Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.846 del 12/01/2022

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16946/2017 proposto da:

M.C., elettivamente domiciliato in Roma, Corso Vittorio Emanuele II n. 326, presso lo studio dell’avvocato Scognamiglio Renato, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati Angotti Gerolamo, Scognamiglio Claudio, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

N.L., elettivamente domiciliata in Roma, Via Paolo Albera 33, presso lo studio dell’avvocato Anna Lisi, che la rappresenta e difende, giusta procura in calce alla costituzione di nuovo difensore;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, del 27/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/12/2021 dal cons. Dott. GIULIA IOFRIDA.

RILEVATO

CHE:

Il Tribunale di Roma, con decreto del febbraio 2016, rigettò integralmente il ricorso proposto da M.C. nei confronti della moglie N.L. per ottenere la modifica delle condizioni economiche della loro separazione personale, definite con sentenza d’appello del *****, che aveva posto a carico del ricorrente l’obbligo di corrispondere Euro 2.500,00 mensili per il mantenimento della coniuge, assegnataria della casa coniugale, ed Euro 1.500,00 mensili per il mantenimento del figlio A., convivente con la madre e maggiorenne, ma ritenuto non autosufficiente perché affetto da patologia invalidante.

Il reclamo proposto da M. contro la decisione è stato accolto solo in parte dalla Corte d’appello di Roma che, revocato a far data dal 1.2.2015 l’obbligo del reclamante di contribuzione al mantenimento del figlio e revocata, conseguentemente, anche l’assegnazione alla N. della casa coniugale, ha respinto il gravame in punto di revoca o riduzione dell’assegno di mantenimento disposto in favore di quest’ultima.

La corte del merito ha escluso che M. avesse provato il dedotto peggioramento delle sue condizioni economiche rispetto all’epoca della separazione; in particolare, ha ritenuto che detto peggioramento non potesse desumersi dal mero fatto che nel 2013 era stata convocata un’assemblea della società di costruzioni Geobeton s.r.l., di cui il reclamante era amministratore unico e socio al 90%, per deliberarne la messa in liquidazione o la ricapitalizzazione, a seguito dell’azzeramento del capitale sociale per perdite, posto che: i) l’attività imprenditoriale gli aveva assicurato consistenti proventi negli anni pregressi, consentendogli di acquisire un ingente patrimonio immobiliare che, pur se oggetto di diverse procedure esecutive, intentate tutte dalla N., aveva un notevole valore; ii) non era stato prodotto alcun bilancio di liquidazione di Geosonda, che era proprietaria di un immobile ed alla data del 31.12.2012 vantava crediti per Euro 750.000; iii) era comunque poco plausibile che M. avesse completamente cessato la propria attività, che presumibilmente continuava a svolgere tramite prestanome, come poteva desumersi dalla cessione a titolo gratuito” delle quote di altra società da lui posseduta a terzi (fra cui la nuova compagna, madre della sua terza figlia) e dal contratto di comodato avente ad oggetto un immobile adibito a resort e centro benessere; iv) non v’era motivo per ritenere, in assenza di riscontri in ordine alle capacità reddituali della madre, che gli obblighi di mantenimento della terza figlia incidessero in maniera significativa sull’assetto economico del reclamante; ha aggiunto che le circostanze addotte da quest’ultimo a sostegno del preteso miglioramento delle condizioni economiche della moglie erano sfornite di prova.

M.C. propone ricorso per la cassazione del suddetto decreto, affidato ad un motivo. N.L. resiste con controricorso illustrato da memoria.

CONSIDERATO

CHE:

1. Il ricorrente denuncia, con l’unico motivo, la violazione o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, degli artt. 143, 156, 2697 c.c. e artt. 115 e 710 c.p.c. e dei principi in tema di revisione dell’assegno di mantenimento nella separazione personale dei coniugi.

Lamenta che la corte del merito abbia escluso la ricorrenza dei presupposti per la modifica dell’assegno senza dargli la possibilità di provare il miglioramento delle condizioni economiche della moglie, la quale, dopo aver sottoposto a sequestro l’intero suo patrimonio, ha anche pignorato tutti i suoi immobili e perfino la pensione di cui gode.

2. Il ricorso è inammissibile.

Va in primo luogo rilevato che, pur se il mezzo è rubricato (anche) ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, le censure in esso dedotte non attengono all’errata interpretazione o applicazione da parte della corte distrettuale delle norme di cui è denunciata la violazione, ma, senza neppure far cenno ai presupposti in base ai quale era stata fissata l’entità dell’assegno di mantenimento nel giudizio di separazione personale, sono volte unicamente a porre in discussione l’apprezzamento in fatto delle risultanze di causa compiuto dalla corte del merito, non sindacabile nella presente sede di legittimità, salvo che nei ristretti limiti contemplati dal cit. art. 360, comma 1, n. 5.

Esaminato poi sotto il profilo del vizio di motivazione, il ricorso difetta totalmente del requisito della specificità, in quanto, lungi dall’indicare il fatto decisivo omesso, oggetto di discussione fra le parti, che, ove considerato, avrebbe condotto ad un diverso esito della decisione (Cass. Sez. U., 07/04/2014, nn. 8053 e 8054), lamenta in via totalmente generica la mancata ammissione di mezzi istruttori di cui il decreto impugnato non fa menzione (indagini di Polizia Tributaria e prove per testi), senza indicare in quale esatta sede processuale siano stati richiesti, senza richiamare l’esatto contenuto dei capitoli di prova testimoniale e senza chiarire la rilevanza degli stessi né la finalità delle indagini.

Quanto alla pretesa violazione dell’art. 115 c.p.c. e art. 2697 c.c., questa Corte ha già affermato (Cass. 27000/2016) che “in tema di ricorso per cassazione, una questione di violazione o di falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma, rispettivamente, solo allorché si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione”.

Inammissibili, infine, sono pure le doglianze relative alla mancata revoca del sequestro ed all’indebita estensione dei pignoramenti su tutti i beni del ricorrente: la prima perché attinente a provvedimento cautelare, non decisorio e non definitivo; le seconde perché estranee al thema decidendum (la corte d’appello si è limitata a dare atto che, stante il perdurante inadempimento del M. agli obblighi posti a suo carico dalla sentenza di separazione, non ricorrevano i presupposti per revocare l’ordine di addebito diretto a carico dell’ente erogatore della pensione), dovendo essere proposte nell’ambito dei giudizi (ove pendenti) di accertamento del quantum eventualmente ancora dovuto dal ricorrente alla moglie in forza del predetto titolo giudiziale, rimasto immodificato.

3. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso va dichiarato inammissibile. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 5.000,00 per compensi ed in Euro 200,00 per esborsi, nonché al rimborso forfettario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52 dispone che, in caso di diffusione del presente provvedimento, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi delle parti e degli altri soggetti in esso menzionati.

Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2022

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472