Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.855 del 12/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8602-2020 proposto da:

A.H., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL CASALE STROZZI 31, presso lo studio dell’avvocato LAURA BARBERIO, rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO TARTINI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI VERONA SEZIONE DI TREVISO, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 3342/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 16/08/2019 R.G.N. 3512/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/12/2021 dal Consigliere Dott. ELENA BOGHETICH.

RILEVATO

che:

1. La Corte di appello di Venezia con sentenza n. 3342/2019, ha respinto il ricorso proposto da A.H., cittadino della Nigeria (*****), avverso il provvedimento con il quale il locale Tribunale ha respinto il ricorso del richiedente avverso il provvedimento della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di rigetto della sua domanda volta in via gradata al riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria;

2. la Corte territoriale, per quel che qui interessa, precisa che:

a) il racconto del richiedente – fuggito dal proprio Paese per il timore di essere ucciso da un candidato del proprio partito politico (*****) per il quale aveva sostenuto ed organizzato la campagna elettorale del 2012, essendosi rifiutato di fare l’autista per i sicari dell’antagonista politico e non avendo restituito le somme usate per la campagna elettorale – non è credibile in quanto contraddittorio, scarsamente circostanziato, generico con riguardo al leader politico e alle elezioni politiche, a differenza della puntigliosità con cui altri episodi sono stati riferiti;

b) le circostanze riportate non consentono di concedere lo status di rifugiato né la protezione sussidiaria, tanto più che nell'***** della Nigeria (da cui proviene il richiedente e dove ha sempre vissuto) non vi sono situazioni di violenza indiscriminata o di conflitto armato come emerge dalle fonti informative (numerose fonti citate, tra cui rapporto ***** novembre 2018 e febbraio 2019);

c) infine, non può concedersi la protezione umanitaria perché non sono state allegate o documentate dal ricorrente particolari condizioni di vulnerabilità per motivi personali o di salute;

3. il ricorso di A.H. chiede la cassazione del suddetto provvedimento per cinque motivi;

4. il Ministero dell’Interno intimato non ha resistito con controricorso, ma ha depositato atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ultimo alinea, cui non ha fatto seguito alcuna attività difensiva.

CONSIDERATO

che:

1. preliminarmente, il ricorrente propone questione di legittimità costituzionale della L. n. 98 del 2013, artt. 62-72, riguardante l’istituzione dei giudici ausiliari delle Corti di appello, in relazione agli artt. 3,25,102,106,11 Cost., con le medesime argomentazioni spese dalle ordinanze n. 32032 e n. 32033 del 2019 della di Cassazione;

2. con il primo motivo si denunzia violazione artt. 25 e 102 Cost., art. 158 c.p.c., R.D. n. 12 del 1941, art. 110, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, considerata la nullità del provvedimento impugnato in quanto emesso da un collegio (composto da anche da un giudice ausiliario) formato sulla base di un provvedimento organizzativo del Presidente della Corte di appello di Venezia non approvato dal Consiglio Superiore della magistratura;

3. con il secondo ed il terzo motivo (tutti raggruppati sotto la rubrica “mancato esame delle prove documentali prodotte, mancata verifica della genuinità delle stesse, mancata acquisizione di altri riscontri documentali) si deduce violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, nonché omesso esame di un fatto decisivo avendo, la Corte territoriale, trascurato di valutare i documenti prodotti (copia di un quotidiano nigeriano che dava notizia della sua vicenda personale, copia della denuncia presentata alla stazione di Polizia di *****, certificato di morte del fratello) e avendo omesso l’esercizio della collaborazione istruttoria;

3. con il quarto ed il quinto motivo (tutti raggruppati sotto la rubrica “mancata valutazione della situazione interna del Delta del Niger quale presupposto per il riconoscimento della protezione umanitaria”) si denunzia omesso esame di un fatto decisivo, violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 268 del 1998, art. 5, comma 6, avendo, la Corte territoriale, trascurato la situazione di conflitto persistente nell'***** quale profilo di vulnerabilità;

4. Preliminarmente, questa Corte, secondo un orientamento dal quale il Collegio non ritiene di discostarsi, ha affermato che è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione diretto unicamente a prospettare una questione di legittimità costituzionale di una norma non potendo essere configurato a riguardo un vizio del provvedimento impugnato idoneo a determinarne l’annullamento da parte della Corte. E’ infatti riservata al potere decisorio del giudice la facoltà di sollevare o meno la questione dinanzi alla Corte costituzionale ben potendo la stessa essere sempre proposta, o riproposta, dall’interessato, oltre che prospettata d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, purché essa risulti rilevante, oltre che non manifestamente infondata, in connessione con la decisione di questioni sostanziali o processuali ritualmente dedotte nel processo (Cass. n. 14666 del 2020);

4.1. In ogni caso, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 41 del 2021, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale compresi nella L. n. 98 del 2013, artt. da 62 a 72, “nella parte in cui non prevedono che essi si applichino fino a quando non verrà completato il riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria nei tempi stabiliti dal D.Lgs. 13 luglio 2017, n. 116, art. 32,” (Riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace, nonché disciplina transitoria relativa ai magistrati onorari in servizio, a norma della L. 28 aprile 2016, n. 57). E’ stata così riconosciuta alla normativa in esame una temporanea tollerabilità costituzionale, sicché nell’indicato periodo di tempo rimane legittima la costituzione dei collegi delle corti d’appello con la partecipazione di non più di un giudice ausiliario a collegio e nel rispetto di tutte le altre disposizioni che garantiscono l’indipendenza e la terzietà anche di questo magistrato onorario. La sollecitazione di parte ricorrente sulla questione di legittimità costituzionale non può quindi trovare accoglimento (vedi, per tutte: Cass. n. 23208 del 2021 e Cass. n. 34710 del 2021).

4.2. il primo motivo di ricorso non è fondato, avendo questa Corte già affermato, secondo statuizione condivida da questo Collegio, che in tema di costituzione del giudice competente in materia di protezione internazionale, la circostanza che la causa sia stata decisa dal collegio con la partecipazione di un magistrato applicato in forza di un apposito provvedimento organizzativo non approvato dal Consiglio Superiore della Magistratura, non comporta la nullità della decisione, sia perché il magistrato applicato non può essere considerato persona estranea all’ufficio e non investita della funzione esercitata, sia perché l’art. 156 c.p.c., prevede che la nullità di un atto per inosservanza di forma non può essere pronunciata in assenza di espressa comminatoria di legge; né rileva la mancata approvazione del provvedimento da parte del C.S.M., posta la natura esecutiva e non retroattiva della pronuncia dell’organo di autogoverno (Cass. n. 10964 del 2021);

5. il secondo ed il terzo motivo sono inammissibili;

5.1. questa Corte ha recentemente ribadito che il motivo di ricorso per cassazione che mira a contrastare l’apprezzamento del giudice di merito in ordine alle c.d. fonti privilegiate deve evidenziare, mediante riscontri precisi ed univoci, che le informazioni sulla cui base è stata assunta la decisione, in violazione del dovere di collaborazione istruttoria, sono state oggettivamente travisate o superate da altre più aggiornate, ovvero ricavate da COI non idonee, in quanto non comprese tra quelle previste dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, (cfr. da ultimo Cass. n. 19919 del 2021);

5.2. va, inoltre, rammentato che secondo l’orientamento espresso dalle Sezioni Unite (sentenza n. 8053 del 2014) e dalle successive pronunce conformi (cfr. Cass.n. 27325 del 2017; Cass. n. 9749 del 2016), l’omesso esame deve riguardare un fatto, inteso nella sua accezione storico-fenomenica, principale (ossia costitutivo, impeditivo, estintivo o modificativo del diritto azionato) o secondario (cioè dedotto in funzione probatoria), la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali e che abbia carattere decisivo; l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. Sez. U, n. 8053 del 2014);

5.3. in specie, la Corte territoriale ha analiticamente e profusamente analizzato tutte le vicende narrate dal richiedente avanti la Commissione territoriale, il Tribunale e in sede di appello pervenendo ad una valutazione, condotta secondo una valutazione complessiva ed unitaria di non credibilità del narrato; ha, inoltre, posto a base della decisione valutazioni supportate da fonti internazionali attendibili ed aggiornate, illustrando la situazione sociale, politica ed economica del Pese di espatrio, anche tenendo conto dei fattori di instabilità che si assume attraversino, in questo anni, la Nigeria; trattasi, per sua propria natura, di una valutazione di fatto, in quanto tale rimessa all’apprezzamento del giudice del merito; di conseguenza, la relativa valutazione non risulta sindacabile nel giudizio di legittimità, se non nei ristretti limiti della non ragionevolezza o non plausibilità della motivazione addotta, che non ricorrono nel caso di specie, mentre le fonti citate dal ricorrente (meno aggiornate di quelle consultate dalla Corte territoriale) non evidenziano alcuna specifica ed ulteriore criticità concernente la situazione sociale della Nigeria e dell'*****, limitandosi – il ricorso – a trascrivere notizie stereotipate e generiche sul paese di provenienza del richiedente;

6. il quarto ed il quinto motivo sono inammissibili;

6.1. in materia di protezione umanitaria, da ultimo, le Sezioni Unite di questa Corte (n. 24413 del 2021) hanno statuito che, in base alla normativa del T.U. Immigrazione anteriore alle modifiche introdotte dal D.L. n. 113 del 2018, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, occorre operare una valutazione comparativa della situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al Paese d’origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta in Italia. Tale valutazione comparativa dovrà essere svolta attribuendo alla condizione soggettiva e oggettiva del richiedente nel Paese d’origine un peso tanto minore quanto maggiore risulti il grado di integrazione che il richiedente dimostri di aver raggiunto nel tessuto sociale italiano. Situazioni di deprivazione dei diritti umani di particolare gravità nel Paese d’origine possono fondare il diritto del richiedente alla protezione umanitaria anche in assenza di un apprezzabile livello di integrazione del medesimo in Italia. Per contro, quando si accerti che tale livello sia stato raggiunto, se il ritorno in Paesi d’origine rende probabile un significativo scadimento delle condizioni di vita privata e/o familiare, sì da recare un vulnus al diritto riconosciuto dalla Convenzione EDU, art. 8, sussiste un serio motivo di carattere umanitario, ai sensi dell’art. 5 T.U. cit., per riconoscere il permesso di soggiorno;

6.2. la Corte territoriale ha escluso profili di particolare vulnerabilità del richiedente e pur ritenendo, erroneamente, insufficiente il mancato deposito delle buste paga del richiedente (a fronte di un accertato contratto di lavoro), il ricorso, sul punto, va dichiarato inammissibile a fronte della generiche e stereotipate deduzioni contenute in ricorso, che espongono il conflitto persistente nell'***** senza illustrare alcun specifico motivo di vulnerabilità che si determinerebbe all’esito del rientro del richiedente nel paese di origine (sulla necessità che la condizione di “vulnerabilità” del richiedente sia verificata caso per caso, all’esito di una valutazione individuale della sua vita privata in Italia da compararsi alla situazione personale vissuta prima della partenza e a quella alla quale si troverebbe esposto in ipotesi di rimpatrio, Cass. n. 21522 del 2021);

7. in conclusione, il ricorso è inammissibile; alla reiezione del ricorso, non consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali di questa fase, non avendo l’intimato svolto attività difensive;

8. sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (legge di stabilità 2013) pari a quello – ove dovuto – per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese del presente giudizio di cassazione. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 20012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 22 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2022

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