LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRECO Antonio – Presidente –
Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –
Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –
Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –
Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 17453-2020 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. *****) in persona Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che la rappresenta e difende, ope legis;
– ricorrente –
contro
V.G., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati ANITA RUSSO, STEFANO MATETICH;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2640/12/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CAMPANIA SEZIONE DISTACCATA di SALERNO, depositata il 26/03/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 20/10/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LORENZO DELLI PRISCOLI.
FATTI DI CAUSA
Rilevato che:
la parte contribuente, commercialista, impugnava avviso di accertamento per IRPEF, IRAP e IVA per l’anno d’imposta 2003 con il quale l’Ufficio aveva recuperato a tassazione delle maggiori imposte in esito ad indagini sulle movimentazioni bancarie del contribuente in virtù di una asserita mancata contabilizzazione di ricavi da parte di quest’ultimo;
la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso della parte contribuente e la Commissione Tributaria Regionale respingeva l’appello dell’Agenzia delle entrate;
la Corte di Cassazione, con ordinanza n. 12638 del 2017, cassava con rinvio evidenziando in particolare che per i versamenti sui conti correnti occorre tenere conto delle eventuali giustificazioni della parte contribuente;
riassunto il processo su iniziativa della parte contribuente, la Commissione Tributaria Regionale respingeva l’appello dell’Ufficio, affermando che la parte ha fornito, con idoneo supporto documentale, non oggetto di contestazione, puntuale ed analitica indicazione: della provenienza dei singoli versamenti e delle singole poste di entrata; della correlazione di ciascuno ad operazioni o già di per sé idoneamente contabilizzate in quanto dotate di rilevanza reddituale (così per tutti i versamenti correlati ad emissione di fattura) ovvero prive di quest’ultima (travaso di documentati risparmi familiari; restituzione di somme date a prestito; versamento di modiche somme in contanti frutto di attività di risparmio personale; versamenti di canoni di locazione attiva; liquidazione di assicurazione sulla vita).
L’Agenzia delle entrate proponeva ricorso affidato ad un unico motivo di impugnazione mentre la parte contribuente si costituiva con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Considerato che:
con il motivo di impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Agenzia delle entrate denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 32 e 51, per avere la sentenza impugnata erroneamente ritenuto giustificati alcuni versamenti per cui non vi è alcuna documentazione ma la sola affermazione del ricorrente circa la loro, peraltro generica, spiegazione.
Il motivo di impugnazione è infondato.
Secondo questa Corte, infatti, in tema di accertamento delle imposte sui redditi e con riguardo alla determinazione del reddito di impresa, il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, fonda una presunzione relativa circa la natura di ricavi sia dei prelevamenti sia dei versamenti su conto corrente, superabile attraverso la prova, da parte del contribuente, che i versamenti sono registrati in contabilità e che i prelevamenti sono serviti per pagare determinati beneficiari, anziché costituire acquisizione di utili; pertanto, in virtù della disposta inversione dell’onere della prova, grava sul contribuente l’onere di superare la suddetta presunzione (relativa) dimostrando la sussistenza di specifici costi e oneri deducibili, che dev’essere fondata su concreti elementi di prova e non già su presunzioni o affermazioni di carattere generale o sul mero richiamo all’equità (Cass. n. 15161 del 2020).
La Commissione Tributaria Regionale si è attenuta al suddetto principio, corrispondente a quanto affermato da Cass. n. 12638 del 2017 che ha dato luogo al giudizio di rinvio, la cui sentenza è stata impugnata in questa sede, perché ha correttamente gravato la parte contribuente della prova necessaria a superare la presunzione relativa circa la natura di ricavi dei versamenti effettuati sul conto corrente e ha coerentemente preteso e ottenuto da quest’ultimo una analitica e specifica prova dei versamenti, con idoneo supporto documentale, non oggetto di contestazione da parte dell’Ufficio e con puntuale ed analitica indicazione della provenienza dei singoli versamenti e delle singole poste di entrata.
Per il resto le doglianze dell’Ufficio, infatti, pur formalmente volte a denunciare una violazione di legge, investono il merito della lite e sono pertanto insuscettibili di poter essere valutate in Cassazione, in quanto con il ricorso per cassazione la parte non può rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito poiché la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità (Cass. n. 29404 del 2017; Cass. n. 5811 del 2019; Cass. n. 27899 del 2020; Cass. 18611 e 15276 del 2021).
Dunque il ricorso è infondato e la condanna alle spese segue la soccombenza.
PQM
la Corte rigetta il ricorso.
Condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 5.600, oltre a rimborso forfettario nella misura del 15% e ad accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2022