Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.782 del 12/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11819-2020 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. *****) in persona Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che la rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

C.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SILVIO PELLICO 2, presso lo studio dell’avvocato LUIGI RIZZO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 130/10/2020 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del LAZIO, depositata il 09/01/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 20/10/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LORENZO DELLI PRISCOLI.

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

la parte contribuente proponeva ricorso avverso un avviso di accertamento per IRPEF relativo all’anno di imposta 2010;

la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso della parte contribuente e la Commissione Tributaria Regionale respingeva l’appello dell’Agenzia delle entrate affermando che dalla documentazione prodotta dalla parti si evince che trattasi della compravendita di un immobile sito in Roma, acquistato nel 2008 e rivenduto nel 2010 inteso quale atto speculativo con relativa plusvalenza non dichiarata nella dichiarazione dei redditi: i primi giudici hanno esaminato la fattispecie e le condizioni dei venditori al 50% ciascuno della proprietà, del residuo mutuo ipotecario gravante sullo stesso immobile che la ricorrente aveva acceso per il 100% del prezzo di acquisto (nei fatti di causa si legge che l’importo del mutuo è di 270mi1a Euro) e che con il ricavato della rivendita aveva estinto il debito con la banca stessa, maturando una plusvalenza effettiva di Euro 637,16.

L’Agenzia delle entrate proponeva ricorso affidato ad unico motivo di impugnazione mentre la parte contribuente si costituiva con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

con il primo motivo di impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la parte contribuente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 67 T.U.I.R., dell’art. 10T.U.I.R., comma 3 bis, e dell’art. 2697 c.c., trattandosi di cessione infraquinquennale dell’immobile relativa ad immobile non utilizzato quale abitazione principale, per la quale dunque la relativa plusvalenza è suscettibile di imposizione fiscale.

con il secondo motivo di impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la parte contribuente denuncia motivazione apparente e illogica nonché violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, in quanto il mutuo era cointestato fra la parte contribuente e G.M., che l’immobile è stato acquistato nel 2008 per la stessa cifra di 262 mila Euro e che l’immobile è stato venduto per 266.780 Euro generando una plusvalenza per C.G. di 135.780 Euro.

Il primo motivo di impugnazione è infondato.

Secondo questa Corte, infatti:

in tema di redditi diversi, l’imposta sostitutiva prevista dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67, comma 1, lett. b), è dovuta in caso di plusvalenze derivanti dalla cessione, a titolo oneroso, di bene immobile acquistato o costruito da non più di cinque anni e non destinato ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto o la costruzione e la cessione (Cass. n. 4757 del 2021).

La Commissione Tributaria Regionale si è attenuta al suddetto principio laddove ha preso nella dovuta considerazione la disciplina relativa all’imponibilità fiscale delle plusvalenze generate da cessioni di immobili entro i cinque anni e ha conseguentemente e coerentemente considerato quale plusvalenza quella consistente nella differenza tra quanto percepito a seguito della vendita della quota del 50% dell’immobile avvenuta nel 2010 e il prezzo pagato per la stessa quota dello stesso immobile nel 2008, non attribuendo – in maniera corretta – rilevanza alla circostanza che il denaro necessario per l’acquisto provenisse da un mutuo contratto per l’occasione, dal momento che il mutuo, come tale, deve essere restituito e non può contribuire in alcun modo alla formazione di una plusvalenza imponibile.

Il secondo motivo di impugnazione è invece parzialmente fondato.

La Commissione Tributaria Regionale infatti se da un lato si è attenuta al principio sopra enunciato non attribuendo – come già rilevato a proposito del primo motivo di impugnazione rilevanza alla circostanza che il denaro per il pagamento del prezzo dell’acquisto derivasse da un mutuo poi restituito (non importa quindi se cointestato o meno), da un altro lato non si è però attenuta al principio sopra enunciato laddove, pur individuandolo in astratto correttamente ed applicando effettivamente tale principio alla soluzione del caso di caso di specie, non vi si è concretamente attenuta laddove non ha considerato che, essendo stata la parte contribuente acquirente solo del 50% dell’immobile in questione e venditrice nel 2010 della stessa quota, la plusvalenza per lei rilevante andava calcolata sottraendo al prezzo di vendita dell’immobile del 2010 quello del 2008 e dividendo il risultato di questa differenza per due, mentre invece non è stato indicato in base a quali criteri e calcoli sia stata ritenuta corretta l’esistenza di una plusvalenza di 637,16 Euro.

Ritenuto pertanto infondato il primo motivo di impugnazione e parzialmente fondato il secondo, il ricorso dell’Agenzia delle entrate va conseguentemente accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte respinge il primo motivo di impugnazione e accoglie il secondo nei limiti di cui in motivazione, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2022

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