulla sentenza di primo grado

Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.7418 del 07/03/2022

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Interdizione, procedimento, morte dell'interdetto nelle more del giudizio di appello sulla sentenza di revoca dell'interdizione, effetti sulla sentenza di primo grado

La disposizione di cui all'art. 338 c.p.c., secondo cui l'estinzione del procedimento di appello fa passare in giudicato la sentenza impugnata, salvo che ne siano stati modificati gli effetti con provvedimenti pronunciati nel procedimento estinto, è incompatibile con i procedimenti speciali di interdizione e di revoca dell'interdizione, quali processi volti a tutelare, in via giurisdizionale, lo status della persona e gli interessi pubblici afferenti; ne deriva che nel caso in cui l'interdetto muoia nelle more del giudizio di appello avverso la pronuncia che aveva revocato l'interdizione, la dichiarazione di estinzione del procedimento conseguente alla cessazione della materia del contendere travolge anche la sentenza di primo grado.

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Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.7418 del 07/03/2022

(Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente; Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere)

 

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Venezia, con ordinanza depositata in data 27/01/2020, ha respinto il reclamo proposto da S.S. e C.I.R., nei confronti di S.G., S.N., S.D., Ca.Ma.Gi., avverso il decreto del giudice tutelare del ***** che aveva disposto l’apertura dell’amministrazione di sostegno in favore di S.S., con nomina di un terzo come amministratore di sostegno, attesa la palese animosità tra le parti, rilevando che la procura generale rilasciata dal beneficiario alla moglie, signora C., era risalente nel tempo, nonché “successiva a gravi eventi e patologie” che avevano interessato l’amministrato, cosicché vi erano dubbi circa la citato “electio”, e che dall’esame del beneficiario, effettuato dal giudice tutelare, era emersa la permanenza di devastanti conseguenze dell’ictus subito (egli non era stato in grado di rispondere a nessuna domanda) Avverso la suddetta pronuncia, S.S. e C.I.R. propongono ricorso per cassazione, notificato il 17/6/2020, affidato a dieci motivi, nei confronti di S.G., S.N. e S.D. (che resistono con controricorso, notificato 27/7/2020) e di Ca.Ma.Gi., in qualità di amministratore di sostegno di S.S. (che non svolge difese). Entrambe le parti hanno depositato memorie.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. I ricorrenti lamentano: a) con il primo, il secondo, il terzo, il nono motivo, la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 404 c.c. e la falsa applicazione delle norme in materia di amministrazione di sostegno, in riferimento agli artt. 2 e 3 Cost., art. 8 CEDU, L. n. 18 del 2009, artt. 1 e 2 all’interesse del beneficiario, minacciato dall’amministrazione di sostegno, all’inesistente presupposto dell’incapacità di provvedere ai propri interessi, all’individuazione, quale requisito dell’adozione della misura, del conflitto endo-familiare; b) con il quarto e quinto motivo, la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 2700 c.c. e art. 116 c.p.c., ovvero la falsa applicazione delle norme in materia di validità efficacia dell’atto pubblico contenente la procura generale conferita dal S. alla moglie, nonché alla libera valutazione del giudice della prova legale; c) con il sesto motivo, la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, degli artt. 115 e 116 c.p.c. ovvero il travisamento della prova in punto di fragilità psichica, avendo la Corte di merito basato il giudizio sulla propria percezione, non disponendo una consulenza tecnica d’ufficio e disattendendo la documentazione medica allegata dal S. (affetto solo da paralisi degli arti e afasia) a sostegno della propria piena capacità di intendere e di volere; d) con il settimo e l’ottavo motivo, l’omesso esame, e art. 360 c.p.c., n. 5, di fatto decisivo rappresentato dalla capacità di intendere e di volere del S. e dalla natura non meramente economica della misura dell’amministrazione di sostegno; e) con il decimo motivo, la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 408 c.c. per avere la Corte disatteso l’indicazione del coniuge convivente quale amministratore di sostegno.

2. Preliminarmente, nelle memorie depositate, entrambe le parti hanno dato atto del decesso, in data *****, di S.S., amministrando ricorrente. La circostanza è stata documentata dai controricorrenti con il relativo certificato di morte.

3. Premesso che la produzione del certificato di morte in questa sede deve ritenersi consentita, ai sensi dell’art. 372 c.p.c. (Cass. 23 maggio 2003, n. 9191), occorre rilevare che, nel procedimento relativo alla nomina dell’amministratore di sostegno, analogamente a quanto avviene nel giudizio d’interdizione (ex multis Cass.7239/2004; Cass. 24149/2016), la morte dell’amministrando determina la cessazione della materia del contendere, essendo venuto meno il potere-dovere del giudice di pronunciare sull’originario thema decidendum (Cass. 12737/2011) e, quindi, di emettere una decisione non più richiesta né necessaria, oltre al travolgimento della decisione impugnata, al pari di quella di primo grado (Cass. n. 368/2000; Cass. 16160/2002; Cass. 1205/2003; Cass. 7239/2004).

Al riguardo, va, infatti, richiamato il principio di diritto già espresso da questa Corte (Cass. 3570/2006), in ipotesi di morte dell’interdetto nel corso del giudizio di impugnazione, analoga quella di morte dell’amministrando nella procedura per cui è causa: “la disposizione di cui all’art. 338 c.p.c., secondo cui l’estinzione del procedimento di appello fa passare in giudicato la sentenza impugnata, salvo che ne siano stati modificati gli effetti con provvedimenti pronunciati nel procedimento estinto, è incompatibile con i procedimenti speciali di interdizione e di revoca dell’interdizione, quali processi volti a tutelare, in via giurisdizionale, lo ” status ” della persona e gli interessi pubblici afferenti; ne deriva che nel caso in cui l’interdetto muoia nelle more del giudizio di appello avverso la pronuncia che aveva revocato l’interdizione, la dichiarazione di estinzione del procedimento conseguente alla cessazione della materia del contendere travolge anche la sentenza di primo grado”; cfr. Cass. 1001/1989, ove si richiama un orientamento consolidato in punto di conseguente estinzione dell’intero procedimento, senza che ciò comporti il passaggio in giudicato della sentenza impugnata in quanto essa resta travolta e caducata, al pari della sentenza di primo grado, e Cass. 7239/2004).

4. In ordine alle spese processuali dell’intero giudizio, la natura della controversia e l’imprevedibilità dell’evento morte giustificano la compensazione integrale tra le parti delle spese per i gradi di merito e per il presente giudizio di legittimità.

Non ricorrono, in ogni caso, i presupposti processuali per l’applicazione del meccanismo sanzionatorio del raddoppio del contributo unificato di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17; invero, esso è applicabile “solo ove il procedimento per cassazione si concluda con integrale conferma della statuizione impugnata, ovvero con la “ordinaria dichiarazione di inammissibilità del ricorso, non anche nell’ipotesi di declaratoria di inammissibilità sopravvenuta di quest’ultimo per cessazione della materia del contendere, poiché essa determina la caducazione di tutte le pronunce emanate nei precedenti gradi di giudizio e non passate in cosa giudicata, rendendo irrilevante la successiva valutazione della virtuale fondatezza, o meno, del ricorso in quanto avente esclusivo rilievo in merito alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità” (Cass. 20697/2021; cfr. Cass. 13636/2015).

P.Q.M.

La Corte dichiara cessata la materia del contendere e integralmente compensate tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Dispone che, ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi, in caso di diffusione del presente provvedimento.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 16 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 7 marzo 2022

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