Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.804 del 12/01/2022

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5730/2017 proposto da:

M.R., M.M., M.E., M.G., M.C., M.P., elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE GIULIO CESARE, 71, presso lo studio dell’avvocato ANDREA DEL VECCHIO, rappresentati e difesi dagli avvocati ALDO ARIOZZI, ANDREA CALZOLAIO;

– ricorrenti –

contro

S.E., elettivamente domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE DELLA VITTORIA 11, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE LORE’, rappresentato e difeso dagli avvocati MARIA LALLA, GIUSEPPE DOMENELLA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1532/2016 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 01/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 13/12/2021 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

FATTI DI CAUSA

M.M., M.R., M.P., M.G., M.E. e M.C. hanno proposto ricorso articolato in tre motivi avverso la sentenza n. 1532/2016 della Corte d’appello di Ancona, pubblicata il 1 dicembre 2016.

Resiste con controricorso S.E..

Con atto di citazione del 22 dicembre 1999, S.E. – premesso di essere proprietario di un appezzamento di terreno sito nel Comune di *****, confinante, lungo il lato est-nord, con la proprietà dei Signori M. dedusse che sulla predetta proprietà M. erano stati costruiti edifici che non rispettavano la distanza legale dal confine con la proprietà S. prescritta per le zone agricole dagli strumenti urbanistici in vigore nel Comune di Montecassiano. L’attore domandò, pertanto, che accertata la costruzione degli immobili dei convenuti a distanza dal confine inferiore a quella legale, venisse ordinata la riduzione in pristino dei luoghi.

I convenuti si costituirono in giudizio sollevando eccezione di prescrizione del diritto vantato dall’attore, poiché gli immobili erano stati condonati ai sensi della L. n. 47 del 1985, con domanda presentata in data 30 settembre 1986, e chiesero comunque il rigetto nel merito delle domande attoree.

All’esito dell’istruttoria, il Tribunale di Macerata, con sentenza n. 1133/2009, accolse la domanda di S.E., dichiarando che gli immobili individuati come “corpo” A, C e B della relazione peritale erano stati realizzati ad una distanza dal confine inferiore a quella legale, e perciò condannò i signori M. alla demolizione delle parti degli immobili risultanti in contrasto con le disposizioni sulle distanze previste dal regolamento edilizio comunale.

I signori M. proposero appello avverso la sentenza di primo grado, ribadendo la richiesta di rigetto, improcedibilità e improponibilità della domanda anche per intervenuta usucapione e, in subordine, chiedendo la determinazione del risarcimento ex art. 2058 c.c., comma 2.

S.E. si costituì chiedendo il rigetto dell’appello principale e propose in via subordinata appello incidentale condizionato per la riforma della sentenza impugnata limitatamente alla correzione dell’errore materiale contenuto alla riga quinta dell’ultima pagina 10, al fine di sostituire le parole “dal regolamento edilizio comunale” con le parole “dalle NTA del vigente PRG”.

La Corte d’appello di Ancona ha respinto l’appello principale e, in accoglimento di quello incidentale, ha ordinato la demolizione delle parti degli immobili di cui al punto 1) del dispositivo della sentenza di primo grado in contrasto con le disposizioni sulle distanze previste con le NTA del vigente PRG (ml 10 dal confine).

La trattazione del ricorso è stata fissata in Camera di consiglio, a norma dell’art. 375 c.p.c., comma 2 e art. 380 bis.1 c.p.c..

Le parti hanno depositato memorie.

1. Il primo motivo del ricorso di M.M., M.R., M.P., M.G., M.E. e M.C. denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 872, 873, 875, 877 e di ogni altra disposizione del c.c. applicabile, nonché dell’art. 25 delle NTA del PRG del Comune di Montecassiano attualmente vigente, per avere il giudice d’appello erroneamente ritenuto inapplicabile al caso di specie il principio della prevenzione, mentre lo stesso dovrebbe operare considerato che l’art. 25 NTA prevede la facoltà per il preveniente di costruire in aderenza. Secondo i signori M., S.E. non subirebbe alcun pregiudizio poiché, al momento di edificare sulla sua proprietà, sarà sufficiente per lui rispettare la distanza di ml 10 dal confine, il che simultaneamente comporterà anche il rispetto della distanza di ml 10 fra pareti finestrate, così come disposto dalle norme comunali, e comunque potrà avvalersi di una delle ipotesi degli artt. 875 e 877 c.c..

Il secondo motivo di ricorso lamenta – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione o falsa applicazione degli artt. 872, 873 e di ogni altra disposizione applicabile del codice civile, nonché dell’art. 29 del Regolamento edilizio approvato con il decreto n. 767 del 7 giugno 1971 del Provveditorato Regionale alle Opere Pubbliche per la Regione Marche e dell’art. 32 delle NTA del PRG del Comune di Montecassiano, approvato con D.R. 30 giugno 1981, n. 2406, per avere la Corte d’appello erroneamente estrapolato solo alcune singole previsioni di tali articoli e averle ritenute integrative del c.c..

Il terzo motivo del ricorso deduce – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione o falsa applicazione della legge regionale Marche n. 13 del 1990, dell’art. 872 e di ogni altra disposizione applicabile del codice civile, nonché dell’art. 29 del Regolamento edilizio approvato con il decreto n. 767 del 7 giugno 1971 del Provveditorato Regionale alle Opere Pubbliche per la Regione Marche e dell’art. 32 delle NTA del PRG del Comune di Montecassiano, per avere il secondo giudice erroneamente ritenuto prevalente la normativa dei citati artt. 29 e 32 rispetto alla normativa della L.R.

n. 13 del 1990.

1.1. I tre motivi di ricorso, che possono esaminarsi congiuntamente, rivelano profili di inammissibilità e sono comunque infondati.

La Corte d’appello di Ancona ha accertato in fatto che gli immobili oggetto di lite, realizzati dai signori M., sono ubicati “a distanza inferiore ai dieci metri (v. c.t.u.) ed in più punti anche ai tre metri”, prescrivendo l’art. 25 della variante al PRG del Comune di Montecassiano la distanza minima fra fabbricati di ml. 20 e dai confini di ml. 10, nonché la possibilità di costruire in aderenza “conformemente al D.M. n. 1444 del 1968, art. 9, all’art. 61 del Regolamento edilizio comunale e nel rispetto delle disposizioni del Codice Civile”. Per la Corte d’appello, la possibilità di costruire in aderenza “non può equivalere ad ammissione del principio di prevenzione”.

La sentenza impugnata ha dunque deciso la questione di diritto in modo conforme all’orientamento di questa Corte, e il primo motivo di ricorso non offre elementi per mutare tale orientamento, agli effetti dell’art. 360-bis c.p.c., n. 1.

Le norme tecniche di attuazione del piano regolatore generale del Comune di Montecassiano contemplano, dunque, distanze assolute dal confine ma consentono la costruzione in aderenza. Secondo unanime interpretazione giurisprudenziale, allora, se i regolamenti edilizi stabiliscono espressamente la necessità non solo di un distacco minimo tra le costruzioni maggiore rispetto a quello contemplato dall’art. 873 c.c., ma altresì di una distanza minima delle costruzioni dal confine, ammettendo tuttavia la costruzione in aderenza (o in appoggio), il primo costruttore ha la scelta tra l’edificare a distanza regolamentare e l’erigere la propria fabbrica fino ad occupare l’estremo limite del confine medesimo, ma non anche la facoltà, come pretendono i ricorrenti ed avvenuto nella specie, di costruire a distanza dal confine inferiore a quella stabilita dallo strumento urbanistico locale (Cass. Sez. U., 19/05/2016, n. 10318; Cass. Sez. 2, 29/05/2019, n. 14705; Cass. Sez. 2, 09/09/2019, n. 22447; Cass. Sez. 2, 14/05/2018, n. 11664; Cass. Sez. 2, n. 8465 del 09/04/2010).

Quanto poi al secondo ed al terzo motivo, con i quali i ricorrenti allegano, in estrema sintesi, che l’art. 32 NTA del PRG Comune Montecassiano del 1981 fosse inteso a disciplinare le attività agricole e che dovevano trovare applicazione piuttosto le disposizioni della L.R. Marche n. 13 del 1990, è agevole considerare che le norme sulle distanze legali contenute vuoi nel piano regolatore generale, vuoi nelle relative norme tecniche di attuazione, giacché volte a disciplinare l’attività della P.A. per un migliore assetto dell’agglomerato urbano ed i rapporti di vicinato tra privati in modo equo, hanno natura integrativa dei precetti di cui all’art. 873 c.c. e la loro violazione legittima colui che assume di essere stato danneggiato dalle costruzioni eseguite in violazione di esse a domandare la riduzione in pristino ex art. 872 c.c. (Cass. Sez. 2, 23/07/2009, n. 17338, Cass. Sez. 2, 11/01/2006, n. 213).

Viceversa, le invocate disposizioni della L.R. Marche 8 marzo 1990, n. 13, contenente norme edilizie per il territorio agricolo, non costituiscono norme integrative del codice civile in tema di rapporti di vicinato, ed appaiono dettate esclusivamente per interessi pubblici relativi alla conservazione della destinazione agricola del territorio, né l’art. 1 di tale legge regionale prevede espressamente che la stessa deroghi ai limiti previsti dal P.R.G. attinenti anche ai rapporti interprivati, specificando, anzi, al comma 3 che “(s)ono fatte comunque salve le normative comunali eventualmente più restrittive di quelle previste dalla presente legge…” (cfr. Cass. Sez. 2, 01/08/2001, n. 10471).

2. Il ricorso va perciò rigettato, con condanna in solido dei ricorrenti a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio di cassazione nell’importo liquidato in dispositivo.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna in solido i ricorrenti a rimborsare le spese sostenute nel giudizio di cassazione dal controricorrente, che liquida in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 13 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2022

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472