Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.84 del 04/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9704/2020 proposto da:

P.G., elettivamente domiciliato in Roma, in viale Giuseppe Mazzini n. 114/b, presso lo studio dell’avvocato Tedeschi Francesca, rappresentato e difeso dall’avvocato Cerabino Michele, con procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

A.A., B.E., Bo.El., P.F., Procuratore della Repubblica presso la Corte di Appello di Roma, Sindaco del Comune di Marcellina;

– intimati –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, del 02/12/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/10/2021 dal Cons. rel. Dott. CAIAZZO ROSARIO.

RILEVATO

CHE:

Il Tribunale per i minorenni di Roma ha disposto la decadenza di entrambi i genitori, P.G. e B.E., dalla responsabilità genitoriale sui due figli minori (un terzo era nel frattempo divenuto maggiorenne), rigettando l’istanza di loro affido avanzata dalla nonna paterna e dallo zio paterno e nominando quale tutore provvisorio dei minori il sindaco di Marcellina. Con separato decreto, il Tribunale ha disposto l’affido etero-familiare, con segretezza degli affidatari, disponendo che i minori potessero incontrare i genitori una volta al mese, in spazio neutro e con le opportune cautele.

Con decreto del 2.12.19, la Corte d’appello ha rigettato i distinti reclami proposti da P.G., B.E. ed El., osservando che: il decreto impugnato era stato emesso correttamente a seguito di un lungo percorso – dettagliatamente descritto – con adeguata motivazione; le risultanze istruttorie avevano giustificato il mancato affidamento dei figli ad Bo.El., zia dei minori, per la sfavorevole valutazione operata dai Servizi attivati; che la c.t.u. nominata nel secondo grado aveva espresso giudizio sfavorevole, all’esito degli incontri e dei test eseguiti; il P., a seguito della grave crisi familiare e alla luce dell’incapacità dimostrata, sua e della moglie, di preservare la serenità dei figli, aveva costantemente mantenuto un atteggiamento diffidente e fortemente oppositivo nei confronti degli operatori dei Servizi sociali e del centro “*****”, spingendosi ad effettuare indebitamente riprese audio-visive dei figli minorenni all’interno della casa-famiglia per poi riversarle sui media della rete, e sottraendoli costantemente ad ogni coinvolgimento nel percorso di recupero dell’equilibrato esercizio della genitorialità, rifiutandosi di fatto di concludere gli incontri presso il suddetto centro, impedendo così l’avvio di un programma concordato; dalla c.t.u. si desumeva che il P. si era sottratto anche alla analisi anamnestica e ai test, manifestando noncuranza nei confronti dei figli e una mancata consapevolezza del ruolo di padre, una totale carenza nella funzione protettiva e nelle capacità critiche; i figli avevano ribadito la volontà di non frequentare il padre a causa del suo atteggiamento intrusivo; riguardo alla pubblicazione delle riprese audiovisive dei figli effettuate dal padre successivamente all’adozione, da parte del Tribunale, del primo provvedimento relativo al loro collocamento, era insorta la necessità di adottare d’ufficio, ex art. 709ter c.p.c., un provvedimento a tutela dei minori diretto a preservarli dalle ingerenze illecite nella loro vita privata e nella loro sfera di riservatezza che erano stati lesi da tale fatto, consistente nell’ammonire il P., ordinandogli l’immediata rimozione di tali immagini da ogni sito della rete, affidando al tutore l’incarico di sorvegliare l’avvenuta esecuzione dell’ordine; dalla c.t.u. si desumeva altresì la conferma dell’inadeguatezza della madre dei minori, B.E., circa la responsabilità genitoriale, in quanto dai test era emersa una sua condizione di squilibrio emotivo-affettivo caratterizzato da una sostanziale chiusura ed instabilità di base, derivante da un assetto personologico estremamente povero e improntato a uno scambio emotivo povero e limitato; la c.t.u. aveva evidenziato che nessuno dei genitori presentava disponibilità mentale a svolgere percorsi individuali di psicoterapia necessari per capire le loro mancanze, anche sul piano genitoriale, ritenendo che la migliore condizione dei minori fosse il collocamento all’interno della famiglia affidataria; in definitiva, l’imponente compendio istruttorio acquisito attraverso le annotazioni dei carabinieri, le relazioni dei Servizi sociali, le verbalizzazioni degli incontri dei minori da parte dei giudici onorari delegati dal Tribunale, le plurime consulenze psicodiagnostiche, aveva comprovato l’impossibilità di attuare un programma di aiuto alla genitorialità per la descritta condotta dei genitori; anche dall’ultimo ascolto di due minori da parte della c.t.u. era emerso il difficile vissuto all’interno del nucleo familiare, manifestando altresì i progressi personali conseguiti al loro allontanamento.

P.G. ricorre in cassazione con cinque motivi. Non si sono costituite le parti intimate.

RITENUTO

CHE:

Il primo motivo denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per aver la Corte d’appello pronunciato oltre i limiti della domanda senza una revoca parziale del decreto del Tribunale per i minori e in mancanza di richiesta delle parti processuali Pubblico Ministero e il tutore dei minori).

Il secondo motivo denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia sui motivi del reclamo, con specifico riguardo alla richiesta d’individuare i fatti relativi alla ritenuta “scarsa igiene” dei bambini, all’addebito di aver lasciato i figli da soli a casa, e al contenuto della successiva istruttoria sull’incapacità genitoriale.

Il terzo motivo denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost., comma 6, per aver la Corte d’appello adottato una motivazione apparente, avendo essa recepito le relazioni dei Servizi sociali e degli assistenti sociali.

Il quarto motivo denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 166 c.p.c., per aver la Corte d’appello deciso recependo acriticamente la c.t.u. avallandone le risultanze contraddittorie o meramente predittive e non tenendo comunque conto di alcuni fatti positivi, emergenti dalla stessa c.t.u., per la valutazione del ricorrente.

Il quinto motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 330 e 333 c.c., art. 8 Cedu, per non aver la Corte d’appello indicato condotte del ricorrente integranti la gravità legittimante la decadenza dalla responsabilità genitoriale.

Il ricorso è inammissibile.

Circa il primo motivo, in ordine all’asserito vizio d’ultrapetizione, il ricorrente lamenta che la Corte territoriale ha sospeso gli incontri fra i genitori ed i figli affidati senza una revoca parziale del decreto del Tribunale per i minori e in mancanza di una richiesta delle parti. la doglianza è inammissibile poiché non coglie la ratio decidendi. Al riguardo, va osservato che la Corte d’appello ha evidenziato di aver adottato un provvedimento d’ufficio, ex art. 709ter c.p.c., a tutela dei minori – diretto a preservarli dalle ingerenze illecite nella loro vita privata e nella loro sfera di riservatezza che erano state lese dalla condotta del ricorrente il quale aveva effettuato riprese-video dei figli – consistente nell’ammonire il P., ordinandogli l’immediata rimozione delle immagini video-riprese da ogni sito della rete, affidando al tutore l’incarico di sorvegliare l’avvenuta esecuzione di quanto disposto.

Il secondo motivo è inammissibile, in quanto diretto al riesame dei fatti, avendo la Corte d’appello provveduto all’esito di una complessa attività istruttoria basata su vari elementi, quali: una c.t.u., relazioni dei Servizi sociali, una relazione del “Centro *****” redatta da quattro psicologi, le verbalizzazioni degli incontri con i minori da parte dei giudici onorari delegati dal Tribunale per i minorenni e le annotazioni di servizio dei carabinieri.

Il terzo e quarto motivo, esaminabili congiuntamente poiché tra loro connessi, sono inammissibili. Invero, la Corte territoriale, contrariamente a quanto lamentato dal ricorrente, ha fondato il decreto impugnato anche sulla base di una c.t.u., e di una relazione redatta da quattro psicologi del suddetto “Centro *****”, condividendone espressamente il contenuto, ritenuto del tutto coerente con i dati oggettivamente riscontrati. In particolare, la Corte d’appello ha altresì affermato che le critiche alle c.t.u. erano infondate, in quanto le varie consulenze psico-diagnostiche avevano sempre attestato l’impossibilità di attuare un programma di aiuto alla genitorialità per l’opposizione del ricorrente e per la negligenza della B., in entrambi i casi dovuti a loro serie problematiche psico-caratteriali.

Il quinto motivo è parimenti inammissibile, in quanto il decreto impugnato ha chiaramente ed in maniera esaustiva indicato le varie condotte ascritte al ricorrente che hanno legittimato la decisione adottata, anche sulla base delle suddette c.t.u.

Nulla per le spese, non essendo costituite le parti intimate.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

In caso di diffusione del presente provvedimento, dispone che siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 18 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2022

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