Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.82 del 04/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17273/2019 proposto da:

M.N., elett.te domiciliato presso l’avvocato Di Tillo Maria, dalla quale è rappres. e difeso, con procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Mo.Na.;

– intimata –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, del 05/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/10/2021 dal Cons. rel., Dott. CAIAZZO ROSARIO.

RILEVATO

CHE:

M.N. impugnò il provvedimento del 28.9.16 con il quale il Tribunale per i minorenni di L’Aquila, in via provvisoria ed urgente, lo aveva sospeso dalla responsabilità genitoriale sulla figlia C., nata l'***** in costanza di matrimonio con Mo.Na., affidando la bambina ai Servizi sociali, incaricandoli d’incrementare le competenze dei genitori, di sostenere la minore sotto il profilo psicologico e di regolamentare gli incontri con il padre.

La coppia si era separata nel ***** e la loro accesa conflittualità aveva già reso necessario l’intervento dello stesso Tribunale che nel 2011 sospese entrambi i genitori dalla responsabilità genitoriale, affidando la bambina ai Servizi sociali, predisponendo un programma di supporto teso a sopire le tensioni ed a far mantenere alla bambina un rapporto il più sereno possibile con entrambi i genitori.

Tale provvedimento fu poi revocato nel 2014 a seguito del normalizzarsi dei rapporti; successivamente, le tensioni si riacutizzarono, e da ultimo la bambina aveva vissuto una situazione di pesante disagio psicologico a causa del fatto che il padre le aveva fatto conoscere la sua nuova compagna senza prepararla adeguatamente.

Il Tribunale per i minorenni dispose una c.t.u. che aveva confermato la situazione di malessere della ragazza, posta a fondamento del provvedimento del 28.9.16, ritenendo entrambi i genitori inadeguati al ruolo; avverso tale provvedimento il M. propose reclamo, deducendo che l’ex-moglie, fin dalla separazione, aveva fomentato la bambina contro di lui, rilevando che il c.t.u. aveva considerato anche l’ex-moglie inadeguata al ruolo.

Con decreto del 5.3.19, la Corte d’appello ha dichiarato inammissibile il reclamo, osservando che: il provvedimento impugnato era provvisorio ed urgente, destinato ad essere assorbito dalla decisione definitiva, essendo dunque privo di decisorietà e definitività, delegando un membro del collegio all’ulteriore istruttoria e incaricando i Servizi sociali di predisporre un percorso di sostegno alla genitorialità e di riferirne gli sviluppi; con relazione del 2.1.19, i Servizi sociali hanno riferito che mentre la Mo. si era mostrata aperta al confronto e collaborativa, il M. si era rifiutato persino d’incontrare gli operatori, per cui non era stato possibile organizzare incontri del padre con la ragazza, comportamento che di per sé avrebbe imposto il rigetto del reclamo; di conseguenza, il provvedimento impugnato non era reclamabile ex art. 739 c.p.c. o ex art. 708.

M.N. ricorre in cassazione con due motivi, illustrato con memoria. Non si è costituita Mo.Na..

RITENUTO

CHE:

Il primo motivo denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 739 c.p.c. – e di ogni altra norma in tema di reclamo avverso i provvedimenti sugli status, deducendo l’erronea interpretazione circa la ritenuta inammissibilità del reclamo, trattandosi di provvedimenti incidenti su diritti personalissimi.

Il secondo motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 330 e 336 c.c., non avendo la Corte d’appello nominato un difensore del minore o un curatore speciale, nonché l’omesso ascolto del minore ultradodicenne.

Il primo motivo è fondato. Il ricorrente si duole del provvedimento d’inammissibilità del reclamo da lui proposto avverso il provvedimento emesso dal Tribunale per i minorenni che l’aveva sospeso, “in via provvisoria ed urgente”, dalla responsabilità genitoriale sulla figlia C., nata nel *****, in costanza di matrimonio con Mo.Na., affidata con lo stesso provvedimento ai Servizi sociali. Si controverte dunque sull’ammissibilità del suddetto reclamo con riguardo a provvedimenti, definiti “provvisori ed urgenti”, limitativi della potestà genitoriale. Il thema decidendum consiste nello stabilire se sia effettivamente d’ostacolo all’impugnabilità dei provvedimenti de potestate, innanzi alla Corte d’appello, sezione per i minorenni, l’asserita natura provvisoria.

La questione, nella sua connotazione ontologica e dommatica, non differisce da quella afferente alla diversa, ma in questa sede analoga, discussione circa la ricorribilità in cassazione dei suddetti provvedimenti de potestate.

Invero, secondo l’orientamento di questa Corte, cui il collegio intende dare continuità, in materia di provvedimenti de potestate ex artt. 330,333 e 336 c.c., il decreto pronunciato dalla Corte d’appello sul reclamo avverso il provvedimento del Tribunale per i minorenni è impugnabile con il ricorso per cassazione, avendo, al pari del decreto reclamato, carattere decisorio e definitivo, in quanto incidente su diritti di natura personalissima e di primario rango costituzionale, ed essendo modificabile e revocabile soltanto per la sopravvenienza di nuove circostanze di fatto e quindi idoneo ad acquistare efficacia di giudicato, sia pure rebus sic stantibus, anche quando non sia stato emesso a conclusione del procedimento per essere stato, anzi, espressamente pronunciato “in via non definitiva”, trattandosi di provvedimento che riveste comunque carattere decisorio, quando non sia stato adottato a titolo provvisorio ed urgente, idoneo ad incidere in modo tendenzialmente stabile sull’esercizio della responsabilità genitoriale (Cass., n. 1668/20; principio affermato in un giudizio in cui il Tribunale per i minorenni aveva sospeso il padre dall’esercizio della responsabilità genitoriale e demandato al Servizio sociale di individuare i tempi e le modalità di frequentazione tra il padre ed il figlio, nonché di procedere, insieme ad un centro specializzato, alla valutazione del minore e del contesto familiare).

Giova rilevare che tale orientamento è emerso a partire dalla sentenza n. 1746 del 2013, a seguito della riforma apportata dalla L. n. 154 del 2013 per effetto della quale la struttura dei procedimenti de potestate, rimasta non contenziosa, è stata modificata nella sua sostanza, specie in ordine al pieno rispetto delle regole del contraddittorio. Al riguardo, la sentenza delle Sezioni Unite, n. 32359 del 2018 ha del tutto avallato il mutamento giurisprudenziale indicato, evidenziando altresì che il carattere della stabilità riconosciuto ai provvedimenti in questione, cui non è più di ostacolo la struttura del processo, non può non valere per i casi in cui i provvedimenti limitativi o ablatori della responsabilità genitoriale siano emessi dal Tribunale per i minorenni e si discuta, come nella fattispecie, dell’impugnabilità dei decreti emessi dalla Corte d’appello, sezione per i minorenni, a seguito di reclamo in quanto, diversamente opinando, si creerebbe una disparità di trattamento tra situazioni identiche che non sarebbe giustificata in ragione della speciale competenza attribuita a tale organo giurisdizionale. Secondo i principi dettati dalle SU, dunque, decorsi i termini del reclamo, o quando esso sia rigettato, il decreto de potestate acquisisce (ex art. 741 c.p.c.) un’efficacia che assume valenza decisoria in ordine alla situazione sostanziale esaminata, il che comporta, sul piano processuale, la possibilità di esperire il rimedio del ricorso straordinario per cassazione, a norma dell’art. 111 Cost., comma 7, in mancanza di strumenti alternativi di controllo dello stesso provvedimento.

Ora, nel caso concreto, la Corte territoriale ha definito il provvedimento impugnato di natura provvisoria, destinato ad essere assorbito dalla decisione definitiva, deducendone che esso sarebbe privo di decisorietà e pertanto non reclamabile, in quanto statuizione definitoria di una controversia in materia di diritti soggettivi o di status.

Tale pronuncia non è condivisibile, confliggendo chiaramente con i principi affermati dalle SU e dalla successiva citata giurisprudenza di legittimità che, sebbene riferiti alla tematica della ricorribilità in cassazione, non possono non dispiegare la propria efficacia su una questione analoga la cui disamina ha condotto alla contestata esclusione della reclamabilità del provvedimento de potestate adottato dal Tribunale. Invero, quest’ultimo, incidendo su diritti di natura personalissima e di rango costituzionale, in procedimento caratterizzato dalla piena osservanza delle regole del contraddittorio, non può essere qualificato come privo di decisorietà, quantunque destinato ad essere assorbito dalla decisione definitiva, come affermato dal giudice di primo grado. Infatti, contrariamente a quanto affermato dalla Corte d’appello, al fine di escludere la reclamabilità del decreto del Tribunale non può attribuirsi valenza dirimente al fatto che il provvedimento reclamato abbia natura “esplicitamente provvisoria”, destinato cioè ad essere assorbito dalla decisione definitiva, in quanto ciò che rileva è il contenuto sostanziale del provvedimento impugnato e la sua attitudine ad incidere su diritti di natura personalissima e di rango costituzionale.

Al riguardo, il collegio ritiene di condividere l’orientamento di questa Corte – in difformità dalla soluzione adottata da Cass., n. 10291/14 sulla non reclamabilità dei provvedimenti de potestate del Tribunale, definiti provvisori ed urgenti – secondo il quale i provvedimenti che incidono sul diritto degli ascendenti ad instaurare ed a mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni, ai sensi dell’art. 317-bis c.c., nel testo novellato dal D.Lgs. n. 154 del 2013, art. 42 al pari di quelli ablativi della responsabilità genitoriale emessi dal giudice minorile ai sensi degli artt. 330 e 336 c.c., hanno attitudine al giudicato rebus sic stantibus, in quanto non revocabili o modificabili salva la sopravvenienza di fatti nuovi, definendo essi procedimenti che dirimono comunque conflitti tra posizioni soggettive diverse e nei quali il minore è “parte” (Cass., n. 23633/16; n. 19780/18). In particolare, tale orientamento assume significativamente che la possibilità di revoca o modifica, ex art. 742 c.p.c., deve intendersi limitata ai soli vizi di merito o di legittimità sopravvenuti, con esclusione di una nuova valutazione di circostanze o fatti preesistenti. Ne’ va sottaciuto il fatto – ben evidenziato peraltro nella sentenza n. 23633/16 – che il provvedimento impugnato contiene un riferimento ad un, non meglio indicato, provvedimento conclusivo del procedimento promosso innanzi al giudice di prima istanza, “avallando in tal modo una prassi diffusa innanzi ai Tribunale dei minorenni di trattare i procedimenti de potestate senza soluzione di continuità e, di fatto, fino al conseguimento della maggiore età dei minori”, con conseguente possibile preclusione di un’adeguata tutela dei minori coinvolti, nell’ottica, sopra descritta, del mutato quadro normativo e giurisprudenziale.

Il secondo motivo deve ritenersi assorbito dall’accoglimento del primo.

Per quanto esposto, in accoglimento del primo motivo, il decreto impugnato va cassato, con rinvio alla Corte d’appello, sezione per i minorenni, di L’Aquila, anche per le spese del grado di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo, assorbito il secondo, cassa il decreto impugnato, e rinvia alla Corte d’appello, sezione dei minorenni, di L’Aquila, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

In caso di diffusione del presente provvedimento, dispone che siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 18 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2022

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