Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.824 del 12/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6736-2021 proposto da:

M.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GAETANO CASATI 38 SCALA A INT 12, presso lo studio dell’avvocato PAOLO CICINI, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

STUDIO ASSOCIATO AMADEI MARINELLI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA AUGUSTO BEVIGNANI 12, presso lo studio dell’avvocato STEFANO PALMA, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2442/2021 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 10/02/2021;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/11/2021 dal Consigliere Dott. TEDESCO GIUSEPPE.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

E’ stato proposto ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, contro la sentenza del Tribunale di Roma nella controversia promossa, dinanzi al giudice di pace della stessa città, dalla Studio associato Amadei Marinelli nei confronti di M.E. (il Tribunale, in riforma della sentenza del giudice di pace, ha accolto la domanda).

Lo Studio associato ha resistito con controricorso.

Il ricorso è stato fissato dinanzi alla Sesta Sezione civile della Suprema Corte su conforme proposta del relatore di inammissibilità del medesimo.

Il primo motivo, con il quale si censura la sentenza perché il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare la carenza di legittimazione passiva del ricorrente, in quanto convenuto in proprio e non nella qualità di liquidatore della soc. Molisana Food s.r.l., a cui si riferivano i crediti professionali, è inammissibile.

Nella sentenza non si menziona minimamente tale questione, né il ricorrente precisa se e come essa fu dedotta nel giudizio d’appello: il che rende, appunto, inammissibile la censura (Cass. n. 20694/2018). Si rileva che, nel controricorso, si eccepisce la inammissibilità del motivo, per la novità della questione.

Il secondo motivo è inammissibile. Il creditore aveva limitato la domanda, in origine proposta per l’importo di Euro 5.874,55, a Euro 5.000,00 nei limiti della competenza del giudice di pace.

Il Tribunale ha riconosciuto che, sulla maggiore pretesa, l’importo di Euro 1.940,00 non fosse dovuto, in quanto coperto da prescrizione; da qui, secondo il ricorrente, la necessità di contenere la condanna nei limiti della differenza fra l’importo di Euro 5.000,00 e l’importo coperto da prescrizione.

L’assunto non può condividersi. La clausola di contenimento impedisce al giudice di pronunciare condanna oltre i limiti della competenza; essa non comporta, in ipotesi il giudice adito riconosca che una parte della somma non sia dovuta, che la detrazione debba essere operata non sul credito effettivo, ma sul valore che segna il limite di competenza. Infatti, la c.d. clausola di contenimento del petitum nei limiti della competenza del giudice adito non importa rinuncia a maggiori pretese derivanti dal titolo (Cass. n. 3274/1987; n. 3938/1980), ma esaurisce la sua funzione nell’impedire giudice di statuire oltre il limite della propria competenza: nel caso in esame, posto cha la condanna è stata pronunciata entro la somma di Euro 5.000,00, tale limite non risulta violato. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile, con addebito di spese.

Ci sono le condizioni per dare atto della sussistenza dei presupposti dell’obbligo del versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, se dovuto.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.000,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 26 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2022

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