LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUCIOTTI Lucio – Presidente –
Dott. CATALDI Michele – Consigliere –
Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –
Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –
Dott. LO SARDO Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19560/2020 R.G., proposto da:
l’Agenzia delle Entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore Generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con sede in Roma, ove per legge domiciliata;
– ricorrente –
contro
il “Monastero Domenicano del SS.mo Rosario”, con sede in *****
(RM), in persona della Madre Superiora pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Vincenzo Maria Forgione, con studio in Roma, ove elettivamente, giusta procura in allegato al controricorso di costituzione nel presente procedimento;
– controricorrente –
avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio il 14 novembre 2019 n. 6369/11/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 17 novembre 2021 dal Dott. Giuseppe Lo Sardo.
RILEVATO
che:
L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio il 14 novembre 2019 n. 6369/11/2019, la quale, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di diniego di rimborso della maggior imposta sostitutiva versata per la rivalutazione di un terreno sito in ***** (RM) sulla base di perizia estimativa del *****, a seguito della successiva riduzione del relativo valore sulla base di perizia estimativa del *****, ha accolto l’appello proposto dal “Monastero Domenicano del SS.mo Rosario” nei confronti della medesima avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Roma col n. 16554/17/2017, con compensazione delle spese giudiziali. La Commissione Tributaria Regionale ha riformato la decisione di prime cure sul presupposto che la contribuente non avesse diritto al rimborso della maggior imposta sostitutiva versata nella misura di Euro 143.437,00 sul valore determinato in base alla perizia estimativa del ***** (Euro 3.585.931,20), risultando essere dovuta nella minor misura di Euro 72.543,00 a seguito di rideterminazione del valore in base alla perizia estimativa del ***** (Euro 1.813.574,00). Il “Monastero Domenicano del SS.mo Rosario” si è costituito con controricorso. Ritenuta la sussistenza delle condizioni per definire il ricorso ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., la proposta formulata dal relatore è stata notificata ai difensori delle parti con il decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.
CONSIDERATO
che:
Con unico motivo, si denuncia violazione e/o falsa applicazione del del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, art. 7, comma 2, convertito, con modificazioni, dalla L. 12 luglio 2011, n. 106, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che il contribuente possa usufruire dell’agevolazione contemplata dalla L. 28 dicembre 2001, n. 448, art. 7, anche in difetto del pagamento integrale dell’imposta sostitutiva nella misura risultante dalla stima del valore del terreno in base a perizia estimativa del *****, mediante la detrazione dell’imposta dovuta risultante dalla stima del valore del terreno in base a perizia estimativa del *****.
Ritenuto che:
1. Il motivo è infondato.
1.1 Il D.L. 13 maggio 2011, n. 70, art. 7, comma 2, lett. ee, convertito, con modificazioni, dalla L. 12 luglio 2011, n. 106, dispone che “i soggetti che si avvalgono della rideterminazione dei valori di acquisto di partecipazioni non negoziate nei mercati regolamentati, ovvero dei valori di acquisto dei terreni edificabili e con destinazione agricola, di cui alla L. 28 dicembre 2001, n. 448, artt. 5 e 7, qualora abbiano già effettuato una precedente rideterminazione del valore dei medesimi beni, possono detrarre dall’imposta sostitutiva dovuta per la nuova rivalutazione l’importo relativo all’imposta sostitutiva già versata”.
Peraltro, il D.L. 13 maggio 2011, n. 70, art. 7, comma 2, lett. ff, convertito, con modificazioni, dalla L. 12 luglio 2011, n. 106, stabilisce che “i soggetti che non effettuano la detrazione di cui alla lett. ee) possono chiedere il rimborso dell’imposta sostitutiva già pagata, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38, e il termine di decadenza per la richiesta di rimborso decorre dalla data del versamento dell’intera imposta o della prima rata relativa all’ultima rideterminazione effettuata”, con la precisazione che “l’importo del rimborso non può essere comunque superiore all’importo dovuto in base all’ultima rideterminazione del valore effettuata”.
Il D.L. 13 maggio 2011, n. 70, art. 7, comma 2, lett. gg, convertito, con modificazioni, dalla L. 12 luglio 2011, n. 106, chiarisce che “Le disposizioni di cui alla lett. ff), si applicano anche ai versamenti effettuati entro la data di entrata in vigore del presente decreto”.
1.2 A tale proposito, la circolare emanata dall’Agenzia delle Entrate il 24 ottobre 2011 n. 47/E ha riconosciuto che, “(…) qualora il contribuente lo ritenga opportuno può rideterminare il valore delle partecipazioni e dei terreni detenuti alla data del ***** anche nell’ipotesi in cui abbia già in precedenza usufruito di analoghe disposizioni agevolative. Tale possibilità è consentita anche nel caso in cui la seconda perizia giurata di stima riporti un valore inferiore a quello risultante dalla perizia precedente”.
Secondo l’amministrazione finanziaria: “Un’importante disposizione è stata ora introdotta dal Decreto, art. 7, comma 2, lett. ee), che ha previsto per la prima volta la possibilità per i soggetti che si avvalgono della rideterminazione delle partecipazioni e dei terreni posseduti alla data del ***** di scomputare dall’imposta sostitutiva dovuta l’imposta sostitutiva eventualmente già versata in occasione di precedenti procedure di rideterminazione effettuate con riferimento ai medesimi beni. Pertanto in tal caso il contribuente non è tenuto al versamento delle rate ancora pendenti della precedente procedura di rideterminazione (31 ottobre 2011 e 31 ottobre 2012) e detrae l’imposta già versata dall’imposta dovuta per effetto della nuova rideterminazione. L’imposta in tal modo calcolata può essere ripartita in tre rate di pari importo. (…) Qualora il contribuente non intenda avvalersi dell’ultima procedura di rideterminazione, può in ogni caso detrarre dall’imposta ancora dovuta con riferimento alla procedura effettuata relativa ai beni posseduti alla data del *****, l’imposta versata in occasione di precedenti rideterminazioni, sempreché per tale importo non sia stata già presentata l’istanza di rimborso e, conseguentemente, ricalcolare le rate pendenti (31 ottobre 2011 e 31 ottobre 2012)”.
1.3 Secondo la giurisprudenza di questa Corte, con il D.L. n. 13 maggio 2011, n. 70, art. 7, comma 2, lett. ee, convertito, con modificazioni, dalla L. 12 luglio 2011, n. 106, si è consentito per la prima volta ai soggetti che si avvalgono della rideterminazione delle partecipazioni e dei terreni posseduti alla data dell'***** di scomputare dall’imposta sostitutiva dovuta l’imposta sostitutiva eventualmente già versata in occasione di precedenti procedure di rideterminazione effettuate con riferimento ai medesimi beni. In tal caso il contribuente non è tenuto al versamento delle rate “ancora pendenti” della precedente procedura di rideterminazione e detrae l’imposta già versata dall’imposta dovuta per effetto della nuova rideterminazione (in tal senso, vedasi anche la circolare emanata dall’Agenzia delle Entrate il 24 ottobre 2011 n. 47/E). Il D.L. 13 maggio 2011, n. 70, art. 7, comma 2, lett. ff, convertito, con modificazioni, dalla L. 12 luglio 2011, n. 106, poi, disciplina l’ipotesi in cui il contribuente che, in passato, abbia già rideterminato il valore delle partecipazioni e dei terreni posseduti, in sede del nuovo versamento non effettua lo scomputo dell’imposta già versata come indicato nella precedente lett. ee. E’ prevista, quindi, la possibilità di chiedere il rimborso dell’imposta sostitutiva pagata in passato, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38. Il termine di decadenza per la richiesta del suddetto rimborso decorre dalla data in cui si verifica la duplicazione del versamento e cioè dalla data di pagamento dell’intera imposta sostitutiva dovuta per effetto dell’ultima rideterminazione effettuata ovvero dalla data di versamento della prima rata (vedasi anche la circolare emanata dall’Agenzia delle Entrate il 24 ottobre 2011 n. 47/E). La norma specifica anche che l’importo del rimborso non può essere superiore all’importo dovuto in base all’ultima rideterminazione del valore effettuata fino alla concorrenza dei due importi (Cass., Sez. 5, 13 luglio 2018, n. 18712; Cass., Sez. 5, 5 settembre 2019, n. 22212; Cass., Sez. 5, 27 dicembre 2019, n. 34502; Cass., Sez. 5, 30 marzo 2021, n. 8749). Deve, dunque, essere escluso il rimborso in misura superiore all’importo dovuto in base all’ultima rideterminazione di valore della partecipazione sociale effettuata. La ratio del legislatore è quella di evitare che il contribuente possa ritrattare la scelta già operata in passato, in quanto ciò non sarebbe coerente con le finalità – di interesse reciproco tra fisco e contribuente – della disciplina in esame, sopra descritte (Cass., Sez. 5, 5 settembre 2019, n. 22212). Proprio in applicazione del divieto della doppia imposizione di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 163, nell’ipotesi di successiva rivalutazione delle partecipazioni sociali o del valore dei terreni, il primo versamento dell’imposta sostitutiva è legittimamente effettuato in forza della precedente disciplina di rideterminazione del valore e la duplicazione si verifica solo al momento del secondo versamento dell’imposta sostitutiva, sulla base del nuovo valore stimato, per effetto della riapertura dei termini introdotta dal legislatore (Cass., Sez. 5, 13 luglio 2018, n. 18712; Cass., Sez. 5, 16 novembre 2018, n. 29586).
Invero, il tenore letterale della norma non consente di affermare che l’integrale pagamento costituisca condizione essenziale per il perfezionamento dell’operazione di rivalutazione, ma è innegabile che il dettato normativo non consente di revocare in dubbio che l’opzione per la rideterminazione dei valori e la relativa obbligazione tributaria si perfezionano, infatti, con il versamento dell’intero importo dell’imposta sostitutiva ovvero, in caso di pagamento rateale, con il versamento della prima rata, tanto che il contribuente può immediatamente avvalersi del nuovo valore di acquisto ai fini della determinazione delle plusvalenze di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 67 (Cass., Sez. 5, 16 novembre 2018, n. 29586; Cass., Sez. 5, 21 febbraio 2020, n. 4659). Di conseguenza, il versamento dell’intera imposta sostitutiva (ovvero della prima rata), oltre il termine previsto ovvero in misura inferiore a quella dovuta, non consente l’utilizzo del valore rideterminato ai fini del calcolo della plusvalenza realizzata, essendo evidente la volontà del legislatore di indurre il contribuente ad esercitare tempestivamente l’opzione allo scopo di fruire dell’agevolazione fiscale e facendo semplicemente conseguire un’ordinaria procedura di recupero per i casi di ritardo nei pagamenti (Cass., Sez. 5, 21 febbraio 2020, n. 4659).
La L. 28 dicembre 2001, n. 448, art. 7, infatti, pur attribuendo alla libera scelta del contribuente la facoltà di accedere all’imposta sostitutiva mediante adempimento delle condizioni previste, stabilisce, però, che, una volta soddisfatte tali condizioni (redazione della perizia e versamento dell’intero importo o – indifferentemente – della prima rata di esso entro i termini previsti dalla medesima norma), si determina l’irreversibile perfezionamento dell’obbligazione tributaria, per cui il contribuente non può più ottenere il rimborso delle somme corrisposte, sia che abbia scelto di avvalersi del pagamento rateale che di quello in un’unica soluzione (Cass., Sez. 5", 10 dicembre 2015, n. 24953; Cass., Sez. 5", 21 febbraio 2020, n. 4659). E’ stato altresì analogamente affermato che l’imposta sostitutiva L. 28 dicembre 2001, n. 448, ex art. 7, in quanto frutto di una libera scelta del contribuente, il quale opta per la rideterminazione del valore del bene con conseguente versamento del dovuto nella prospettiva di un risparmio in caso di futura cessione, non rientra tra le dichiarazioni di scienza suscettibili di essere corrette in caso di errore, bensì tra le manifestazioni di volontà irretrattabili, salvo che nel caso di errore obiettivamente riconoscibile ed essenziale ai sensi dell’art. 1428 c.c. (Cass., Sez. 5", 2 agosto 2017, n. 19215; Cass., Sez. 5", 20 luglio 2018, n. 19382; Cass., Sez. 5", 21 febbraio 2020, n. 4659).
1.4 Nella specie, il giudice di appello si è sostanzialmente uniformato a tali principi, avendo ritenuto che il contribuente avesse diritto al rimborso dell’eccedenza corrisposta in misura pari alla differenza tra i diversi ammontari dell’imposta sostitutiva secondo le determinazioni fattene, dapprima, in base al valore risultante dalla perizia estimativa del ***** e, poi, in base al valore risultante dalla perizia estimativa del *****, anche senza aver eseguito alcun versamento dopo la seconda rivalutazione, dal momento che l’entità rimborsabile (Euro 70.894,00) era inferiore all’imposta sostitutiva nella misura rideterminata al ribasso (Euro 72.543,00) e che il contribuente aveva già corrisposto all’amministrazione finanziaria l’intero importo dell’imposta sostitutiva nella misura computata dopo la prima rivalutazione (Euro 143.437,00). A suo dire, “l’avvenuto integrale pagamento, pertanto, pone nel nulla l’ulteriore condizione del versamento dell’imposta sostitutiva in quanto già assolta”. Per cui, “e’ pacifico (…) che il contribuente, che abbia optato per il versamento rateale dell’imposta sostitutiva, non sia più tenuto al versamento delle rate ancora pendenti della precedente procedura di rideterminazione (31 ottobre 2011 e 31 ottobre 2012) e detrae l’imposta già versata dall’imposta dovuta per effetto della nuova rideterminazione”.
1.5 Peraltro, a tal proposito, il collegio ritiene che l’inciso del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, art. 7, comma 2, lett. ff, convertito, con modificazioni, dalla L. 12 luglio 2011, n. 106, secondo cui “il termine di decadenza per la richiesta di rimborso decorre dalla data del versamento dell’intera imposta o della prima rata relativa all’ultima rideterminazione effettuata”, non può essere logicamente interpretato nel senso che il contribuente abbia l’onere di sopportare un ulteriore indebito versamento (pari ad almeno la prima rata dell’imposta sostitutiva dovuta secondo l’ultima rideterminazione del valore) per conseguire il rimborso dell’imposta sostitutiva già interamente corrisposta sulla base del valore risultante dalla prima rideterminazione in misura eccedente rispetto all’importo liquidato sulla base del valore risultante dalla seconda rideterminazione. In tal senso, si può pienamente condividere la conclusione del giudice di appello per cui “una lettura “costituzionalmente orientata” della norma non può che giungere all’affermazione del pieno diritto dell’odierno appellante di ottenere il rimborso della maggiore imposta versata, sussistendone tutti i requisiti di legge”.
2. Stante la infondatezza del motivo dedotto, dunque, il ricorso deve essere rigettato.
3. Le spese giudiziali seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo. Non si applica il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, essendo rimasta soccombente una parte ammessa alla (Ndr: testo originale non comprensibile) a debito del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, condanna la ricorrente alla rifusione delle spese giudiziali in favore della controricorrente, liquidandole nella misura di Euro 200,00 per esborsi ed Euro 5.600,00 per compensi, oltre a spese forfettarie nella misura del 15% sui compensi e ad altri accessori di legge.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale effettuata da remoto, il 17 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2022