Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.817 del 12/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36312/2019 proposto da:

D.A., elettivamente domiciliato in Roma Corso Trieste 10 presso lo studio dell’avvocato Boccongelli Emanuele, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12 presso l’Avvocatura Generale dello Stato;

– resistente con atto di costituzione –

avverso il decreto del TRIBUNALE di VENEZIA, depositato il 16/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/11/2021 da Dott. PELLECCHIA ANTONELLA.

RILEVATO

che:

1. D.A., cittadino *****, chiese alla competente commissione territoriale il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis).

A fondamento dell’istanza dedusse di aver lasciato il proprio paese in seguito alla scoperta dell’adesione del padre ad un gruppo di ribelli. Espose in particola di esser stato condotto nella foresta dal padre che dopo aver confessato di appartenere al gruppo ***** fu raggiunto dai ribelli. Per paura di essere ucciso decise di fuggire e giunse in Italia dopo aver attraversato Dakar, Mali e Libia.

La Commissione territoriale rigettò l’istanza.

2. Avverso tale provvedimento D.A. propose ricorso dinanzi il Tribunale di Venezia che con decreto n. 8987 del 23 ottobre 2019, ha rigettato il reclamo.

Il Tribunale ha ritenuto:

a) inattendibile, generico e contraddittorio il racconto del richiedente asilo;

b) infondata la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato stante la non credibilità del richiedente asilo;

c) infondata la domanda di protezione sussidiaria non avendo il ricorrente allegato alcun rischio di persecuzione riconducibile all’ipotesi del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a) e b) ed in mancanza di un conflitto armato generalizzato nella regione di provenienza;

d) infondata la domanda di protezione umanitaria non avendo il ricorrente allegato alcuna circostanza di particolare vulnerabilità né alcuna documentazione idonea a dimostrare la sua effettiva integrazione in Italia.

3. IL decreto è stato impugnato per cassazione da D.A. con ricorso fondato su un motivo di ricorso.

Il Ministero dell’Interno si costituisce per resistere al ricorso senza spiegare alcuna difesa.

CONSIDERATO

che:

4. Il ricorrente con un unico motivo, articolato in più censure, lamenta genericamente la violazione delle norme che regolano la protezione internazionale ed avanza, nel corpo del ricorso, doglianze nei confronti del rigetto di ciascuna delle misure di protezione internazionale. Lamenta infatti che il giudice avrebbe errato nel ritenere non sussistente un’ipotesi persecutoria idonea al riconoscimento dello status di rifugiato, essendo evidente che egli era fuggito dal paese per evitare l’arruolamento nel gruppo dei ribelli a cui apparteneva il padre. Sostiene, ancora che il giudice avrebbe dovuto verificare, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, se lo Stato d’origine fosse o meno in grado di offrire una adeguata protezione, anche alla luce del fatto che la comunità internazionale cercherebbe volutamente di mantenere il silenzio su ciò che accade in ***** rendendo la situazione e le dinamiche del conflitto di difficile interpretazione. Infine, si duole del mancato accoglimento della domanda di protezione umanitaria, per aver il giudice omesso di considerare il livello di integrazione raggiunto e le condizioni in cui si verrebbe a trovare in caso di rimpatrio.

Giova preliminarmente osservare che il ricorso, pur articolando nell’unico motivo più profili di doglianza è ammissibile in quanto consente alla Corte di cogliere sufficientemente la specificità e la chiarezza del loro contenuto.

Questa Corte ha infatti affermato che “in seno al ricorso per Cassazione il fatto che un singolo motivo sia articolato in più profili di doglianza, ciascuno dei quali avrebbe potuto essere prospettato come un autonomo motivo, non costituisce, di per sé, ragione d’inammissibilità dell’impugnazione, dovendosi ritenere sufficiente, ai fini dell’ammissibilità del ricorso, che la sua formulazione permetta al giudice di legittimità di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate, onde consentirne l’esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati (Cass. civ. Sez. V Ord., 09/07/2020, n. 14558).

Il ricorso, tuttavia è inammissibile nel merito poiché si sostanzia in una rivalutazione dei fatti di causa non ammissibile in questa sede. Le censure sono anche generiche e prive di specificità.

11 ricorrente, infatti, si limita a ripercorrere il racconto del richiedente asilo ed a lamentare una generale carenza di cooperazione istruttoria del Giudice di merito, onere che, tuttavia è stato adempiuto dal Tribunale, sia con riferimento all’accertamento della presenza di un conflitto armato generalizzato nel Paese d’origine del richiedente che all’esame della documentazione prodotta dal ricorrente circa il percorso di integrazione svolto all’interno del territorio italiano.

5. Il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile. L’indefensio degli intimati non richiede la condanna alle spese.

5.1 Infine, poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono i presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315) per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1-quater al testo unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 (e mancando la possibilità di valutazioni discrezionali: tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra le innumerevoli altre successive: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dell’obbligo di versamento, in capo a parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per la stessa impugnazione.

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte suprema di Cassazione, il 11 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2022

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