LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Primo Presidente f.f. –
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente di Sez. –
Dott. FERRO Massimo – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –
Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 8543/2021 per regolamento di giurisdizione proposto d’ufficio dal:
TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA, con ordinanza emessa il 08/03/2021 (r.g.
n. 1327/2020) nella causa tra:
SOCIETE’ IMMOBILIERE AGRINA S.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA BARBERINI 12, presso lo studio dell’avvocato MARCELO CECCHETTI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIAN LUCA CONTI;
– ricorrente –
contro
ROMA CAPITALE, in persona della Sindaca pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL TEMPIO DI GIOVE 21, presso gli Uffici dell’Avvocatura Capitolina, rappresentata e difesa dall’avvocato DOMENICO ROSSI;
– controricorrente –
e contro
A.I., M.L.;
– intimati –
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 26/10/2021 dal Consigliere Dott. ANTONIO PIETRO LAMORGESE;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale Dott. LUISA DE RENZI, il quale chiede che le Sezioni Unite della Corte di cassazione vogliano dichiarare la giurisdizione del Giudice Amministrativo, come già indicato nell’ordinanza emessa in data 8/3/2021 dal Tribunale ordinario di Roma.
RILEVATO
che il Tribunale di Roma, con ordinanza in data 8 marzo 2021, pronunciandosi sul ricorso in riassunzione promosso dalla Societe’ Immobiliere Agrina S.A. (di seguito Agrina S.A.) – all’esito della declinatoria di giurisdizione da parte del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio (TAR) con sentenza n. 6424 del 10 maggio 2019 – ha sollevato conflitto negativo di giurisdizione, a norma della L. n. 69 del 2009, art. 59, comma 3, ritenendo sussistere la giurisdizione del giudice amministrativo;
che il ricorso al TAR era stato promosso dalla Agrina S.A. per l’annullamento della determina dirigenziale con cui Roma Capitale, a conclusione di un procedimento d’esproprio (con ordinanza sindacale del 3 marzo 2005) per la realizzazione del Parco della *****, aveva liquidato l’indennità di esproprio ai signori M.L. e A.I., anziché alla stessa Agrina che era proprietaria dei terreni espropriati;
che l’indennità di esproprio era stata corrisposta ai signori M. e A. per effetto di una sentenza del Tribunale di Roma (n. 38529 del 1 dicembre 2003) che aveva accertato il loro titolo proprietario sui terreni per usucapione, sentenza successivamente riformata, da qui l’errore dell’Amministrazione comunale nell’individuare l’avente diritto al pagamento dell’indennità, tenuto conto che la Corte di cassazione, con sentenza n. 1731 del 2016, aveva rigettato il ricorso avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma del 28 settembre 2010 che, riformando la predetta sentenza del Tribunale di Roma dichiarativa del loro acquisto per usucapione, aveva rigettato la domanda degli attori M. e A.;
che l’illegittimità della procedura espropriativa era argomentata dalla Agrina S.A., nel giudizio dinanzi al TAR, tenendo conto della L. n. 865 del 1971, art. 10, applicabile ratione temporis, in base al quale l’avviso di deposito degli atti relativi al procedimento di espropriazione deve essere dall’Amministrazione indirizzato solo a chi, come Agrina S.A., risulti proprietaria sulla base delle risultanze catastali, dovendosi l’Amministrazione limitare a prendere in considerazione quanto risulta nei registri catastali; la mera notizia della pendenza di un procedimento civile volto a far dichiarare l’acquisto per usucapione dei beni in favore di altri soggetti non può legittimare la diversa (e illegittima) scelta dell’Amministrazione, quando detto procedimento non sia concluso con sentenza passata in giudicato;
che il TAR, declinando la giurisdizione, aveva evidenziato che la contestazione da parte della Società, nonostante la formula impugnatoria utilizzata, investisse nella sostanza il disposto pagamento in favore di soggetti non legittimati (perché non proprietari delle aree espropriate) e la determinazione del relativo quantum ad opera dell’Amministrazione, con la conseguenza che “la controversia si incentra dunque su un rapporto paritetico involgente diritti soggettivi, nell’ambito del quale non è dato ravvisare alcuna spendita di potere pubblicistico”;
che la Agrina SA, contestando (nel giudizio riassunto dinanzi al Tribunale ordinario di Roma) la declinatoria di giurisdizione da parte del TAR, sosteneva che l’erronea identificazione del beneficiario dell’indennità di esproprio (in capo ai signori M. e A., anziché alla stessa Agrina S.A.) integrasse un vizio di legittimità del decreto di liquidazione, così dimostrandosi – a suo avviso – che la contestazione riguardava l’esercizio del potere di esproprio da parte dell’Amministrazione che ne è titolare; a diversa conclusione si sarebbe dovuto pervenire nel caso in cui il decreto di liquidazione dell’indennità avesse identificato correttamente il beneficiario ma l’amministrazione non l’avesse ancora versata o l’avesse versata per mero errore di fatto a un soggetto diverso da quello indicato nella determina di liquidazione;
che il Tribunale ordinario, aderendo alla tesi di Agrina S.A., sollevava il conflitto negativo di giurisdizione e indicava come giudice competente quello amministrativo;
che il Tribunale affermava testualmente che: “la posizione della Agrina S.A. ha, in effetti, la consistenza dell’interesse legittimo azionabile davanti al giudice amministrativo: è evidente infatti che l’Amministrazione fosse effettivamente titolare del potere autoritativo di esproprio ma l’addebito elevato avverso i provvedimenti impugnati è che lo abbia male esercitato, perché avrebbe agito al di fuori dei presupposti e dei limiti prescritti dalla norma attributiva del potere (sia in violazione delle norme relative all’identificazione degli espropriandi, sia in carenza di istruttoria) (…) inoltre (…) la tutela invocata dall’attrice (…) non potrebbe che procedere all’annullamento degli atti amministrativi impugnati, laddove il giudice scrivente dinanzi al quale è stata riassunta la causa potrebbe unicamente disapplicare gli atti amministrativi ritenuti illegittimi, ma non annullarli, spettando tale potere unicamente al giudice amministrativo”;
che le parti hanno presentato memorie;
che Roma Capitale ha chiesto alle Sezioni Unite di dichiarare la giurisdizione del Tribunale ordinario, ritenendo che la controversia involga una pretesa di pagamento adempiuta nei confronti di soggetti riconosciuti proprietari in base a sentenza di usucapione, ai quali legittimamente l’indennità era stata liquidata, in data 5 ottobre 2005, ben prima della successiva caducazione del loro titolo di proprietà all’esito di un giudizio al quale Roma Capitale non aveva partecipato;
che la Agrina S.A. ha insistito nelle proprie difese e conclusioni;
che il Procuratore Generale ha chiesto di dichiarare la giurisdizione del giudice amministrativo.
CONSIDERATO
che, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, la giurisdizione deve essere determinata sulla base della domanda, dovendosi avere riguardo, ai fini del riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo, al petitum sostanziale, da identificare, non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, quanto, soprattutto, in funzione della causa petendi, ossia dell’intrinseca natura della situazione giuridica dedotta in giudizio, da individuare con riferimento ai fatti allegati e al rapporto giuridico di cui essi sono espressione (ex plurimis, Cass. Sez. Un. 20350 del 2018, Sez. Un., n. 25578 del 2020, Sez. Un. 13492 del 2021), in tal senso essendo intesa la formula secondo cui “la decisione sulla giurisdizione è determinata dall’oggetto della domanda” di cui all’art. 386 c.p.c.;
che l’indagine sulla intrinseca natura della situazione giuridica dedotta si risolveva, specialmente in passato, nella ricerca del diritto soggettivo perfetto, come tale desumibile da una norma attributiva al titolare di una protezione diretta e immediata (cfr. Cass. Sez. Un. 1894 del 1962, Sez. Un. 789 del 1963), quale condizione ineludibile del radicamento della giurisdizione del giudice ordinario, con effetti pratici in tema di riparto della giurisdizione nelle controversie aventi ad oggetto interessi non assurgenti a (o non emergenti ancora, in limine litis, come) diritti soggettivi perfetti ma neppure (assurgenti) a interessi legittimi;
che la sentenza della Corte costituzionale n. 204 del 2004 ha avuto il merito di chiarire che condizione ineludibile per configurare la giurisdizione amministrativa, sia di legittimità sia esclusiva (cfr. il punto 3.2 del “considerato in diritto”), è che la pubblica amministrazione agisca come autorità, e non come “qualsiasi litigante privato” (cfr. il punto 3); in questa prospettiva la “intrinseca natura della situazione giuridica dedotta in giudizio” – che costituisce l’oggetto dell’indagine sul petitum sostanziale – viene a coincidere con la verifica della esistenza o meno di una contestazione in concreto dell’esercizio del potere da parte della pubblica amministrazione-autorità, che costituisce condizione ineludibile per radicare la giurisdizione amministrativa (cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., n. 26921 del 2021);
che, in una vicenda come quella in esame, la verifica del petitum sostanziale nei predetti termini induce ad escludere che l’oggetto della controversia promossa dalla Agrina S.A. inerisca alla contestazione, neppure in via indiretta o mediata, della legittimità amministrativa dell’esercizio del potere espropriativo;
che infatti non è contestata la scelta dell’Amministrazione di procedere ad espropriazione su determinati beni, né sono contestate le modalità con le quali il relativo potere è stato esercitato in concreto, essendo contestata solo l’individuazione dell’avente diritto al pagamento dell’indennità di esproprio che l’ente espropriante ha corrisposto a soggetti diversi dall’intestatario risultante nei registri catastali, facendo affidamento su un titolo instabile di proprietà derivante da sentenza di primo grado dichiarativa dell’usucapione successivamente riformata;
che la determinazione delle indennità di esproprio (nella specie nemmeno contestata) sulla base di precisi criteri fissati dalla legge e l’individuazione dei soggetti aventi diritto al pagamento sulla base di regole proprietarie estranee, evidentemente, a valutazioni che siano espressione di discrezionalità amministrativa, involgono questioni riservate al giudice ordinario;
che come il terzo proprietario effettivo del bene espropriato, quando non coincida con quello, risultante dai registri catastali, attinto dal procedimento espropriativo è legittimato ad agire in giudizio per la tutela dei propri diritti (cfr. Cass. n. 2539 del 2015, n. 11901 e 10289 del 2014, n. 7904 del 2012, n. 17172 del 2008, quest’ultima nel senso che il terzo che affermi di essere proprietario del bene già trasferito all’espropriante deve far valere il proprio diritto sull’indennità di espropriazione nei confronti dell’espropriato), analogamente è legittimato il soggetto che risulti intestatario del bene in base ai registri catastali, quando l’Amministrazione abbia indirizzato gli atti espropriativi e corrisposto l’indennizzo a soggetti diversi;
che questa Corte ha avuto occasione di osservare che l’effettivo proprietario del bene (non risultante dai registri catastali), nei cui confronti sia omessa la notifica del decreto di espropriazione, è legittimato ad agire nei confronti dell’espropriante, nel caso di mancata adozione della normale diligenza nell’accertamento del titolare del diritto dominicale alla data dell’espropriazione, per il risarcimento del danno che è rimedio per la lesione del diritto soggettivo alla tempestiva percezione dell’indennità, la cui tutela è di competenza del giudice ordinario (cfr. Cass. n. 3717 del 1983);
che non è conducente l’affermazione contenuta nell’ordinanza che ha sollevato il conflitto, secondo cui il giudice ordinario non potrebbe esercitare il potere di disapplicazione dell’atto di liquidazione dell’indennità di esproprio, essendo acquisito il principio secondo cui tale potere riguarda esclusivamente gli atti aventi valore provvedimentale, seppure illegittimi, emessi dall’Amministrazione – autorità, dotata di un potere conferitole dalla legge, mentre gli atti amministrativi emessi in carenza di potere o, come nella specie, nell’ambito di rapporti a rilevanza paritetica, sono privi del valore suddetto, sicché non necessitano di disapplicazione (cfr. Cass. n. 276 del 2017);
che, in conclusione, deve dichiararsi la giurisdizione del giudice ordinario.
P.Q.M.
La Corte dichiara la giurisdizione del giudice ordinario.
Così deciso in Roma, il 26 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2022