Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.768 del 12/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 6330/2021 proposto da:

M.L., elettivamente domiciliato in ROMA, presso lo studio dell’avvocato FABIO PANTALONI che, unitamente all’avvocato PIERGIORGIO BONINI, lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

S.L., elettivamente domiciliata in ROMA, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO VERRASTRO, rappresentato e difeso dall’avvocato GENNARO ROMANO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 236/2020 della CORTE D’APPELLO DI TRENTO, depositata il 30/11/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 01/12/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO DELL’UTRI.

RILEVATO

che:

con sentenza resa in data 30/11/2020 (n. 236/2020), la Corte d’appello di Trento, in accoglimento dell’appello proposto da S.L., e in riforma della decisione di primo grado, ha condannato M.L. al pagamento, in favore dello S., delle somme allo stesso dovute a titolo di indennità per la perdita dell’avviamento commerciale L. n. 392 del 1978, ex art. 34;

a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha rilevato come il rapporto di locazione commerciale intercorso tra le parti fosse cessato su impulso e per volontà del locatore, avendo quest’ultimo provveduto a comunicare alla controparte la disdetta di tale contratto allo scopo di disporne negoziazione, dovendo ritenersi, a tal fine, del tutto irrilevante il successivo accordo intercorso tra le parti sul differimento della riconsegna dell’immobile, non avendo i contraenti, con tale patto, inteso revocare gli effetti della disdetta del locatore, bensì unicamente di sospenderne l’efficacia al di consentire al conduttore il reperimento, medio tempore, di una sistemazione logistica alternativa per la continuazione della propria attività;

avverso la sentenza d’appello, M.L. propone ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo d’impugnazione;

S.L. resiste con controricorso;

a seguito della fissazione della Carnera consiglio, la causa è stata trattenuta in decisione all’odierna adunanza camerale, sulla proposta di definizione del relatore emessa ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.;

L.M. ha depositato memoria.

CONSIDERATO

che:

con l’unico motivo di impugnazione proposto, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c. (in relazione all’art. 363 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente interpretato il contenuto dell’accordo concluso dalle parti successivamente alla comunicazione della disdetta del contratto da parte del locatore, avendo attribuito, a tale patto, unicamente la virtù di sospendere l’efficacia di tale disdetta, in contrasto con l’inequivoco tenore del testo di tale accordo, viceversa diretto a provocare la “revoca” della precedente disdetta del locatore e a consentire la prosecuzione del rapporto, successivamente interrotto per volontà del conduttore, con il conseguente venir meno del diritto di quest’ultimo alla percezione dell’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale, infondatamente questa sede;

il motivo è inammissibile;

osserva il Collegio come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, l’interpreazione degli atti negoziali deve ritenersi indefettibilmente riservata al giudice di merito ed è censurabile in sede di legittimità unicamente nei limiti consentiti dal testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, ovvero nei casi di violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3;

in tale ultimo caso, peraltro, la violazione denunciata chiede d’essere necessariamente dedotta con la specifica indicazione, nel ricorso per cassazione, del modo in cui il ragionamento del giudice di merito si sia discostato dai suddetti canoni, traducendosi altrimenti, la ricostruzione del contenuto della volontà delle parti, in una mera proposta reinterpretativa in dissenso rispetto all’interpretazione censurata; operazione, come tale, inammissibile in sede di legittimità (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 17427 del 18/11/2003, Rv. (Ndr: testo originale non comprensibile));

nel caso di specie, l’odierno ricorrente si limitato ad affermare, in modo sostanzialmente apodittico, il (Ndr: testo originale non comprensibile) tradimento, da parte del giudice d’appello, della comune intenzione delle parti (ai sensi dell’art. 1362 c.c.), nonché la scorrettezza dell’interpretazione complessiva attribuita ai termini dell’atto negoziale (ex art..1363 c.c.), orientando tuttavia l’argomentazione critica rivolta nei confronti dell’interpretazione della corte territoriale, non già attraverso la prospettazione di un’obiettiva e inaccettabile contrarietà, a quello comune, del senso attribuito ai testi e ai comportamenti negoziali interpretati, o della macroscopica irrazionalità o intima contraddittorietà dell’interpretazione complessiva dell’atto, bensì attraverso indicazione degli aspetti della ritenuta non condivisibilità della lettura interpretativa (Ndr: testo originale non comprensibile), rispetto a quella ritenuta preferibile, in tal modo tralasciando i limiti propri del vizio della violazione di legge (ex art. 360 c.p.c., n. 13) attraverso la sollecitazione della corte di legittimità alla rinnovazione di una non consentita valutazione di merito;

sul punto, è appena il caso di rilevare come la corte territoriale abbia proceduto alla lettura e all’interpretazione delle dichiarazioni negoziali in esame nel pieno rispetto dei canoni di ermeneutica fissati dal legislatore, non ricorrendo ad alcuna attribuzione di significati estranei al comune contenuto semantico delle parole, né spingendosi a una ricostruzione del significato complessivo dell’atto negoziale in termini di palese irrazionalità o intima contraddittorietà, per tale via giungendo alla ricognizione di un contenuto negoziale sufficientemente congruo, rispetto al testo interpretato, e del tutto scevro da residue incertezze, sì da sfuggire integralmente alle odierne censure avanzate dal ricorrente in questa sede di legittimità;

sulla base di tali premesse, dev’essere pertanto formalmente attestata l’inammissibiiità del ricorso, con la conseguente condanna del ricorrente al rimborso, in favore di controparte, delle spese del presente giudizio, secondo la liquidazione di cui al dispositivo.

dev’essere attestata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 2.500,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori come per legge.

Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, della Corte Suprema di Cassazione, il 1 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2022

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