Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.786 del 12/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – rel. est. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

Condominio *****, in persona dell’amministratore sig.

Cr.Ma., rappresentato e difeso per procura alle liti a margine del ricorso dall’Avvocato Paolo Alvigini, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avvocato Giuseppe Fornaro, in Roma, piazza Santi Apostoli n. 80.

– ricorrente –

contro

M.G., N.O., e C.M., rappresentati e difesi per procura alle liti in calce al controricorso dall’Avvocato Pieluigi Vinci, elettivamente domiciliati presso lo studio dell’Avvocato Stefano Pantalani, in Roma, via E. Duse n. 35.

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 753 della Corte di appello di Venezia, depositata il 31 marzo 2026.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Con sentenza n. 753 del 31.3.2016 la Corte di appello di Venezia confermò la sentenza del Tribunale di Vicenza, che aveva dichiarato nulla la Delib. dell’assemblea del condominio ***** 28 maggio 2009, che aveva modificato a maggioranza le tabelle millesimali prevedendo la partecipazione alle spese delle parti comuni dell’edificio anche da parte delle unità immobiliari site al piano terra in precedenza escluse. La Corte veneziana motivò tale conclusione osservando, in adesione alla sentenza di primo grado, che le tabelle oggetto di modifica erano allegate al regolamento di condominio e che esso aveva natura contrattuale; che era infondata l’eccezione del condominio che aveva negato al regolamento tale natura sulla base del rilievo che nell’atto di acquisto del condomino A. fosse stata inserita la seguente clausola: “La parte venditrice fa presente e la parte acquirente prende atto che le tabelle millesimali 2 (proprietà e spese vano A) e 3 (proprietà e spese ascensore e montacarichi scala A) allegate al citato regolamento di condominio, sono state ritenute errate, per cui sono in fase di revisione”, atteso che il predetto condomino, al pari degli altri, stipulando l’atto di acquisto dall’impresa costruttrice, si era obbligato ad osservare le norme del regolamento e le annesse tabelle e che lo stesso A. aveva corrisposto senza riserve le relative spese pro quota, accettando così tale regolamentazione; che correttamente il giudice di primo grado aveva dichiarato la nullità della delibera che aveva approvato a maggioranza la modifica, in quanto le tabelle originarie erano frutto di una espressa convenzione tesa a derogare ai criteri legali di ripartizione, escludendo alcune unità immobiliari dal contributo relativo a determinate spese, sicché esse potevano essere modificate solo con il consenso unanime di tutti i condomini.

Per la cassazione di questa decisione, con atto notificato il 30.5.2016, ricorre il condominio *****, affidandosi a due motivi.

Resistono con controricorso M.G., N.O. e C.M..

La causa è stata avviata in decisione in adunanza camerale non partecipata.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Preliminarmente va esaminata l’eccezione sollevata in controricorso di difetto di legittimazione passiva dell’amministratore del condominio ricorrente, per avere questi proposto l’impugnazione senza autorizzazione dell’assemblea.

L’eccezione va respinta, avendo questa Corte già più volte precisato che, tenuto conto delle attribuzioni demandategli dall’art. 1131 c.c., l’amministratore di condominio può resistere all’impugnazione della Delib. assembleare ed impugnare la relativa decisione giudiziale senza necessità di autorizzazione o ratifica dell’assemblea (Cass. n. 7095 del 2017; Cass. n. 1451 del 2014). In ogni caso l’eccezione appare superata dalla produzione da parte del condominio, consentita dall’art. 372 c.p.c., della Delib. autorizzativa alla proposizione dell’impugnazione, approvata dall’assemblea in data 23.6.2016.

Il primo motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 113,116 c.p.c. e artt. 1123,1138 e 1372 c.c. e violazione e falsa applicazione dei principi informatori della materia condominiale e contrattuale, vizio di motivazione ed errore logico-giuridico nell’interpretazione della clausola contrattuale contenuta nell’atto di acquisto del condomino A., censurando la sentenza impugnata per avere ritenuto raggiunta la prova della natura contrattuale del regolamento di condominio, a cui le tabelle originarie erano annesse. Assume in particolare il condominio che tale prova non vi era in atti, tenuto conto che essa avrebbe potuto essere data solo dimostrando che il regolamento condominiale era stato richiamato e fatto proprio da tutti gli atti di acquisto dei singoli condomini e che, inoltre, il giudice d’appello ha malamente interpretato la clausola presente nel rogito di acquisto del condomino A., che evidenziava l’erroneità delle tabelle allegate al regolamento. Si aggiunge che, comunque, la natura contrattuale del regolamento di condominio non può estendersi automaticamente alle tabelle ad esso allegate, a meno che si provi l’intenzione dei condomini di derogare al regime legale di ripartizione delle spese, cioè approvare quella “diversa convenzione” di cui all’art. 1123 c.c., comma 1, e si richiama, a sostegno delle censure, la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui l’atto di approvazione delle tabelle, come quello di revisione delle stesse, non ha natura negoziale, e può di conseguenza essere adottato dall’assemblea a maggioranza.

Il secondo motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 113 c.p.c. e artt. 1123,1138 e 1372 c.c., ed errore logico-giuridico nell’interpretazione della sentenza n. 18477 del 2010 delle Sezioni unite della Corte di Cassazione, che ha affermato la modificabilità a maggioranza delle tabelle di gestione nell’ipotesi in cui i condomini non abbiano espressamente convenuto di derogare al regime legale di ripartizione delle spese, non reputando a tal fine sufficiente che le tabelle siano allegate ad un regolamento di condominio avente natura contrattuale.

I due motivi, che possono trattarsi congiuntamente, vanno respinti.

Le censure volte a contestare l’accertamento del giudice di merito in ordine alla natura contrattuale del regolamento di condominio sono inammissibili.

Va premesso che la sentenza impugnata è pervenuta a tale conclusione affermando, in adesione a quanto accertato dal Tribunale, che “l’inserimento della clausola di esenzione a favore delle parti a piano terra in tutti gli atti di acquisto non era stato contestato dal condominio, ed era dunque pacifico in causa”. Tale affermazione configura un accertamento di fatto che non viene specificatamente contestato dal motivo attraverso critiche puntuali idonee ad evidenziarne l’erroneità, con riguardo in particolare all’applicazione del principio di non contestazione, ai sensi dell’art. 115 c.p.c., comma 1. La Corte veneziana ha poi escluso che un dissenso in ordine al regolamento ed alle tabelle di gestione ad esso allegate potesse desumersi, per il condomino A., dalla clausola inserita nel suo atto di acquisto in cui si dava atto che le tabelle erano affette da errore, in quanto risultava dallo stesso atto di acquisto che questi si era obbligato ad osservare le norme del regolamento e le annesse tabelle, tenuto conto anche del suo comportamento successivo di sostanziale accettazione dei criteri di riparto in esse contenute. Sostiene al riguardo il ricorso che tale conclusione è affetta da vizio motivazionale ed errore logico-giuridico. La censura è manifestamente generica. Questa Corte ha ripetutamente affermato che l’interpretazione dell’atto negoziale integra un apprezzamento di fatto demandato dalla legge al giudice di merito, che può essere censurato in sede di giudizio di legittimità solo mediante la deduzione della violazione dei criteri di interpretazione stabiliti dagli artt. 1362 c.c. e segg., con il conseguente onere per il ricorrente di indicare specificamente il criterio interpretativo che sarebbe stato nella specie violato e le ragioni della asserita violazione, senza potersi limitare a contrapporre a quella accolta dal giudice di merito una diversa interpretazione dell’atto. La doglianza non rispetta tali prescrizioni, mancando della stessa indicazione della norma di legge che sarebbe stata violata, e va dichiarata pertanto inammissibile.

Quanto alla questione giuridica sollevata dai motivi, il ragionamento svolto dalla Corte di appello e la conclusione a cui essa è pervenuta nel caso concreto appaiono giuridicamente corretti e conformi all’indirizzo della giurisprudenza di questa Corte. Con l’arresto n. 18477 del 2010, richiamato dallo stesso ricorrente, le Sezioni unite della Corte hanno infatti precisato che l’atto di approvazione delle tabelle di ripartizione della spesa, qualora si adegui al criterio legale indicato dall’art. 1223 c.c. e dall’art. 68 disp. att. c.c., che fissa la misura della contribuzione proporzionalmente al valore della proprietà di ciascun condomino, costituisce un’operazione meramente esecutiva ed aritmetica e non ha pertanto valore negoziale, a prescindere dal fatto che essa sia allegata al regolamento di condominio di natura contrattuale e quindi approvata da tutti i condomini insieme ad esso. Diversa è invece l’ipotesi in cui la tabella deroghi al criterio legale di proporzionalità del valore delle proprietà individuali, atteso che in tal caso essa integra quella “diversa convenzione” fatta salva dall’ultimo inciso dell’art. 1223, comma 1. In tale situazione l’atto di approvazione della tabella, in quanto avente natura negoziale, deve provenire da tutti i condomini. Nel caso di specie non v’e’ dubbio che la tabella di cui si discute fosse derogatoria al criterio legale sopra menzionato, dal momento che esentava le proprietà site al piano terra dalla contribuzione relativa alle spese di alcune parti comuni dell’edificio (androne, scale, ascensore, montacarichi), con l’effetto che essa poteva essere modificata con il voto favorevole di tutti i condomini e non a maggioranza.

Il ricorrente deduce tuttavia che nel caso di specie la tabella originaria non aveva natura negoziale, atteso che in tanto può riconoscersi alla tabella natura di diversa convenzione in quanto risulti che i condomini, nell’approvarla, abbiano espressamente inteso derogare al criterio legale di ripartizione. Il rilievo, di per sé esatto dal punto di vista giuridico, non coglie tuttavia nel segno, tenuto conto che la tabella originaria, di contenuto come si è visto derogatorio rispetto alla disciplina legale, risulta nella specie, come accertato dal giudice di merito, approvata da tutti i condomini insieme al regolamento. In tale situazione non si vede come, in mancanza di elementi diversi e contrari, possa negarsi la riconducibilità della tabella e quindi del suo contenuto alla volontà espressa dei condomini. Ed invero proprio la citata decisione delle Sezioni unite indicata dal ricorrente ha ritenuto conforme alla propria scelta la precedente sentenza di questa Corte n. 5399 del 1999, che, esaminando il caso in cui le tabelle allegate al c.d. regolamento contrattuale non avevano rispettato il criterio della proporzionalità di cui all’art. 68 disp. att. c.c., aveva affermato il principio che le tabelle millesimali allegate a regolamento contrattuale non possono essere modificate se non con il consenso unanime di tutti i condomini o per atto dell’autorità giudiziaria.

Il ricorso va pertanto respinto.

Le spese del giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

Si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in Euro 5.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.

Dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello ove dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 6 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2022

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