Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.746 del 12/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCIOTTI Lucio – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 36965/2019 R.G., proposto da:

l’Agenzia delle Entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore Generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con sede in Roma, ove per legge domiciliata;

– ricorrente –

contro

la “DONDOLA S.r.l.”,. con sede in Pesaro, in persona dell’amministratore unico pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Alessandra Militerno, con studio in Roma, e dall’Avv. Francesco Napolitano, con studio in Roma, ove elettivamente domiciliata, giusta procura in margine al controricorso di costituzione nel presente procedimento;

– controricorrente –

avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale delle Marche il 6 agosto 2018 n. 500/06/2018, non notificata;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 17 novembre 2021 dal Dott. Giuseppe Lo Sardo.

RILEVATO

che:

L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale delle Marche il 6 agosto 2018 n. 500/06/2018, che, in controversia su impugnazione di cartella di pagamento D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 36-bis, per IRES ed IVA relative all’anno 2008, ha accolto l’appello proposto dalla “DONDOLA S.r.l.” nei confronti della medesima avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Pesaro il 12 maggio 2015 n. 364/01/2015, con compensazione delle spese giudiziali. La Commissione Tributaria Regionale ha riformato la decisione di prime cure, sul presupposto che l’omessa indicazione dei costi sostenuti in misura complessiva di Euro 192.281,00 per gli investimenti ambientali negli anni d’imposta 2001, 2002 e 2003 era stata sanata con la presentazione delle dichiarazioni integrative nell’anno 2008. La “DONDOLA S.r.l.” si è costituita con controricorso. Con ordinanza interlocutoria, il collegio ha rinviato la causa a nuovo ruolo in attesa della pronunzia delle Sezioni Unite di questa Corte sull’applicabilità del D.L. 23 ottobre 2018, n. 119, art. 6, comma 11, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2018, n. 136, alle controversie in materia di cartelle di pagamento D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 36-bis. All’esito di tale decisione, ritenuta la sussistenza delle condizioni per definire il ricorso ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., la proposta formulata dal relatore è stata notificata ai difensori delle parti con il decreto di fissazione dell’adunanza della Corte. La controricorrente ha depositato memoria, chiedendo la rimessione della causa alla pubblica udienza della Sezione Tributaria.

CONSIDERATO

che:

Con unico motivo, si denuncia violazione e/o falsa applicazione della L. 18 ottobre 2001, n. 383, art. 4, anche in combinato disposto con il D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, art. 2, comma 8-bis, (nel testo anteriore alla modifica apportata dal D.L. 22 ottobre 2016, n. 193, art. 5, convertito, con modificazioni, nella L. 1 dicembre 2016, n. 225) e il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che l’omessa indicazione dei costi sostenuti per gli investimenti nelle dichiarazioni relative agli anni d’imposta 2001, 2002 e 2003 era stata sanata con la presentazione delle dichiarazioni integrative nell’anno 2008.

Ritenuto che:

1. Preliminarmente, si deve disattendere l’istanza della controricorrente per la trattazione della causa in pubblica udienza.

In adesione all’indirizzo espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte, il collegio giudicante ben può escludere, nell’esercizio di una valutazione discrezionale, la ricorrenza dei presupposti della trattazione in pubblica udienza, in ragione del carattere consolidato dei principi di diritto da applicare nel caso di specie (Cass., Sez. Un., 5 giugno 2018, n. 14437), e non si verta in ipotesi di decisioni aventi rilevanza nomofilattica (Cass., Sez. Un., 23 aprile 2020, n. 8093).

In particolare, la sede dell’adunanza camerale non è incompatibile, di per sé, anche con la statuizione su questioni nuove, soprattutto se non oggettivamente inedite e già assistite da un consolidato orientamento, cui la Corte fornisce il proprio contributo (Cass., Sez. 5, 5 marzo 2021, n. 6118; Cass., Sez. 5, 30 marzo 2021, n. 8757). Per cui, posto che nella specie si tratta di questione già scrutinata dai giudici di legittimità, la controversia può essere esaminata in Camera di consiglio.

1.1 Parimenti, si deve disattendere l’eccezione di tardività del ricorso per cassazione sul presupposto dell’inapplicabilità della sospensione dei termini di impugnazione delle pronunce giurisdizionali D.L. 23 ottobre 2018, n. 119, ex art. 6, comma 11, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2018, n. 136, ex art. 6, comma 11, alle controversie in materia di cartelle di pagamento D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 36-bis, le quali non costituirebbero “atti impositivi” in senso stretto. Difatti, come è stato recentemente chiarito da questa Corte, in tema di definizione agevolata, anche il giudizio avente ad oggetto l’impugnazione della cartella emessa in sede di controllo automatizzato D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 36-bis, con la quale l’amministrazione finanziaria liquida le imposte calcolate sui dati forniti dallo stesso contribuente, dà origine a una controversia suscettibile di definizione ai sensi del D.L. n. 23 ottobre 2018, n. 119, art. 6, comma 11, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2018, n. 136, qualora la predetta cartella costituisca il primo ed unico atto col quale la pretesa fiscale è comunicata al contribuente, essendo come tale impugnabile, D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ex art. 19, non solo per vizi propri, ma anche per motivi attinenti al merito della pretesa impositiva (Cass., Sez. Un., 25 giugno 2021, n. 18298; Cass. Sez. 5, 29 ottobre 2021, n. 30704; Cass., Sez. 5, 5 novembre 2021, n. 32071). Per cui, è applicabile la sospensione dei termini di impugnazione D.L. 23 ottobre 2018, n. 119, ex art. 6, comma 11, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2018, n. 136.

1.2 Per il resto, il motivo è infondato.

1.3 La lettura restrittiva del principio generale di emendabilità delle dichiarazioni fiscali anche in sede contenziosa non appare corretta.

In primo luogo, occorre muovere dal quadro normativo di riferimento. Il D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, art. 2, comma 8, permette di integrare le dichiarazioni annuali per correggere errori ed omissioni mediante successiva dichiarazione da presentare non oltre i termini di esercizio dell’attività accertatrice. Il successivo comma 8-bis, inoltre, consentiva nella versione vigente ratione temporis di integrare le dichiarazioni annuali per correggere errori o omissioni che abbiano determinato l’indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito di imposta o di un minor credito mediante dichiarazione da presentare non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo.

1.4 In merito alla portata applicativa della norma, questa Corte ha chiarito (a partire da: Cass., Sez. Un., 30 giugno 2016, n. 13378) che in tema di imposte dirette che il principio di generale emendabilità della dichiarazione è riferibile all’ipotesi ordinaria in cui la dichiarazione rivesta carattere di mera dichiarazione di scienza, mentre, laddove la dichiarazione abbia carattere negoziale, il suddetto principio non opera, salvo che il contribuente dimostri l’essenziale ed obiettiva riconoscibilità dell’errore, ai sensi dell’art. 1427 e ss. c.c. (tra le tante: Cass., Sez. 5, 30 settembre 2015, n. 19410; Cass., Sez. 5", 8 ottobre 2015, n. 20208; Cass., Sez. 5, 15 dicembre 2017, n. 30172; Cass., Sez. 5, 12 gennaio 2018, n. 610; Cass., Sez. 5, 24 aprile 2018, n. 10029; Cass., Sez. 5, 30 novembre 2018, n. 31061; Cass., Sez. 6-5, 12 ottobre 2018, n. 25596; Cass., Sez. 5, 31 gennaio 2019, n. 2921; Cass., Sez. 5, 21 ottobre 2019, nn. 26677 e 26678; Cass., Sez. 5, 4 marzo 2020, n. 6016; Cass., Sez. 5, 24 giugno 2021, n. 18079; Cass., Sez. 5, 30 giugno 2021, n. 18378). In questa prospettiva è stato affermato che le denunce dei redditi costituiscano di norma delle dichiarazioni di scienza e, quindi, possano essere modificate ed emendate in presenza di errori che espongano il contribuente al pagamento di tributi maggiori di quelli effettivamente dovuti.

1.5 In tema d’imposte sui redditi, la dichiarazione affetta da errori di fatto o di diritto da cui possa derivare, in contrasto con l’art. 53 Cost., l’assoggettamento del contribuente a tributi più gravosi di quelli previsti per legge è emendabile anche in sede contenziosa, attesa la sua natura di mera esternazione di scienza, dovendosi ritenere che il limite temporale di cui al D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, art. 2, comma 8-bis, sia circoscritto ai fini dell’utilizzabilità in compensazione, ai sensi del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, art. 17, dell’eventuale credito risultante dalla rettifica (Cass., Sez. 5, 17 settembre 2014, n. 19537; Cass., Sez. 6-5, 26 ottobre 2015, n. 21740; Cass., Sez. Un., 30 giugno 2016, n. 13378; Cass., Sez. 5, 11 maggio 2018, n. 11507; Cass., Sez. 5, 30 ottobre 2018, n. 27583; Cass., Sez. 5, 28 novembre 2018, n. 30796; Cass., Sez. 5, 28 gennaio 2020, n. 1862; Cass., Sez. 5, 28 ottobre 2020, n. 23669; Cass., Sez. 5, 20 luglio 2021, n. 20684; Cass., Sez. 5, 24 agosto 2021, n. 23382). Deve, pertanto, riconoscersi al contribuente la possibilità, in sede contenziosa, di opporsi alla maggiore pretesa tributaria azionata dal fisco – anche con diretta iscrizione a ruolo a seguito di mero controllo automatizzato – allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella sua redazione ed incidenti sull’obbligazione tributaria, indipendentemente dal termine (decadenziale) di cui all’art. 2 citato (Cass., Sez. 5, 28 novembre 2018, n. 30796; Cass., Sez. 5, 17 ottobre 2019, n. 26382; Cass., Sez. 5, 14 novembre 2019, n. 29651; Cass., Sez. 5" 29 aprile 2020, n. 8352).

1.6 Dunque, la dichiarazione dei redditi non ha natura di atto negoziale e dispositivo, ma reca una mera esternazione di scienza e di giudizio, modificabile in ragione dell’acquisizione di nuovi elementi di conoscenza e di valutazione sui dati riferiti. Del resto una interpretazione giurisprudenziale che non consentisse la correzione della dichiarazione darebbe luogo a un prelievo fiscale indebito, incompatibile con i principi costituzionali della capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost., comma 1, e dell’oggettiva correttezza dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 Cost., comma 1 (Cass., Sez. 5, 31 gennaio 2011, n. 2226; Cass., Sez. 5, 28 gennaio 2020, n. 1862).

Tali principi sono stati altresì di recente ulteriormente precisati ritenendo che il termine annuale di cui al D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, art. 2, comma 8-bis, previsto per la presentazione della dichiarazione integrativa e finalizzata all’utilizzo in compensazione del credito eventualmente risultante, così come non interferisce sul termine di decadenza di quarantotto mesi previsto per l’istanza di rimborso di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38 (tra le tante: Cass., Sez. 5, 20 aprile 2012, n. 6253; Cass., Sez. 5, 17 settembre 2014, n. 19537; Cass., Sez. 5, 27 febbraio 2015 n. 4049; Cass., Sez. 5, 5 dicembre 2018, n. 31398; Cass., Sez. 5, 28 gennaio 2020, n. 1862) non esplica alcun effetto sul procedimento contenzioso instaurato dal contribuente per contestare la pretesa tributaria, quand’anche fondata su elementi o dichiarazioni forniti dal contribuente medesimo.

1.7 In conclusione, è stata affermata l’emendabilità, in via generale, di qualsiasi errore, di fatto o di diritto, contenuto in una dichiarazione resa dal contribuente all’amministrazione tributaria, anche se non direttamente rilevabile dalla stessa dichiarazione; ciò per l’impossibilità di assoggettare il dichiarante ad oneri diversi e più gravosi di quelli che, per legge, devono restare a suo carico, in conformità con i principi costituzionali della capacità contributiva (art. 53 Cost.), e della oggettiva correttezza dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.). Il contribuente, quindi, non solo può contestare, anche emendando le dichiarazioni da lui presentate all’amministrazione finanziaria, l’atto impositivo che lo assoggetti ad oneri diversi e più gravosi di quelli che, per legge, devono restare a suo carico; ma tale contestazione, impugnando la cartella esattoriale, è l’unica possibile non essendogli consentito di esercitare alcuna reazione di rimborso dopo il pagamento della cartella (tra le tante: Cass., Sez. 5, 4 maggio 2004, n. 8456; Cass., Sez. 5, 29 maggio 2006, n. 12787; Cass., Sez. 5, 24 marzo 2010, n. 7086; Cass., Sez. 5, 5 maggio 2011, n. 9872; Cass., Sez. 5, 28 gennaio 2020, n. 1862; Cass., Sez. 6-5, 27 luglio 2020, n. 15982).

Ora, con riferimento al caso in esame la mancata immediata fruizione del beneficio fiscale nel relativo anno di imposta non può dirsi imputabile ad una scelta discrezionale della società contribuente, ma all’incertezza interpretativa relativa alla cumulabilità delle agevolazioni consistenti nella tariffa incentivante prevista dal conto energia (D.Lgs. 3 marzo 2011, n. 28, art. 25, comma 10), di cui già usufruiva la società contribuente, e della detassazione degli investimenti ambientali previsti dalla c.d. “Tremonti ambientale” (L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 6, commi da 13 a 19). Incertezza interpretativa che è stata risolta solo a seguito del D.M. 5 luglio 2012, art. 19, il quale ha posto fine ad ogni incertezza circa la possibilità di cumulare i due benefici fiscali, permettendo da quella data ai contribuenti di accedere a tale agevolazione (in termini: Cass., Sez. 6-5, 27 luglio 2020, n. 15982).

In tale direzione, anche la risoluzione resa dall’Agenzia delle Entrate il 20 luglio 2016, n. 58/E, si è espressa in senso favorevole alla possibilità di beneficiare “ora per allora” dell’agevolazione c.d. “Tremonti ambientale” (L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 6, commi da 13 a 19) mediante dichiarazione dei redditi integrativa del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, ex art. 2, comma 8-bis, chiarendo quanto segue: “Con riguardo, infine, alla possibilità di beneficiare dell’agevolazione in un periodo d’imposta successivo a quello di effettuazione dell’investimento ambientale, conformemente a quanto chiarito con la risoluzione 20 dicembre 2010, n. 132/E, in relazione alla già citata agevolazione “Tremonti-ter”, si è ritenuto che la mancata indicazione della deduzione per fruire della detassazione ambientale entro il termine di presentazione della dichiarazione originaria non sia di ostacolo alla possibilità di avvalersi di tale deduzione in sede di dichiarazione dei redditi integrativa ai sensi del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8-bis. Decorsi i termini per la presentazione della dichiarazione a favore di cui al D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8-bis, è altresì possibile recuperare l’agevolazione presentando un’istanza di rimborso, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38".

1.8 La sentenza impugnata si è pienamente uniformata al principio enunciato, evidenziando che “l’Ufficio nulla ha opposto, se non ragioni formali, in merito alla spettanza della detassazione “Tremonti” (di cui alla L. n. 383 del 2001, artt. 4 e 5), limitandosi a rilevare che la contribuente non aveva osservato le istruzioni in materia per la compilazione delle dichiarazioni dei redditi, che prevedevano la compilazione del quadro RJ, con obbligo di indicare i costi sostenuti nel periodo d’imposta per la realizzazione degli investimenti, gli investimenti al netto dei disinvestimenti effettuati e l’ammontare del reddito agevolato. Al riguardo, si osserva, per ciò che rileva in questa sede, che la contribuente vi aveva provveduto successivamente, con la presentazione (nel gennaio 2008) delle dichiarazioni integrative relative alle annualità 2001, 2002 e 2003, rettificando i prospetti relativi all’agevolazione Tremonti ed i righi relativi alle perdite di impresa realizzate e riporta bili. Peraltro, a conferma che l’Ufficio ha contestato il diritto allo scomputo delle perdite pregresse per ragioni meramente formali sta il fatto che ha proceduto direttamente all’iscrizione a ruolo dell’imposta, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, e a non emettere avviso di accertamento”. Da qui la conclusione del riconoscimento del “diritto alla detassazione “Tremonti”, di cui alla L. n. 383 del 2001, artt. 4 e 5".

2. Valutandosi la infondatezza del motivo dedotto, alla stregua delle suesposte argomentazioni, dunque, il ricorso deve essere rigettato.

3. La recente formazione di un orientamento giurisprudenziale sulla questione controversa costituisce giusto motivo, per disporre la compensazione delle spese giudiziali. Non si applica il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, trattandosi di parte soccombente ammessa prenotazione a debito del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese giudiziali.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale effettuata da remoto, il 17 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2022

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