LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. CIRILLO Francesco M. – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3269/2021 proposto da:
R.I., elettivamente domiciliata in ROMA, presso la CANCELLERIA della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO SACCHI;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI FALCONARA ALBANESE, elettivamente domiciliato in ROMA, presso lo studio dell’avvocato GENEROSO BLOISE, rappresentato e difeso dall’avvocato RIGGIO OTTAVINO MARIA;
– contro ricorrente –
avverso la sentenza n. 1329/2020 della CORTE D’APPELLO DI CATANZARO, depositata il 29/09/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 01/12/2021 dal Consigliere Relatore Dott. DELL’UTRI MARCO;
RILEVATO
che:
con sentenza resa in data 29/9/2020 (n. 1329/2020), la Corte d’appello di Catanzaro ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado ha rigettato la domanda proposta da R.I. per la condanna del Comune di Falconara Albanese al risarcimento dei danni subiti dall’attrice a seguito di una caduta in cui la stessa era incorsa nel transitare su una passerella di cemento posta in prossimità di una doccia pubblica;
a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha rilevato come il fatto dannoso in esame fosse causalmente riconducibile all’incidenza di un caso fortuito, nella specie identificabile nel comportamento negligente della danneggiata la quale, ove avesse proceduto con la necessaria accortezza, avrebbe certamente evitato di incorrere nell’infortunio denunciato;
avverso la sentenza d’appello, R.I. propone ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo d’impugnazione;
il Comune di Falconara Albanese resiste con controricorso;
a seguito della fissazione della camera di consiglio, la causa è stata trattenuta in decisione all’odierna adunanza camerale, sulla proposta di definizione del relatore emessa ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..
CONSIDERATO
che:
con l’unico motivo d’impugnazione proposto, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 c.c. e art. 115 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente ricostruito i fatti di causa con la conseguente erronea attribuzione, al comportamento della danneggiata, di un ruolo determinante nella verificazione del fatto dannoso, viceversa integralmente attribuibile alla responsabilità dell’amministrazione comunale convenuta, rimasta del tutto inerte di fronte alla grave insidia costituitasi in corrispondenza del luogo in cui ebbe a verificarsi l’incidente dedotto in giudizio;
il motivo è inammissibile;
al riguardo, osserva il Collegio come, attraverso il motivo in esame, la ricorrente si sia sostanzialmente spinta a sollecitare la corte di legittimità a procedere a una rilettura nel merito degli elementi di prova acquisiti nel corso del processo, in contrasto con i limiti del giudizio di cassazione e con gli stessi limiti previsti dall’art. 360 c.p.c., n. 5 (nuovo testo) sul piano dei vizi rilevanti della motivazione;
in particolare, sotto il profilo della violazione di legge, la ricorrente risulta aver prospettato le proprie doglianze attraverso la denuncia di un’errata ricognizione della fattispecie concreta, e non già della fattispecie astratta prevista dalle norme di legge richiamate (operazione come tale estranea al paradigma del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3), neppure coinvolgendo, la prospettazione critica della ricorrente, l’eventuale falsa applicazione delle norme richiamate sotto il profilo dell’erronea sussunzione giuridica di un fatto in sé incontroverso, insistendo propriamente la stessa nella prospettazione di una diversa ricostruzione dei fatti di causa, rispetto a quanto operato dal giudice a quo, con particolare riguardo alla ricostruzione della conformazione concreta dei luoghi di causa (asseritamente tali, secondo la ricorrente, da costituire un’insidia imprevedibile e inevitabile) e del concreto comportamento nella specie adottato dalla danneggiata (asseritamente immune da concreti profili di rimproverabilità colposa);
nel caso di specie, al di là dei formale richiamo, contenuto nell’epigrafe del motivo d’impugnazione in esame, al vizio ai violazione e falsa applicazione di legge, l’ubi consistam delle censure sollevate dall’odierna ricorrente deve piuttosto individuarsi nella negata congruità dell’interpretazione fornita dalla corte territoriale oel contenuto rappresentativo degli elementi di prova complessivamente acquisiti e dei fatti di causa;
si tratta, come appare manifesto, di un’argomentazione critica con evidenza diretta a censurare una (tipica) erronea ricognizione della fattispecie concreta, di necessità mediata dalla contestata valutazione delle risultanze probatorie di causa; e pertanto di una tipica censura diretta a denunciare il vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il provvedimento impugnato;
ciò posto, il motivo d’impugnazione così formulato deve ritenersi inammissibile, non essendo consentito alla parte censurare come violazione di norma di diritto, e non come vizio di motivazione, un errore in cui si assume che sia incorso il giudice di merito nella ricostruzione di un fatto giuridicamente rilevante, sul quale la sentenza doveva pronunciarsi, non potendo ritenersi neppure soddisfatti i requisiti minimi previsti dall’art. 360 c.p.c., n. 5 ai fini del controllo della legittimità della motivazione nella prospettiva dell’omesso esame di fatti decisivi controversi tra le parti;
sulla base di tali premesse, dev’essere formalmente attestata l’inammissibilità del ricorso, con la conseguente condanna della ricorrente al rimborso, in favore del Comune controricorrente, delle spese del presente giudizio secondo la liquidazione di cui ai dispositivo, oltre all’attestazione della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna a ricorrente al rimborso, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 2.500,00 oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 260,00, e agli accessori come per legge.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, della Corte Suprema di Cassazione, il 1 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2022