LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –
Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 23548/2017 proposto da:
V.P., C.G., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ANICIA, 6, presso lo studio dell’avvocato SIMONA BASTONI, rappresentati e difesi dall’avvocato VITO NANNA;
– ricorrenti –
contro
F.A., elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 326, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE MARIA BERRUTI, rappresentato e difeso dall’avvocato NICOLA FABIO DE FEO;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 484/2017 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 20/04/2017.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
1. C.G. e V.C. hanno proposto ricorso articolato in un unico motivo avverso la sentenza n. 484/2017 della Corte d’appello di Bari del 20 aprile 2017.
2. Resiste con controricorso F.A., il quale ha altresì proposto ricorso incidentale condizionato articolato in un unico motivo.
3. Con citazione del 17 ottobre 2005 C.G. e V.C. convennero innanzi al Tribunale di Bari sezione distaccata di Rutigliano, F.A., proprietario di un’unità immobiliare confinante con quella degli attori, per ottenere la condanna del convenuto alla riduzione in pristino di alcune opere di copertura che egli aveva realizzato al primo piano della propria abitazione e in corrispondenza del posto auto e dell’accesso all’abitazione al pianterreno, sull’assunto che tali opere fossero state realizzate in spregio alle distanze legali prescritte dall’art. 873 c.c. e dai regolamenti locali, in particolare le vigenti n. t.a. ed il P.R.G. del Comune di Noicattaro. Il Tribunale di Bari – sezione distaccata di Rutigliano accolse la domanda e condannò il convenuto a demolire tali opere (sentenza n. 615/2012).
La Corte d’appello di Bari ha poi riformato, in accoglimento del gravame avanzato da F.A., la pronuncia di primo grado. I giudici di secondo grado hanno aderito alle conclusioni del disposto supplemento di c.t.u., secondo cui dovevano ritenersi inoperanti gli indici contenuti nel programma di fabbricazione vigente all’epoca della costruzione delle opere per cui è causa, in quanto applicabili solo in caso di lottizzazione, mentre il comprensorio denominato “*****” (nel quale si trovano gli immobili in contesa) non era stato realizzato tramite lottizzazione, ma con una individuazione di lotti eseguita precedentemente al programma di fabbricazione; solo successivamente, secondo il c.t.u., il piano di fabbricazione aveva inserito l’area edificata in una zona omogenea di tipo C4. D’altro canto, ha affermato la Corte d’appello di Bari, né nelle N.T.A. né nel PRG sono prescritte distanze maggiori di quelle previste dall’art. 873 c.c., in riferimento al quale sono legittime le menzionate opere di copertura realizzate dall’appellante, in quanto la facciata ovest del pilastrino P3 è posta a circa ml. 2,14 dal confine ed il pilastrino P2 a ml. 2,01 e gli sporti di gronda non vanno computati.
La trattazione del ricorso è stata fissata in Camera di consiglio, a norma dell’art. 375 c.p.c., comma 2 e art. 380 bis.1 c.p.c..
4. L’unico complesso motivo del ricorso di C.G. e V.C. denuncia in rubrica la violazione e falsa applicazione dell’art. 873 c.c. e delle norme tecniche di attuazione del Comune di Noicattaro. La censura riferisce: che il Comprensorio ***** non è stato realizzato tramite lottizzazione; che pertanto ogni modifica avviene attraverso “Intervento Edilizio Diretto”, come avvenuto nella specie; che le considerazioni del CTU e la sentenza della Corte d’appello non hanno considerato “tutte le disposizioni delle NTA”, essendosi limitati al solo art. 15, senza valutare anche la portata dell’art. 26 riguardante l'”Intervento Edilizio Diretto”; che a nulla rileva l’assenza di uno specifico riferimento alla distanze nelle NTA in rapporto ai volumi preesistenti; che con l’entrata in vigore del PRG del Comune di Noicattaro a far data dal settembre 2004 le norme “non sono più calzanti” per la zona *****, che “dalla vecchia zona C4 è stata tipizzata in B7”; che “e’ destituita di ogni fondamento” la considerazione che “l’art. 27 non contiene indicazioni circa le distanze tra le costruzioni”, in quanto “il contenuto dell’art. 27 deve ritenersi complementare agli artt. 24, 25 e 26"; che le misure indicate dall'”art. 5 della PDF-NTA” sono tutte maggiori di quelle previste dall’art. 873 c.c.; che l’art. 78 delle NTA del vigente PRG per la Zona B7 stabiliscono distanze non inferiori a quelle preesistenti per gli interventi di recupero; che la sagoma originaria del fabbricato è quella preesistente al 6 luglio 2000, quando furono rilasciate le concessioni; che la parte del fabbricato in contesa è stata ampliata “abusivamente” per circa 9,50 ml; che del pari abusivamente è stato realizzato il box ripostiglio al piano terra; che altri rilievi devono svolgersi per le opere effettuate al primo piano in eccedenza alla sagoma originaria; che erano state accertate violazioni delle prescrizioni delle concessioni edilizie; che, quanto all’epoca di realizzazione dei manufatti, essa, a differenza di quanto affermato dal CTU, doveva differirsi quanto meno al 5 maggio 2006; che in presenza di norme locali datate 15 marzo 1972, di cui il Comune di Noicattaro è stato “dotato almeno dal 24 marzo 1999…devono essere applicate queste ultime”.
4.1. Il ricorso di C.G. e V.C. è inammissibile per assoluta carenza di specificità del motivo per il quale si chiede la cassazione e di indicazione delle norme di diritto su cui esso si fonda, in riferimento alla ratio decidendi della sentenza impugnata (art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4).
Il ricorso per cassazione denuncia la violazione di legge in relazione ad un intero corpo di norme (nella specie, “le nome di attuazione del Comune di Noicattaro”), così precludendo al collegio di individuare la norma che si assume violata o falsamente applicata (Cass. Sez. U., 18/07/2013, n. 17555).
E’ certo che le norme dei regolamenti comunali edilizi e i piani regolatori sono, per effetto del richiamo contenuto negli artt. 872,873 c.c., integrative delle norme del codice civile in materia di distanze tra costruzioni, sicché il giudice deve applicare le richiamate norme locali indipendentemente da ogni attività assertiva o probatoria delle parti, acquisendone conoscenza anche attraverso la sua scienza personale, la collaborazione delle parti o la richiesta di informazioni ai comuni (ad esempio, Cass. Sez. 2, 15/06/2010, n. 14446; Cass. Sez. 2, 05/02/2020, n. 2661). Ciò non significa, tuttavia, che, ove, come nel caso in esame, la sentenza di merito abbia escluso la violazione delle norme sulle distanze legali, sul presupposto che nella N.T.A. né nel PRG del Comune di Noicattaro siano prescritte distanze maggiori di quelle previste dall’art. 873 c.c., il ricorrente per cassazione, che denunzi la violazione e falsa applicazione di norme di diritto, sia esonerato dalla puntuale indicazione delle norme asseritamente violate, nonché dal fornire specifiche argomentazioni intelligibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo tale affermazione in diritto contenuta nella pronuncia gravata debba ritenersi in contrasto con le indicate disposizioni di legge regolatrici della fattispecie.
Per dare fondamento alla pretesa di C.G. e V.C., i quali assumono di essere stato danneggiati dalle costruzioni eseguite da F.A. in violazione delle distanze legali e domandano la riduzione in pristino ex art. 872 c.c., occorreva individuare disposizioni aventi natura integrativa dei precetti di cui all’art. 873 c.c., contenute vuoi nel piano regolatore generale, vuoi nelle relative norme tecniche di attuazione, volte a disciplinare l’attività della P.A. per un migliore assetto dell’agglomerato urbano ed i rapporti di vicinato tra privati in modo equo (Cass. Sez. 2, 23/07/2009, n. 17338, Cass. Sez. 2, 11/01/2006, n. 213).
Le censure articolate nel ricorso principale invocano l’applicazione di numerose norme urbanistiche del Comune di Noicattaro succedutesi nel tempo, senza porsi il problema che anche eventuali disposizioni dei regolamenti edilizi più restrittive vigenti all’epoca della realizzazione delle costruzioni per cui è causa (epoca tuttora contestata in fatto dai medesimi ricorrenti) comunque non ammetterebbero l’ordine di demolizione delle stesse ove non fossero più vigenti al momento della decisione giacché sostituite da norme più favorevoli. Lo stesso motivo del ricorso principale auspica che la Corte di cassazione ritenga applicabile una diversa normativa rispetto a quella individuata dai giudici del merito, procedendo in sede di legittimità alla verifica dei presupposti di fatto richiesti dalla differente disciplina (come era stato realizzato il Comprensorio *****, come tale zona sia classificabile urbanisticamente, e poi misure, sagome, indici, ecc.).
Ne’, com’e’ noto, nelle controversie tra privati derivanti dalla esecuzione di opere edilizie, rileva decisivamente la non conformità delle stesse agli strumenti urbanistici o alla concessione edilizia, profilo che si esaurisce nell’ambito del rapporto pubblicistico tra l’amministrazione ed il richiedente.
5. Rimane assorbito l’unico motivo del ricorso incidentale condizionato di F.A. (subordinato alli “annullamento senza rinvio” della decisione della Corte d’appello), motivo che peraltro lamentava la violazione dell’art. 112 c.p.c., per extrapetizione ed ultrapetizione ad opera della sentenza di primo grado.
6. Il ricorso principale va perciò dichiarato inammissibile, con assorbimento del ricorso incidentale e condanna del ricorrente principale a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio di cassazione nell’importo liquidato in dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale, con assorbimento del ricorso incidentale, e condanna il ricorrente a rimborsare le spese sostenute nel giudizio di cassazione dal controricorrente, che liquida in complessivi Euro 4.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 13 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2022