LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 7474/2017 proposto da:
B.P.R., rappresentato e difeso, giusta procura speciale in calce al ricorso per cassazione, dall’Avv. Loretta Groppi;
– ricorrente –
contro
C.E., rappresentata e difesa, congiuntamente e disgiuntamente, dagli Avv.ti Michele Brunelli, e Simonetta Caputo, e presso lo studio di quest’ultima elettivamente domiciliati in Roma, via Pietro Giannone, n. 27, in forza di procura speciale alle liti posta in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di appello di BOLOGNA n. 1602/2016, pubblicata il 16 settembre 2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/05/2021 dal consigliere Dott. Lunella Caradonna;
RILEVATO
CHE:
1. Con la sentenza impugnata, la Corte d’appello di Bologna ha rigettato l’appello proposto da B.R.P. avverso la sentenza del Tribunale di Piacenza n. 576/2014 del 5 agosto 2014, che aveva rigettato la domanda di risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale proposta da C.E. per le violenze poste in essere dal marito nelle relazioni familiari, disponendo la compensazione delle spese di lite, con condanna del B. al pagamento delle spese del secondo grado di giudizio.
2. I giudici di secondo grado, per quel che rileva in sede di legittimità, hanno affermato che il riferimento del giudice di primo grado alla natura delle questioni trattate costituiva motivazione adeguata e ragionevole del provvedimento di compensazione delle spese del giudizio, anche nella prospettiva più rigorosa introdotta dalla L. n. 263 del 2005; che il giudice di primo grado aveva fatto riferimento pure alla delicatezza della situazione dedotta in giudizio, che si inseriva in un profondo ed insuperato contenzioso tra le parti, genitori e i quattro figli e che il rigetto della domanda attorea era stato l’esito di una valutazione complessiva relativo all’accertamento di reciproci profili di responsabilità tra le parti e alla riscontrata difficoltà di calare gli istituti risarcitori all’interno di una vicenda familiare; che la compensazione delle spese di lite doveva essere motivata anche in ragione della reciproca soccombenza delle parti, poiché la sentenza non definitiva n. 263/2010 del 28 aprile 2010, aveva respinto le eccezioni preliminari di rito e di merito articolate dal convenuto B..
3. B.R.P. ha depositato ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
4. C.E. ha depositato controricorso.
5. Il ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO
CHE:
1. In via preliminare va disattesa l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla C. nel controricorso, per genericità e violazione del principio di autosufficienza ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 6, e per il mancato rispetto dei criteri redazionali stabiliti dal protocollo d’intesa siglato a Roma il 17 dicembre 2015, essendo stato rispettato il principio statuito da questa Corte secondo cui, ai fini del rituale adempimento dell’onere imposto a pena di inammissibilità dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, è necessaria, in ossequio al principio di autosufficienza, l’indicazione, in seno al ricorso, degli atti stessi, sia la trascrizione con riferimento alle parti oggetto di doglianza, sia, infine, la loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione (Cass., sez. U., 25 marzo 2010, n. 7161; Cass., 20 novembre 2017, n. 27475).
1.1 In tal senso depone anche il Protocollo d’intesa tra la Corte di cassazione e il Consiglio nazionale forense sulle regole redazionali dei motivi di ricorso, che riconosce doversi a tal proposito indicare separatamente la cd. “sintesi dei motivi”, la “esposizione del fatto e lo svolgimento del processo” e i motivi di impugnazione, tutti requisiti funzionali al soddisfacimento del canone di autosufficienza (Cass., 3 novembre 2020, n. 24432).
2. Con il primo motivo si lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c. e motivazione insufficiente e contraddittoria su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, sulla erronea affermazione di reciproci profili di responsabilità tra le parti.
3. Con il secondo motivo si lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c. e motivazione insufficiente e contraddittoria su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, sulla erronea affermazione di incertezza degli istituti giuridici rilevanti e di difficoltà nella loro applicazione.
4. Con il terzo motivo si lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c. e motivazione insufficiente e contraddittoria su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, sull’interpretazione erronea del concetto di soccombenza reciproca e sul difetto di motivazione sulla misura della compensazione.
5. Con il quarto motivo si lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c. e motivazione insufficiente e contraddittoria su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, sulla erronea interpretazione e applicazione dei “giusti motivi”.
6. I motivi, che vanno trattati unitariamente perché connessi, sono inammissibili sotto plurimi profili.
6.1 In primo luogo i motivi sono inammissibili perché formulati mediante la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e n. 5.
Ed invero, in tema di ricorso per cassazione, è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione; o quale l’omessa motivazione, che richiede l’assenza di motivazione su un punto decisivo della causa rilevabile d’ufficio, e l’insufficienza della motivazione, che richiede la puntuale e analitica indicazione della sede processuale nella quale il giudice d’appello sarebbe stato sollecitato a pronunciarsi, e la contraddittorietà della motivazione, che richiede la precisa identificazione delle affermazioni, contenute nella sentenza impugnata, che si porrebbero in contraddizione tra loro. Infatti, l’esposizione diretta e cumulativa delle questioni concernenti l’apprezzamento delle risultanze acquisite al processo e il merito della causa mira a rimettere al giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione enunciati dall’art. 360 c.p.c., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, così attribuendo, inammissibilmente, al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse (Cass., 13 dicembre 2019, n. 32952; Cass., 4 ottobre 2019, n. 24901; Cass., 23 ottobre 2018, n. 26874).
6.2 In relazione al denunciato vizio motivazionale, poi, lo stesso ricorrente fa riferimento ad una nozione di tale vizio (in termini di insufficiente e contraddittoria motivazione) non più riconducibile ad alcuna delle ipotesi previste dal codice di rito ed, in particolare, non sussumibile nel vizio contemplato dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (nella formulazione disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012), atteso che tale mezzo di impugnazione può concernere esclusivamente l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti e postula l’esatto adempimento delle specifiche modalità di deduzione previste dalla Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza 7 aprile 2014, n. 8053, qui, invece, rimaste assolutamente inosservate.
Questa Corte ha, altresì, affermato che, l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella sua più recente formulazione, prevede l'”omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, come riferita ad un “fatto controverso e decisivo per il giudizio”, ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, con la conseguenza che tale “fatto” non è assimilabile in alcun modo a “questioni” o “argomentazioni”, che risultano irrilevanti, con la conseguente inammissibilità delle censure irritualmente formulate (Cass., 3 ottobre 2018, n. 24035; Cass., 8 ottobre 2014, n. 21152). 6.3 Nel caso in esame, nell’esposizione dei motivi, non si ravvisa alcun riferimento a fatti controversi, nella accezione indicata, ma è sollecitata una statuizione, peraltro di merito e come tale insindacabile in questa sede, sulla statuizione di compensazione delle spese assunta dalla Corte territoriale, a conferma ed integrazione, di quella del giudice di primo grado, sulla quale tuttavia la Corte territoriale si è pronunciata con sufficiente chiarezza e specificità, pervenendo alla sua conclusione secondo un percorso logico e giuridico immune dai vizi.
6.4 In proposito, mette conto rilevare che:
-il criterio della soccombenza va inteso nel senso che soltanto la parte interamente vittoriosa non può essere condannata, nemmeno per una minima quota, al pagamento delle spese stesse e che identifica la parte soccombente, alla stregua del principio di causalità, con quella che, lasciando insoddisfatta una pretesa riconosciuta fondata, abbia dato causa alla lite ovvero con quella che abbia tenuto nel processo un comportamento rilevatosi ingiustificato ertale accertamento (Cass., 26 novembre 2020 n. 26912);
-l’accertamento del criterio della soccombenza ai fini della condanna al pagamento delle spese processuali, è rimesso al potere discrezionale del giudice del merito e la conseguente pronuncia è sindacabile in sede di legittimità nella sola ipotesi in cui dette spese, anche solo parzialmente, siano state poste a carico della parte totalmente vittoriosa, perché ciò si tradurrebbe in una indebita riduzione delle ragioni sostanziali della stessa, ritenute fondate nel merito (Cass., 17 aprile 2019, n. 10685).
-con riferimento al regolamento delle spese, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, sia la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, tanto nell’ipotesi di soccombenza reciproca, quanto nell’ipotesi di concorso con altri giusti motivi, sia provvedere alla loro quantificazione, senza eccedere i limiti (minimi, ove previsti e) massimi fissati dalle tabelle vigenti (Cass., 21 luglio 2017, n. 18125; Cass.,17 ottobre 2017, n. 24502). 6.5 Ciò posto, nella fattispecie di causa trova applicazione il testo dell’art. 92 c.p.c. come introdotto (anteriormente alle modifiche disposte dalla L. n. 69 del 2009, art. 45, comma 11) dalla L. n. 263 del 2005, art. 2, comma 1, in quanto l’atto introduttivo del giudizio di primo grado è stato notificato in data 24 marzo 2006.
La norma dell’art. 92, vigente ratione temporis, prevedeva il potere discrezionale del giudice di compensazione delle spese nei casi di “soccombenza reciproca” o di concorso di “altri giusti motivi, esplicitamente indicati nella motivazione”.
Nella ricerca della corretta esegesi di tale locuzione (nonché di quella omologa, anche se maggiormente pregnante, di “gravi ed eccezionali ragioni” introdotta dalla L. n. 69 del 2009), questa Corte è oramai ferma nel ritenere che i “giusti motivi” legittimanti la compensazione, da esplicitare nella parte motiva del provvedimento, devono riguardare specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa, talché non possono essere espressi con una formula generica o apodittica inidonea a consentire il necessario controllo (Cass., 25 settembre 2017, n. 22310; Cass., 14 luglio 2016, n. 14411), oppure risolversi in ragioni illogiche, inconferenti o erronee, altrimenti configurandosi il vizio di violazione di legge, denunciabile in sede di legittimità (Cass., 11 novembre 2019, n. 29125; Cass., 31 maggio 2018, n. 13676: Cass., 9 marzo 2017, n. 6059; Cass., 31 maggio 2016, n. 11222).
6.6 Nel caso di specie, la compensazione delle spese è stata disposta, nel rispetto dell’art. 92 c.p.c., poiché la Corte ha affermato che il giudice di primo grado aveva adottato una motivazione del tutto coerente con le ragioni poste a fondamento del rigetto della domanda di risarcimento danni formulata dalla C. e che il riferimento del giudice di primo grado alla natura delle questioni trattate costituiva motivazione adeguata e ragionevole del provvedimento di compensazione delle spese del giudizio, tenuto conto della delicatezza. della situazione dedotta in giudizio, che si inseriva in un profondo ed insuperato contenzioso tra le parti, genitori e i quattro figli e che il rigetto della domanda attorea era stato l’esito di una valutazione complessiva relativa all’accertamento di reciproci profili di responsabilità tra le parti e alla riscontrata difficoltà di ricondurre gli istituti risarcitori all’interno di una vicenda familiare; inoltre, la Corte ha rilevato che, nel caso in esame, sussistevano profili di soccombenza reciproca tra le parti, che, peraltro, lo stesso ricorrente ha individuato nella ritenuta infondatezza, da parte del Tribunale, delle eccezioni pregiudiziali proposte (cfr. pag. 7 del ricorso per cassazione).
7. Per le ragioni di cui sopra, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali, sostenute dalla controricorrente e liquidate come in dispositivo, nonché al pagamento dell’ulteriore importo, previsto per legge e pure indicato in dispositivo.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 13 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2022