LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Presidente –
Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –
Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –
Dott. LO SARDO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5465/2020 R.G., proposto da:
l’Agenzia delle Entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore Generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con sede in Roma, ove per legge domiciliata;
– Ricorrente –
contro
la “AR LIGHTING S.n.c. di R.A. & C.”, con sede in ***** (TO), in persona del socio amministratore pro tempore, nonché i soci R.A. e G.G., rappresentati e difesi dall’Avv. Fabio Cramarossa e dall’Avv. Maria Grazia Mastino, entrambi con studio in Torino, ove elettivamente domiciliati (indirizzi p.e.c.: fabiacramarossa.pec.maildoc.it, per il primo, e mariagraziamastino.pec.studioavvocatomastino.it, per la seconda), giusta procura in calce al controricorso di costituzione nel presente procedimento;
– Controricorrenti –
avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte il 26 giugno 2019 n. 805/05/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 16 novembre 2021 dal Dott. Giuseppe Lo Sardo.
RILEVATO
che:
L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte il 26 giugno 2019 n. 805/05/2019, che, in controversia su impugnazione di avvisi di accertamento per IRPEF, IRAP ed IVA relative all’anno 2007, emessi ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 41-bis, e del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, comma 5, a seguito della cassazione con rinvio della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte il 5 aprile 2016 n. 444/38/2016, per effetto della ordinanza depositata dalla Corte Suprema di Cassazione il 15 novembre 2017 n. 29397, ha accolto l’appello proposto dalla “AR LIGHTING S.n.c. di R.A. & C.”, nonché dai soci R.A. e G.G., nei confronti della medesima avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Torino il 15 luglio 2014 n. 1533/05/2014, con compensazione delle spese giudiziali. La Commissione Tributaria Regionale ha riformato la decisione di prime cure, sul presupposto che il furto ed il danneggiamento della contabilità sociale non consentissero di fondare l’accertamento sui dati emergenti dagli elenchi di clienti e fornitori. La “AR LIGHTING S.n.c. di R.A. & C.” ed i soci R.A. e G.G. si sono costituiti con controricorso. Ritenuta la sussistenza delle condizioni per definire il ricorso ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., la proposta formulata dal relatore è stata notificata ai difensori delle parti con il decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.
CONSIDERATO
che:
1. Con il primo motivo, si denuncia nullità della sentenza impugnata per “insanabile contraddittorietà della motivazione”, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che gli elenchi dei clienti e dei fornitori, per un verso, abbiano valore indiziario e, per un altro verso, siano comunque suscettibili di errori o anomalie, per cui i contribuenti non potrebbero essere gravati in via esclusiva dall’onere di fornire la prova contraria, a maggior ragione per le incertezze derivanti dalla ricostruzione successiva al furto ed al danneggiamento della contabilità sociale.
2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 41-bis, e del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, in combinato disposto con il D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, art. 8-bis, comma 4-bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non essere stato tenuto in conto dal giudice di appello che gli elenchi dei clienti e dei fornitori hanno il valore di presunzioni relative superabili soltanto con la prova contraria del contribuente.
Ritenuto che:
1. Posto che le eccezioni sull’inammissibilità del ricorso per cassazione possono essere disattese, in quanto, per un verso, la contraddittorietà della motivazione costituisce vizio di nullità della sentenza impugnata per infrazione all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 (sotto il profilo dell’inesistenza materiale della motivazione), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, e, per un altro verso, la denuncia della violazione di disposizioni legislative, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, è soddisfatta dal richiamo (anche sintetico, purché univoco) delle parti della sentenza impugnata in contrasto col precetto normativo, entrambi i motivi – la cui stretta ed intima connessione (per la comune attinenza all’efficacia probatoria degli elenchi dei clienti e dei fornitori in sede di accertamento induttivo) suggerisce l’esame congiunto – sono fondati.
1.1. L’accertamento parziale, che è uno strumento diretto a perseguire finalità di sollecita emersione della materia imponibile, non costituisce un metodo di accertamento autonomo rispetto alle previsioni di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 38 e 39, e al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 54 e 55, bensì una modalità procedurale che ne segue le stesse regole, potendo basarsi senza limiti anche sul metodo induttivo, sicché il relativo oggetto non è circoscritto ad alcune categorie di redditi e la prova può essere raggiunta anche in via presuntiva (qualora “risultino elementi” con l’accertamento parziale “possono limitarsi ad accertare, in base agli elementi predetti, il reddito o il maggior reddito imponibili”, fatta sempre salva la possibilità per il contribuente di fornire specifica prova contraria, da sottoporre al vaglio del giudice di merito nella fase contenziosa) (tra le tante: Cass., Sez. 6-5, 4 aprile 2018, n. 8406; Cass., Sez. 5, 7 novembre 2019, n. 28681; Cass., Sez. 5, 4 settembre 2020, n. 18398; Cass., Sez. 5, 4 dicembre 2020, n. 27788; Cass., Sez. 5, 10 giugno 2021, n. 16474).
La differenza qualitativa di tale tipo di accertamento rispetto a quello ordinario non discende invero dalla particolare semplicità della segnalazione, potendo esso basarsi anche su una verifica generale (Cass., Sez. 5, 12 maggio 2006, n. 11057; Cass., Sez. 5, 7 febbraio 2008, n. 2833; Cass., Sez. 5, 5 febbraio 2009, n. 2761; Cass., Sez. 5, 22 gennaio 2010, n. 1150; Cass., Sez. 5, 9 settembre 2016, n. 17814; Cass., Sez. 5, 4 dicembre 2020, n. 27788), bensì dalla disponibilità, in capo all’amministrazione finanziaria, di elementi (non necessariamente provenienti da segnalazione di soggetti ad essa estranei, ben potendo derivare anche da fonti interne) idonei a dare contezza della sussistenza, a qualsiasi titolo, di attendibili posizioni debitorie, senza richiedere, in ragione della loro oggettiva consistenza, l’esercizio di un ufficio valutativo ulteriore rispetto a quello che si risolve nel recepire e fare proprio il contenuto della segnalazione o lo svolgimento di ulteriori attività di approfondimento (appannaggio di accertamenti più complessi), valendosi di una “sorta di automatismo argomentativo” indotto da quelle fonti di conoscenza, per modo che il confezionamento dell’atto risulta possibile sulla base della sola segnalazione senza necessità di ulteriore approfondimento (Cass., Sez. 5, 23 dicembre 2014, n. 27323; Cass. Sez. 5, 10 febbraio 2016, n. 2633; Cass., Sez. 5, 4 dicembre 2020, n. 27788).
1.2 In tale contesto, quindi, l’amministrazione finanziaria può procedere, anche in via indiziaria, all’accertamento di maggiori ricavi in materia di reddito d’impresa o di lavoro autonomo, anche in presenza di una contabilità formalmente regolare (Cass., Sez. 5, 13 aprile 2007, n. 8886; Cass., Sez. 6-5, 30 dicembre 2015, n. 26036; Cass., Sez. 5, 9 novembre 2017, n. 26627). Deve, pertanto, considerarsi legittimo l’accertamento effettuato sulla base dell’elenco clienti e del giro d’affari degli stessi (in termini: Cass., Sez. 5, 13 aprile 2007, n. 8886). Difatti, l’elenco dei clienti e fornitori (soprattutto se proveniente da imprese diverse da quella oggetto di verifica) costituisce documento che legittima l’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, essendo contrario alla logica ipotizzare che imprese, tutte diverse tra loro, possano aver indicato costi e ricavi inesistenti relativamente proprio all’identico cliente/fornitore (Cass., Sez. 5A, 29 luglio 2021, n. 21726).
1.3 Nella specie, il giudice di appello non si è uniformato al principio enunciato, nonostante l’astratto riconoscimento della valenza indiziaria degli elenchi di clienti e fornitori, avendo escluso in modo aprioristico che il furto ed il danneggiamento della contabilità sociale consentissero la ricostruzione del maggior reddito da parte dell’amministrazione finanziaria sulla base di tale documentazione, atteso che la ricostruzione postuma della contabilità sociale – anche se risalente a notevole tempo prima dell’accertamento – era stata curata, comunque, dalla stessa società contribuente. Per cui, in assenza di indici univoci di frammentarietà, contraddittorietà o incompletezza dei dati recuperati, la valenza indiziaria delle risultanze emergenti da tali documenti non poteva esserne inficiata né attenuata a beneficio dei contribuenti.
2. Valutandosi la fondatezza dei motivi dedotti, dunque, il ricorso può essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
PQM
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale effettuata da remoto, il 16 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2022