LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4576/2021 proposto da:
C.S., elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CANCELLERIA della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato VINCENZO SAVO;
– ricorrente –
contro
UNIPOLSAI ASSICURAZIONI S.P.A., elettivamente domiciliata in ROMA, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO BALDI, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
e:
EREDI DI G.G.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 486/2020 del TRIBUNALE DI FROSINONE, depositata il 14/07/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 01/12/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO DELL’UTRI.
RILEVATO
che:
con sentenza resa in data 14/7/2020 (n. 486/2020), il Tribunale di Frosinone, in accoglimento dell’appello proposto dalla UnipolSai Assicurazioni s.p.a., e in riforma della decisione di primo grado, ha rigettato la domanda proposta da C.S. per la condanna di G.G. e della UnipolSai Assicurazioni s.p.a. (rispettivamente, proprietario-conducente e compagnia assicuratrice dell’autoveicolo coinvolto nei fatti di causa) al risarcimento dei danni subiti dall’attore a seguito del sinistro stradale dedotto in giudizio;
a fondamento della decisione assunta, il giudice d’appello ha rilevato come il C. non avesse fornito un’adeguata dimostrazione circa l’effettiva verificazione del sinistro dedotto in giudizio secondo le modalità dallo stesso attore specificamente descritte (segnatamente consistite nel preteso aggancio, da parte dell’autoveicolo condotto dal G., della bicicletta del C., avvenuto in fase di sorpasso del ciclista da parte dell’automobilista), essendo piuttosto emerso come la collisione tra la bicicletta su cui viaggiava il C. e l’autovettura guidata dal G. fosse avvenuta a seguito dell’improvviso spostamento a sinistra del ciclista durante la sua marcia, dovendo conseguentemente ritenersi che fosse stato il ciclista ad urtare, con la propria bicicletta, la parte posteriore destra della vettura condotta dal G.;
avverso la sentenza d’appello, C.S. propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivi d’impugnazione;
la UnipolSai Assicurazioni s.p.a. resiste con controricorso;
gli eredi di G.G. (nelle more deceduto) non hanno svolto difese in questa sede;
a seguito della fissazione della camera di consiglio, la causa è stata trattenuta in decisione all’odierna adunanza camerale, sulla proposta di definizione del relatore emessa ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.;
la UnipolSai Assicurazioni s.p.a. ha depositato memoria.
CONSIDERATO
che:
con il primo motivo, il ricorrente censura il provvedimento impugnato per violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4), per avere il giudice d’appello dettato una motivazione contraddittoria e illogica a fondamento della decisione di rigetto della domanda risarcitoria originariamente spiegata dal C., avendo il tribunale, dapprima negato, e successivamente ammesso, l’effettiva esecuzione, da parte del G., con il proprio autoveicolo, del sorpasso della bicicletta condotta dal C. in occasione del sinistro per cui è causa;
il motivo è manifestamente infondato;
al riguardo, osserva il Collegio come, ai sensi dell’art. 132 c.p.c., n. 4, il difetto del requisito della motivazione si configuri, alternativamente, nel caso in cui la stessa manchi integralmente come parte del documento/sentenza (nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere, siccome risultante dallo svolgimento processuale, segua l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione), ovvero nei casi in cui la motivazione, pur formalmente comparendo come parte del documento, risulti articolata in termini talmente contraddittori o incongrui da non consentire in nessun modo di individuarla, ossia di riconoscerla alla stregua della corrispondente giustificazione del decisum;
infatti, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, la mancanza di motivazione, quale causa di nullità della sentenza, va apprezzata, tanto nei casi di sua radicale carenza, quanto nelle evenienze in cui la stessa si dipani in forme del tutto inidonee a rivelare la ratio decidendi posta a fondamento dell’atto, poiché intessuta di argomentazioni fra loro logicamente inconciliabili, perplesse od obiettivamente incomprensibili;
in ogni caso, si richiede che tali vizi emergano dal testo del provvedimento, restando esclusa la rilevanza di un’eventuale verifica condotta sulla sufficienza della motivazione medesima rispetto ai contenuti delle risultanze probatorie (ex plurimis, Sez. 3, Sentenza n. 20112 del 18/09/2009, Rv. 609353 – 01);
ciò posto, nel caso di specie, è appena il caso di rilevare come la motivazione dettata dal Tribunale di Frosinone a fondamento della decisione impugnata sia, non solo esistente, bensì anche articolata in modo tale da permettere di ricostruirne e comprenderne agevolmente il percorso logico, avendo il giudice a quo dato conto, in termini lineari e logicamente coerenti, dei contenuti ascrivibili alle fonti di prova esaminate e del grado della relativa attendibilità sulla base di criteri interpretativi e valutativi dotati di piena ragionevolezza e congruità logica;
in particolare, il tribunale, nel ricostruire la dinamica del sinistro in esame (per come emersa sulla base degli elementi istruttori acquisiti), ha escluso la condivisibilità della versione fornita dall’originario attore (la ed. ‘versione del sorpassò, alias l’ipotesi dell’urto tra i veicoli come conseguenza della condotta di guida negligente, imperita o imprudente, dell’automobilista in occasione del sorpassò della bicicletta condotta dal C.), ritenendo maggiormente coerente, sul piano rappresentativo, una ricostruzione suscettibile di accreditare l’ipotesi dell’urto tra i due veicoli come conseguenza della condotta del ciclista (che avrebbe, per propria esclusiva ed autonoma iniziativa, urtato con la propria bicicletta la parte posteriore destra della vettura condotta dal G. transitante in loco), senza incorrere in alcuna contraddizione (asseritamente consistita nell’ammettere, e successivamente smentire, l’esistenza di un sorpasso), avendo bensì inequivocamente chiarito il senso della dinamica stradale in esame, ricostruita nel senso della sicura approssimazione spaziale dei due veicoli (eventualmente anche dovuta al sorpasso eseguito dall’automobilista) e della successiva collisione degli stessi come fatto (tuttavia) integralmente ascrivi-bile alla condotta stradale del ciclista;
l’iter argomentativo compendiato dal giudice a quo sulla base di tali premesse è pertanto valso a integrare gli estremi di un discorso giustificativo logicamente lineare e comprensibile, elaborato nel pieno rispetto dei canoni di correttezza giuridica e di congruità logica, come tale del tutto idoneo a sottrarsi alle censure in questa sede illustrate dal ricorrente;
con il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 116 c.p.c., art. 2054 c.c., e art. 148 C.d.S., nonché per travisamento della prova (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere il tribunale condotto in modo erroneo la valutazione degli elementi istruttori acquisiti, conferendo alle informazioni probatorie assunte nel corso del giudizio un significato del tutto opposto a quello oggettivamente emerso dall’istruttoria della causa;
il motivo è inammissibile;
osserva il Collegio come, attraverso la proposizione del motivo in esame, il ricorrente – lungi dal denunciare l’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata dalle norme di legge richiamate – alleghi un’erronea ricognizione, da parte del giudice a quo, della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa: operazione che non attiene all’esatta interpretazione della norma di legge, inerendo bensì alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, unicamente sotto l’aspetto del vizio di motivazione (cfr., ex plurimis, Sez. L, Sentenza n. 7394 del 26/03/2010, Rv. 612745; Sez. 5, Sentenza n. 26110 del 30/12/2015, Rv. 638171), neppure coinvolgendo, la prospettazione critica del ricorrente, l’eventuale falsa applicazione delle norme richiamate sotto il profilo dell’erronea sussunzione giuridica di un fatto in sé incontroverso, insistendo propriamente lo stesso nella prospettazione di una diversa ricostruzione dei fatti di causa, rispetto a quanto operato dal giudice d’appello;
nel caso di specie, al di là del formale richiamo, contenuto nell’epigrafe del motivo d’impugnazione in esame, al vizio di violazione e falsa applicazione di legge, l’ubi consistam delle censure sollevate dall’odierno ricorrente deve piuttosto individuarsi nella negata congruità dell’interpretazione fornita dal tribunale del contenuto rappresentativo degli elementi di prova complessivamente acquisiti e dei fatti di causa;
si tratta, come appare manifesto, di un’argomentazione critica con evidenza diretta a censurare una (tipica) erronea ricognizione della fattispecie concreta, di necessità mediata dalla contestata valutazione delle risultanze probatorie di causa; e pertanto di una tipica censura diretta a denunciare il vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il provvedimento impugnato;
ciò posto, il motivo d’impugnazione così formulato deve ritenersi inammissibile, non essendo consentito alla parte censurare come violazione di norma di diritto, e non come vizio di motivazione, un errore in cui si assume che sia incorso il giudice di merito nella ricostruzione di un fatto giuridicamente rilevante sul quale la sentenza doveva pronunciarsi, non potendo ritenersi neppure soddisfatti i requisiti minimi previsti dall’art. 360 c.p.c., n. 5, ai fini del controllo della legittimità della motivazione nella prospettiva dell’omesso esame di fatti decisivi controversi tra le parti;
con il terzo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per omesso esame di un fatto decisivo controverso (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5), per avere il tribunale del tutto trascurato la considerazione degli elementi di fatto analiticamente richiamati dal C. in ricorso ai fini della ricostruzione del sinistro dedotto in giudizio;
il motivo è inammissibile;
sul punto, osserva il Collegio come al caso di specie (relativo all’impugnazione di una sentenza pubblicata dopo la data del 11/9/12) trovi applicazione il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, (quale risultante dalla formulazione del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b), conv., con modif., con la L. n. 134 del 2012), ai sensi del quale la sentenza è impugnabile con ricorso per cassazione “per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”;
secondo l’interpretazione consolidatasi nella giurisprudenza di legittimità, tale norma, se da un lato ha definitivamente limitato il sindacato del giudice di legittimità ai soli casi d’inesistenza della motivazione in sé (ossia alla mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, alla motivazione apparente, al contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili o alla motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile), dall’altro chiama la corte di cassazione a verificare l’eventuale omesso esame, da parte del giudice a quo, di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza (rilevanza del dato testuale) o dagli atti processuali (rilevanza anche del dato extratestuale), che abbia costituito oggetto di discussione e abbia carattere decisivo (cioè che, se esaminato, avrebbe determinato un esito sicuramente diverso della controversia), rimanendo escluso che l’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, integri la fattispecie prevista dalla norma, là dove il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti (cfr. Sez. 2, Ordinanza n. 27415 del 29/10/2018, Rv. 651028 – 01);
dovendo dunque ritenersi definitivamente confermato il principio, già del tutto consolidato, secondo cui non è consentito richiamare la corte di legittimità al riesame del merito della causa, l’odierna doglianza del ricorrente deve ritenersi inammissibile, siccome diretta a censurare, non già l’omissione rilevante ai fini dell’art. 360, n. 5 cit., bensì la congruità del complessivo risultato della valutazione operata nella sentenza impugnata con riguardo all’intero materiale probatorio, che, viceversa, il giudice a quo risulta aver elaborato in modo completo ed esauriente, sulla scorta di un discorso giustificativo dotato di adeguata coerenza logica e linearità argomentativa, senza incorrere in alcuno dei gravi vizi d’indole logico-giuridica unicamente rilevanti in questa sede;
sulla base di tali premesse, rilevata la complessiva manifesta infondatezza delle censure esaminate, dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso, con la conseguente condanna del ricorrente al rimborso, in favore della società controricorrente, delle spese dei presente giudizio secondo la liquidazione di cui al dispositivo, oltre all’attestazione della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 2.500,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, della Corte Suprema di Cassazione, il 1 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2022
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