LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRECO Antonio – Presidente –
Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –
Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –
Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –
Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3925-2018 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. *****) in persona Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che la rappresenta e difende, ope legis;
– ricorrente –
contro
STUDIO B. & PARTNERS – DOTTORI COMMERCIALISTI ASSOCIATI, in persona del legale rappresentante pro tempore, nonché gli associati BE.CR., B.D., D.M.V., G.R., B.P., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DI VILLA SACCHETTI 9, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE MARINI, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato LORIS TOSI;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 1147/1/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del VENETO, depositata il 13/11/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 20/10/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LORENZO DELLI PRISCOLI.
FATTI DI CAUSA
Rilevato che:
lo studio B. & Partners, dottori commercialisti associati, aveva presentato, per il periodo d’imposta 2009, una dichiarazione dei redditi includendo fra i propri costi anche le spese di percorrenza relative alle automobili sostenute dai singoli professionisti associati per gli accessi fuori studio per conto dei clienti;
l’Agenzia delle entrate non riteneva deducibili per intero quei costi ma solo nei limiti del 40%, così come previsto dall’art. 164 T.U.I.R. (D.P.R. n. 917 del 1986);
la Commissione Tributaria Provinciale respingeva il ricorso della parte contribuente;
la Commissione Tributaria Regionale invece ne accoglieva l’appello ritenendo i costi interamente inerenti rispetto all’attività professionale svolta e altresì ritenendo non conferente l’art. 164 T.U.I.R., che si riferirebbe ad ipotesi come quelle in cui l’uso dell’auto sia solo in parte per fini professionali – diverse da quella di specie.
L’Agenzia delle entrate proponeva ricorso affidato ad un unico motivo mentre la società contribuente si costituiva con controricorso; con ordinanza interlocutoria n. 7914 depositata in cancelleria il 20 marzo 2019 veniva disposta la sospensione del processo D.L. 23 ottobre 2018, n. 119, ex art. 6, comma 10, convertito in L. 17 dicembre 2018, n. 136.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Agenzia delle entrate denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 53 T.U.I.R., e dell’art. 164T.U.I.R., comma 1, lett. b), in quanto da un lato l’art. 53 T.U.I.R., inquadra il reddito in questione nell’ambito di quello derivante dal lavoro autonomo e dall’altro l’art. 164 T.U.I.R., che si riferisce appunto al lavoro autonomo, rappresenta una norma specificamente dedicata alla deducibilità dei costi derivanti dall’uso dell’automobile, indicando tale deducibilità nei limiti del 40%.
Il motivo è infondato in quanto, secondo questa Corte, in tema di determinazione del reddito d’impresa, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 164, sono integralmente deducibili i costi concernenti i veicoli destinati esclusivamente all’attività propria dell’impresa: è peraltro onere del contribuente dimostrare tale presupposto, quale fatto costitutivo del diritto alla integrale deduzione, ferma restando la presunzione di uso promiscuo dei mezzi che, pur essendo strumentali all’attività d’impresa, non sono indispensabili per l’esercizio della stessa (Cass. n. 24154 del 2021; Cass. n. 16245 del 2021; Cass. n. 31031 del 2018; Cass. n. 14858 del 2018): nella specie la Commissione Tributaria Regionale ha puntualmente precisato che tali costi discendono dall’uso che delle auto i professionisti fanno esclusivamente per recarsi dai clienti, ossia per una attività tipicamente propria dell’impresa, cosicché può anche dirsi integralmente soddisfatto l’assolvimento dell’onere della prova.
Il ricorso è pertanto infondato; la condanna alle spese segue la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 4.100, oltre a rimborso forfettario nella misura del 15% e ad accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2022