LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –
Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –
Dott. PAOLITTO Liberato – rel. Consigliere –
Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –
Dott. CIRESE Marina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16795/2018 R.G. proposto da:
Geoglobo S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., con domicilio eletto in Roma, Via Aurora n. 39, presso lo studio dell’avvocato Vittorio Giordano, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato prof. Alessandro De Stefano;
– ricorrente –
contro
A. Tributi S.r.l., in persona del suo legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Franco Carile, e dall’avvocato Alberto Tasso, con domicilio in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione;
– controricorrente –
e:
ASA Tivoli S.p.a.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 7224/17, depositata il 7 dicembre 2017, della Commissione tributaria regionale del Lazio;
udita la relazione della causa svolta, nella Camera di consiglio del 18 novembre 2021, dal Consigliere Dott. Liberato Paolitto.
RILEVATO
che:
1. – con sentenza n. 7224/17, depositata il 7 dicembre 2017, la Commissione tributaria regionale del Lazio ha accolto, per quanto di ragione, l’appello proposto da Geoglobo S.r.l., così pronunciando in parziale riforma della decisione di prime cure che, a sua volta, aveva parzialmente accolto, con riferimento all’annualità 2008, l’impugnazione di un avviso di accertamento emesso per il recupero a tassazione della TIA dovuta dalla contribuente per gli anni dal 2008 al 2011;
1.1 – il giudice del gravame ha ritenuto che:
– “la A. Tributi è soggetto legittimato all’emissione di atti impositivi avendo ricevuto, all’esito di una gara di appalto ad evidenza pubblica, il servizio di accertamento e riscossione coattiva della TIA da parte della Azienda Speciale Ambiente Tivoli, a sua volta costituita dal Comune di ***** e da esso interamente partecipata.”;
– così come già rilevato dal giudice di primo grado, la contribuente non aveva offerto prova “della eventuale produzione e smaltimento di rifiuti speciali”;
– l’appello andava accolto con riferimento al tributo dovuto per gli anni 2010/2011, da calcolarsi sulla base delle tariffe approvate per l’anno 2009, e posto che “la competente Giunta Comunale non aveva provveduto a deliberare l’aggiornamento delle tariffe”;
2. – Geoglobo S.r.l. ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di quattro motivi;
– A. Tributi S.r.l. resiste con controricorso;
– ASA Tivoli S.p.a. non ha svolto attività difensiva.
CONSIDERATO
che:
1. – col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la ricorrente denuncia nullità della gravata sentenza per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, e dell’art. 132 c.p.c., deducendo, in sintesi, “sostanziale carenza di motivazione e… incomprensibilità delle ragioni della decisione” con riferimento agli spiegati motivi di appello che involgevano, da un lato, il difetto di potere impositivo in capo alla A. Tributi S.r.l. e, dall’altro, il diritto alle riduzioni previste dal regolamento adottato dal Comune di ***** in ordine alla superficie tassabile, ed alla parte variabile della tariffa, in ragione della contestuale produzione di rifiuti urbani e di rifiuti speciali non assimilati avviati a recupero;
– il secondo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, espone la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge con riferimento all’art. 97 Cost., al D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 52, alla L. n. 241 del 1990, art. 21-septies, assumendo, in sintesi, la ricorrente che, nella fattispecie, sussisteva nullità assoluta del contratto di affidamento del servizio di accertamento e riscossione del tributo, concluso da ASA Tivoli S.p.a. con la A. Tributi S.r.l., in quanto, con Delib. consiliare 19 aprile 2006, n. 23, detto potere era stato conferito dall’Ente impositore alla stessa società in house che, pertanto, non avrebbe potuto, a sua volta, concederlo a terzo soggetto; né, soggiunge la ricorrente, avrebbe potuto rilevare la deliberazione di ratifica, adottata dal Commissario straordinario dell’Ente (Delib. 5 dicembre 2013, n. 20), in quanto, così, veniva in considerazione un originario provvedimento affetto da nullità assoluta, – siccome adottato da soggetto diverso (la società in house) da quello (l’Ente impositore) titolare della relativa attribuzione, – che, peraltro, aveva inciso irreversibilmente sulla situazione giuridica soggettiva della contribuente, già destinataria del precedente avviso di accertamento (del *****);
– col terzo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 52, in relazione al Reg. TIA, art. 11 bis, adottato dal Comune di ***** con deliberazione Consiliare n. 38 del 2006, deducendo, in sintesi, che, – in ragione della (probatoriamente) riscontrata produzione di rifiuti speciali avviati al recupero, – le competeva la riduzione della superficie tassabile così come prevista dalla disciplina regolamentare adotta dall’Ente locale;
– il quarto motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, espone anch’esso la denuncia di violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 52, in relazione al Reg. TIA, art. 16, punto 2 bis, adottato dal Comune di ***** con Delib. Consiliare n. 38 del 2006, sull’assunto che, – sempre in ragione del riscontrato avvio a recupero di rifiuti speciali assimilati ai rifiuti urbani, – ricorrevano, nella fattispecie, i presupposti per l’applicazione della disciplina regolamentare relativa alla riduzione (sino al 30%) della parte variabile della tariffa da applicare;
2. – il primo motivo di ricorso è manifestamente destituito di fondamento in quanto il giudice del gravame, sia pur sintetim, ha dato compiutamente conto dei fatti, processuali e sostanziali, che rilevavano nella fattispecie in contestazione, e con riferimento tanto a ciascuno dei profili di censura dell’avviso di accertamento che risultavano controversi tra le parti, quanto agli stessi approdi della pronuncia oggetto di impugnazione;
– come la Corte ha, difatti, ripetutamente precisato, deve ritenersi apparente la motivazione che, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non renda tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice; laddove “Sostanzialmente omogenea alla motivazione apparente e’… quella perplessa e incomprensibile: in entrambi i casi, invero – e purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali – l’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un error in procedendo e, in quanto tale, comporta la nullità della sentenza impugnata per cassazione (cfr. Cass. civ. sez. un. 5 agosto 2016 n. 16599; Cass. sez. un. 7 aprile 2014, n. 8053 e ancora, ex plurimis, Cass. civ. n. 4891 del 2000; n. 1756 e n. 24985 del 2006; n. 11880 del 2007; n. 161, n. 871 e n. 20112 del 2009).” (così Cass. Sez. U., 3 novembre 2016, n. 22232; v., altresì, Cass., 18 settembre 2019, n. 23216; Cass., 23 maggio 2019, n. 13977; Cass., 7 aprile 2017, n. 9105; Cass. Sez. U., 24 marzo 2017, n. 7667; Cass. Sez. U., 3 novembre 2016, n. 22232; Cass. Sez. U., 5 agosto 2016, n. 16599);
3. – anche il secondo motivo è destituito di fondamento;
3.1 – le censure così svolte, difatti, assumono, a loro (erroneo) presupposto, il rilievo che il potere di accertamento, – una volta devoluto, per atto concessorio, dal Comune (D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 52, comma 5), – non avrebbe potuto essere (ulteriormente) affidato dal concessionario (ASA Tivoli S.p.a.) ad un terzo soggetto;
3.2 – va, al riguardo, premesso che la configurazione della società c.d. in house, alla stregua di un’articolazione interna della P.A., comporta che l’attività dell’ente, e dei suoi organi, debba essere imputata alla stessa P.A. (v. Cass. Sez. U., 25 novembre 2013, n. 26283 cui adde, ex plurimis, Cass. Sez. U., 13 settembre 2018, n. 22409);
– e ne consegue che la società in house non è in grado di collocarsi come un’entità posta al di fuori dell’ente pubblico, il quale ne dispone come di una propria articolazione interna, in quanto essa altro non è che la longa manus della Pubblica Amministrazione, al punto che l’affidamento pubblico mediante in house contract neppure consente di configurare un rapporto contrattuale intersoggettivo (cfr. Cass. Sez. U., 25 novembre 2013, n. 26283, cit.; in tema di cd. controllo analogo v., altresì, CGUE, 18 novembre 1999, procedimento C-107/98, Teckal Srl; CGUE, 11 gennaio 2005, procedimento C-26/03, Stadt Halle; CGUE, 6 febbraio 2020, cause riunite da C-89/19 a C-91/19, Rieco SpA e a.);
3.3 – in via dirimente, però, va considerato che il D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 49, dispone che la tariffa “e’ applicata dai soggetti gestori nel rispetto della convenzione e del relativo disciplinare” (comma 9) e che è “riscossa dal soggetto che gestisce il servizio” (comma 13);
3.3.1 – come rimarcato dalla Corte Costituzionale, la normativa in tema di TIA si differenzia da quella applicabile alla Tarsu “per il fatto che essa pone un collegamento ex lege tra la gestione del servizio e i poteri di accertamento, con la conseguenza che il solo fatto dell’affidamento a terzi della gestione del servizio comporta la delega a questi dei poteri di accertamento e del potere di stare in giudizio in luogo del Comune, analogamente a quanto avviene per la TARSU” (così Corte Cost., 24 luglio 2009, n. 238);
– e la Corte ha, quindi, precisato che l’accertamento del tributo deve ricondursi alla attività di applicazione-gestione-riscossione della tariffa, quale attribuzione propria esercitata dal soggetto affidatario del servizio relativo alla gestione dei rifiuti, così che “mentre l’attività impositiva delegata dalla legge statale spetta in via esclusiva al comune, che determina l'”an” ed il “quantum” della tariffa, al soggetto terzo affidatario del servizio, in forza di specifica convenzione, compete l’attività di gestione e di recupero del tributo in cui rientra l’emissione degli avvisi di accertamento” (Cass., 14 luglio 2017, n. 17491);
3.4 – nella fattispecie, pertanto, la concessione del servizio di accertamento, e di riscossione, del tributo ha costituito svolgimento di un potere che ex lege si raccordava alla posizione del concessionario del servizio di gestione dei rifiuti, così che non sussiste la denunciata nullità dell’affidamento in concessione che è stato operato dalla società (cd. in house) costituita dal Comune di Tivoli (proprio) per la gestione di detto servizio;
4. – anche il terzo ed il quarto motivo, – da esaminare congiuntamente perché connessi, – non possono trovare accoglimento;
– il giudice del gravame, difatti, – dando seguito al (conforme) accertamento della pronuncia allora impugnata, – ha escluso che, nella fattispecie.vi fosse evidenza probatoria in ordine alla dedotta produzione di rifiuti speciali e i due motivi di ricorso prospettano una violazione di legge che è fondata sulla ricorrenza di un presupposto che, per l’appunto, è stato escluso, con ciò senza mettere in discussione, col corrispondente parametro normativo di verifica dell’accertamento in questione (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), l’accertamento in fatto operato dal giudice del gravame;
5. – le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo tra le parti costituite, seguono la soccombenza di parte ricorrente nei cui confronti sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto (D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater).
PQM
La Corte, rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore di A. Tributi S.r.l., delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 2.200,00 per compensi professionali ed Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio tenuta da remoto, il 18 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2022