Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.810 del 12/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36691/2019 proposto da:

A.P.B., elettivamente domiciliato in Ascoli Piceno, Rua del Papavero 6, presso lo studio dell’avv. Paolo Alessandrini, che lo rappresenta e difende per procura speciale in atti;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’Interno, *****;

– resistente –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di ANCONA, depositato il 24/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 11/11/2021 dal Cons. Dott. Lina RUBINO.

RILEVATO

che:

1. A.P.B., cittadino del Ghana, propone ricorso articolato in tre motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, avverso il Decreto n. 12689/2019 del Tribunale di Ancona, pubblicato in data 24 ottobre 2019.

2. Il Ministero ha depositato tardivamente una comunicazione con la quale si dichiara disponibile alla partecipazione alla discussione orale.

3. Il ricorso è stato avviato alla trattazione in adunanza camerale non partecipata.

4. Il ricorrente riferisce nel ricorso la sua vicenda personale: di provenienza dalla zona nord est del paese, al confine col Burkina Faso, di religione cristiana, non coniugato, senza figli, in patria studiava al Politecnico ingegneria meccanica; abbandonava il suo paese nel 2015 in quanto travolto dall’ingiusta accusa di essere coinvolto nell’omicidio della fidanzata di un suo amico: l’amico gli aveva chiesto di accompagnarlo da un uomo che si occupava di magia nera per richiedere la preparazione di un filtro da far bere alla ragazza; a seguito della morte della ragazza, l’amico del ricorrente veniva arrestato; il ricorrente sostiene di esser fuggito perché accusato ingiustamente dall’amico di avergli fornito la bevanda rivelatasi mortale e ricercato per questo dalla polizia. Aggiunge che, a causa delle sue precarie condizioni economiche non sarebbe stato neppure nelle condizioni di potersi permettere un difensore, e che temeva di essere sottoposto alla detenzione in Ghana, in cui le condizioni della carceri denuncia essere disumane. Dichiara di aver trascorso un periodo in Libia e quindi di aver da lì raggiunto l’Italia.

5. La sua domanda, volta al riconoscimento, in via gradata, di tutte le forme di protezione internazionale, veniva rigettata in sede amministrativa e poi giurisdizionale.

6. Con il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 4 della direttiva CE n. 83 del 2004, che ha trovato espressa esplicazione nel D.Lgs. n. 251 del 2007, in ordine alla ritenuta non credibilità delle sue dichiarazioni.

Sostiene che il giudice di merito non avrebbe rispettato il principio di cooperazione istruttoria e non avrebbe tenuto conto della natura attenuata dell’onere probatorio gravante sui richiedenti asilo.

7. Con il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 4 della direttiva CE n. 83 del 2004, e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, nonché del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e art. 27, comma 1 bis; sostiene di aver depositato numerosi documenti atti a fornire un’informazione completa sul suo paese di origine, i quali non sarebbero stati tenuti in conto dal tribunale, e che se lo stesso li avesse presi in considerazione avrebbe certamente riscontrato il grave pericolo per il ricorrente, il quale in caso di rientro in Ghana sarebbe esposto al pericolo di essere arrestato e quindi di essere sottoposto a trattamenti inumani e degradanti nelle carceri del suo paese di origine.

8. Con il terzo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 4 della Direttiva n. 95 del 2011, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, nonché dell’art. 10 della direttiva 32 del 2013 UE e del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27, in relazione della L. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6. Denuncia, in riferimento alla protezione umanitaria richiesta, che la valutazione comparativa, conclusasi con esito negativo, tra la situazione di tutela dei diritti umani fondamentali nel paese di provenienza e la sua condizione attuale non sia stata accurata, ed in particolare che non si sia tenuta in alcun conto la sua integrazione sociale, che avrebbe dovuto essere valorizzata unitamente allo specifico e concreto rischio di compromissione dei diritti umani cui sarebbe stato esposto in caso di rientro in Ghana.

RITENUTO

che:

9. Il ricorso è complessivamente inammissibile.

La generica censura contenuta nel primo motivo, con la quale si lamenta una pretesa erroneità del giudizio di non credibilità del ricorrente, non attinge minimamente ad un sia pur minimo livello di specificità delle singole contestazioni, limitandosi la difesa del ricorrente. a contestare il giudizio di credibilità del richiedente asilo sovrapponendo le proprie, soggettive valutazioni del racconto reso in sede di audizione in commissione territoriale, senza minimamente indicare in quale violazione di legge e quale errore di diritto sarebbe incorso il giudice di merito che ha motivatamente formulato il proprio giudizio di non credibilità nei termini poc’anzi esposti.

Altrettanto inammissibile è il secondo motivo, laddove si lamenta la mancata concessione della protezione sussidiaria sotto i profili di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, lett. a) e b), omettendo di considerare che la valutazione dei relativi presupposti è impedita in limine dal giudizio di non credibilità del richiedente asilo.

Ugualmente, con il terzo motivo si rivendica la concessione della protezione umanitaria senza alcuna specifica motivazione e allegazione degli elementi utili al pur invocato giudizio di comparazione, la cui assenza in decreto è soltanto declamata, limitandosi la difesa ad elencare principi di diritto (pur astrattamente condivisibili) così come affermati in alcune pronunce di questa Corte, senza alcuna ulteriore specificazione riferibile al caso concreto.

Nulla sulle spese, non avendo l’intimato svolto attività difensiva in questa sede.

Il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, e il ricorrente risulta soccombente, pertanto è gravato dall’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, commi 1 bis e 1 quater, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, il 11 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2022

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