LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIA Lucia – Presidente –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –
Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 6082-2020 proposto da:
A.M., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MARCO CAVICCHIOLI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1072/2019 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 25/06/2019 R.G.N. 658/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camers di consiglio del 24/11/2021 dal Consigliere Dott. CARLA PONTERIO.
RILEVATO
che:
1. La Corte d’appello di Torino ha respinto l’appello proposto da A.M., cittadino del Pakistan, avverso l’ordinanza del Tribunale che, confermando il provvedimento emesso dalla competente Commissione Territoriale, aveva negato il riconoscimento della protezione internazionale e umanitaria.
2. Il richiedente aveva allegato di essere fuggito dal Pakistan a causa delle minacce subite dai suoi creditori; che aveva presentato denuncia alla polizia ma aveva poi desistito a causa di tali minacce ed anche perché i suoi creditori erano persone in grado di corrompere la polizia.
3. La Corte d’appello ha condiviso la decisione del Tribunale di insussistenza del rischio di persecuzione e di danno grave, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b). Ha negato i presupposti per la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), sul rilievo che, in base alle fonti internazionali consultate, la zona di provenienza del richiedente (il *****) risultasse esposta ad una violenza più limitata rispetto ad altre zone del paese e che quindi, nonostante una situazione di instabilità politica, non vi fosse prova del quid pluris costituito da una vera e propria violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale. Ha parimenti negato la protezione umanitaria sostenendo che le ragioni di carattere umanitario rilevanti ai fini del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, devono essere connotate da eccezionalità e straordinarietà; inoltre, che l’inserimento sociale e lavorativo del richiedente rappresenta solo un elemento che concorre nella valutazione della condizione di vulnerabilità, legata al rischio del ricorrente di essere reimmesso in un contesto sociale e ambientale del paese d’origine di grave compromissione dei diritti fondamentali.
4. Avverso tale sentenza il richiedente la protezione ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
5. Il Ministero dell’Interno si è costituito al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.
CONSIDERATO
che:
6. Con il primo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, nonché omesso esame della provenienza del richiedente dalla regione del Nord *****, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
7. Parte ricorrente assume che la Corte di merito non abbia considerato che il ricorrente proviene dalla Provincia di *****, situata nella parte settentrionale del nord *****, al confine con l'*****, territorio quest’ultimo conteso tra Pakistan, India e Cina e teatro di un conflitto bellico a bassa intensità che dura da oltre 40 anni. Rileva che il Pakistan ha una superficie di 900.000 km quadrati e lo stato del ***** una superficie di oltre 200.000 km quadrati e che le fonti riportate nella sentenza impugnata e focalizzate in generale sull’intero Pakistan e sull’intero Stato del ***** non consentono di ritenere espletata un’istruttoria corrispondente ai criteri indicati dall’art. 8, comma 3, cit., che deve invece riguardare specificamente la zona di provenienza del richiedente la protezione internazionale.
8. Il motivo è inammissibile in quanto il ricorrente non allega di avere, nei precedenti gradi di giudizio, dedotto la specifica condizione di rischio alla quale egli era esposto in quanto proveniente dalla provincia situata al confine con l'***** e neppure individualizza in maniera concreta e dettagliata la condizione di rischio posta a base della censura in esame.
9. Col secondo motivo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione dell’art. 183 c.p.c., comma 8, e dell’art. 115 c.p.c., in riferimento alle domande di riconoscimento della protezione sussidiaria e umanitaria.
10. Il ricorrente sostiene che la Corte di merito abbia escluso l’esistenza, nel paese di provenienza, di una situazione di violenza generalizzata sussumibile nell’ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), non solo utilizzando fonti non corrispondenti ai criteri di cui all’art. 8, comma 3 cit., ma anche senza sottoporre gli elementi probatori acquisiti d’ufficio al contraddittorio delle parti; ciò ha impedito all’appellante di far rilevare la genericità delle informazioni raccolte poiché non relative alla sua specifica zona di provenienza.
11. Il motivo è infondato. Questa S.C. ha chiarito che, in tema di protezione internazionale, l’omessa sottoposizione al contraddittorio delle COI (“country of origin information”) assunte d’ufficio dal giudice ad integrazione del racconto del richiedente, non lede il diritto di difesa di quest’ultimo, poiché in tal caso l’attività di cooperazione istruttoria è integrativa dell’inerzia della parte e non ne diminuisce le garanzie processuali, a condizione che il tribunale renda palese nella motivazione a quali informazioni abbia fatto riferimento, al fine di consentirne l’eventuale critica in sede di impugnazione. Sussiste, invece, una violazione del diritto di difesa del richiedente denunciabile nel giudizio di cassazione quando costui abbia esplicitamente indicato le COI, ma il giudice ne abbia utilizzato altre, di fonte diversa o più aggiornate, che depongano in senso opposto a quelle offerte dal ricorrente, senza prima sottoporle al contraddittorio, sempre che la censura sia formulata in modo conforme al principio di specificità dei motivi di ricorso per cassazione ed indichi in quale modo l’omessa conoscenza delle COI da parte del richiedente abbia inficiato il giudizio conclusivo del giudice (Cass. n. 29056 del 2019 e n. 899 del 2021).
12. Col terzo motivo si addebita alla sentenza d’appello la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonché omesso esame di fatti decisivi per il giudizio già oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
13. Si sostiene che la Corte di merito abbia omesso di indagare sulle condizioni di pericolo per la popolazione civile esistenti nella zona di provenienza del richiedente, Nord del *****, rilevanti anche ai fini della protezione umanitaria; inoltre, che pur dando atto del livello di integrazione sociale e lavorativa raggiunto dal richiedente, ha negato la protezione umanitaria sul rilievo che mancasse la prova di una condizione di vulnerabilità concernente beni primari della vita, ritenendo non sufficiente ad integrare la condizione di vulnerabilità il generalizzato pericolo a cui, in quei territori, è esposta la popolazione civile.
14. Il motivo è inammissibile per le stesse ragioni già esposte a proposito del primo motivo, quanto alla individualizzazione del pericolo in riferimento alla specifica zona di provenienza.
15. Per le considerazioni esposte il ricorso deve essere respinto.
16. Nulla va disposto sulle spese atteso che il Ministero non ha svolto attività difensiva.
17. Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Nulla in ordine alle spese del presente giudizio.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 24 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2022