LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIA Lucia – Presidente –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –
Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –
Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 8604-2020 proposto da:
I.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL CASALE STROZZI 31, presso lo studio dell’avvocato LAURA BARBERIO, rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO TARTINI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI TREVISO, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;
– resistente con mandato –
avverso la sentenza n. 3260/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 05/08/2019 R.G.N. 2635/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/12/2021 dal Consigliere Dott. ELENA BOGHETICH.
RILEVATO
che:
1. La Corte di appello di Venezia con sentenza n. 3260/2019, ha respinto il ricorso proposto da I.F., cittadino del Pakistan (provincia del *****), avverso il provvedimento con il quale la Commissione territoriale, e poi il Tribunale, avevano rigettato le istanze volte in via gradata al riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria;
2. la Corte territoriale, per quel che qui interessa, precisa che:
a) il racconto del richiedente – fuggito dal proprio Paese perché perseguitato per motivi religiosi – non è credibile in quanto del tutto generico, scarsamente circostanziato, privo delle ragioni poste a base della ritenuta persecuzione né integrato da elementi più specifici con il ricorso in sede di appello, Tribunale avesse evidenziato tali alla luce dell’interrogatorio richiedente;
b) le circostanze riportate non consentono di concedere lo status di rifugiato né la protezione sussidiaria, tanto più che nel ***** (da cui proviene il richiedente e dove ha sempre vissuto) non vi sono situazioni di violenza indiscriminata o di conflitto armato come emerge dalle fonti informative (numerose fonti citate, tra cui rapporto ***** 2017, ottobre 2018, rapporto ***** febbraio 2018, rapporto ***** giugno 2018) e le contese religiose tra la maggioranza sunnita e le altre minoranze (indù, cristiani, sciiti, movimento *****) sono migliorate negli ultimi anni e le violenze ridotte;
c) infine, non può concedersi la protezione umanitaria perché non sono state allegate o documentate dal ricorrente particolari condizioni di vulnerabilità per motivi personali o di salute e l’inserimento sociale (rappresentato dalla stipulazione di un contratto a tempo indeterminato) non costituisce un presupposto esclusivo;
3. il ricorso di I.F. chiede la cassazione del suddetto provvedimento per sette motivi;
4. il Ministero dell’Interno intimato non ha resistito con controricorso, ma ha depositato atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, u.c., cui non ha fatto seguito alcuna attività difensiva;
CONSIDERATO
che:
1. preliminarmente, il ricorrente propone questione di legittimità costituzionale della L. n. 98 del 2013, artt. 62-72, riguardante l’istituzione dei giudici ausiliari delle corti di appello, in relazione agli artt. 3,25,102,106,11 Cost., con le medesime argomentazioni spese dalle ordinanze n. 32032 e n. 32033 del 2019 della Corte di Cassazione;
2. con il primo motivo si denunzia violazione degli artt. 25 e 102 Cost., art. 158 c.p.c., R.D. n. 12 del 1941, art. 110, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, considerata la nullità del provvedimento impugnato in quanto emesso da un collegio (composto da anche da un giudice ausiliario) formato sulla base di un provvedimento organizzativo del Presidente della Corte di appello di Venezia non approvato dal Consiglio Superiore della magistratura;
3. con il secondo, il terzo ed il quarto motivo (tutti raggruppati sotto la rubrica “dedotta non credibilità della vicenda personale”) si denuncia mera apparenza, inesistenza della motivazione, omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti, violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, e art. 35 bis, n. 9, essendo mancato l’esercizio dell’obbligo di cooperazione del giudice di merito, avendo, la Corte territoriale, trascurato la vicenda personale del richiedente (appartenente al servizio d’ordine addetto a controllare gli ingressi al luogo di culto sciita e destinatario di ritorsione a seguito di sua iniziativa di fermare due persone sospette in detto luogo) nonché la situazione di conflitto tra sunniti e sciiti nel paese di provenienza;
3. con il quinto, sesto e settimo motivo (tutti raggruppati sotto la rubrica “situazione interna del paese d’origine quale presupposto per il riconoscimento della protezione umanitaria”) si denunzia omesso esame di un fatto decisivo, violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 268 del 1998, art. 5, comma 6, avendo, la Corte territoriale, trascurato la situazione di conflitto persistente nel Pakistan e nel ***** quale profilo di vulnerabilità;
4. preliminarmente, questa Corte, secondo un orientamento dal quale il Collegio non ritiene di discostarsi, ha affermato che è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione diretto unicamente a prospettare una questione di legittimità costituzionale di una norma non potendo essere configurato a riguardo un vizio del provvedimento impugnato idoneo a determinarne l’annullamento da parte della Corte. E’ infatti riservata al potere decisorio del giudice la facoltà di sollevare o meno la questione dinanzi alla Corte costituzionale ben potendo la stessa essere sempre proposta, o riproposta, dall’interessato, oltre prospettata d’ufficio, in ogni stato e grado giudizio, purché essa risulti rilevante, oltre non manifestamente infondata, in connessione con la decisione di questioni sostanziali o processuali ritualmente dedotte nel processo (Cass. n. 14666 del 2020);
4.1. in ogni caso, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 41 del 2021, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale compresa nella L. n. 98 del 2013, artt. da 62 a 72 , “nella parte in cui non prevedono che essi si applichino fino a quando non verrà completato il riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria nei tempi stabiliti dal D.Lgs. 13 luglio 2017, n. 116, art. 32,” (Riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace, nonché disciplina transitoria relativa ai magistrati onorari in servizio, a norma della L. 28 aprile 2016, n. 57). E’ stata così riconosciuta alla normativa in esame una temporanea tollerabilità costituzionale, sicché nell’indicato periodo di tempo rimane legittima la costituzione dei collegi delle Corti d’appello con la partecipazione di non più di un giudice ausiliario a collegio e nel rispetto di tutte le altre disposizioni che garantiscono l’indipendenza e la terzietà anche di questo magistrato onorario. La sollecitazione di parte ricorrente sulla questione di legittimità costituzionale non può quindi trovare accoglimento (vedi, per tutte: Cass. n. 23208 del 2021 e Cass. n. 34710 del 2021);
4.2. il primo motivo di ricorso non è fondato, avendo questa Corte già affermato, secondo statuizione condivida da questo Collegio, che in tema di costituzione del giudice competente in materia di protezione internazionale, la circostanza che la causa sia stata decisa dal collegio con la partecipazione di un magistrato applicato in forza di un apposito provvedimento organizzativo non approvato dal Consiglio Superiore della Magistratura, non comporta la nullità della decisione, sia perché il magistrato applicato non può essere considerato persona estranea all’ufficio e non investita della funzione esercitata, sia perché l’art. 156 c.p.c., prevede che la nullità di un atto per inosservanza di forma non può essere pronunciata in assenza di espressa comminatoria di legge; né rileva la mancata approvazione del provvedimento da parte del C.S.M., posta la natura esecutiva e non retroattiva della pronuncia dell’organo di autogoverno (Cass. n. 10964 del 2021);
5. il secondo, il terzo ed il quarto motivo di ricorso sono inammissibili;
5.1. questa Corte ha recentemente ribadito che il motivo di ricorso per cassazione che mira a contrastare l’apprezzamento del giudice di merito in ordine alle c.d. fonti privilegiate deve evidenziare, mediante riscontri precisi ed univoci, che le informazioni sulla cui base è stata assunta la decisione, in violazione del dovere di collaborazione istruttoria, sono state oggettivamente travisate o superate da altre più aggiornate, ovvero ricavate da COI non idonee, in quanto non comprese tra quelle previste dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, (cfr. da ultimo Cass. n. 19919 del 2021);
5.2. in specie, la Corte territoriale ha analizzato la vicenda narrata dal richiedente avanti la Commissione territoriale, il Tribunale e in sede di appello, riconducendola ai conflitti tra maggioranza religiosa musulmana e minoranza sciita pervenendo ad una valutazione di insussistenza dei requisiti per la concessione della protezione internazionale, ponendo a base della decisione valutazioni supportate da fonti internazionali attendibili ed aggiornate, illustrando la situazione sociale, politica ed economica del Pese di espatrio, anche tenendo conto dei fattori di instabilità che si assume attraversino, in questo anni, il Pakistan e dei fattori di miglioramento della situazione sociale sulla base di rapporti *****, ***** 2018-2019; trattasi, per sua propria natura, di una valutazione di fatto, in quanto tale rimessa all’apprezzamento del giudice del merito; di conseguenza, la relativa valutazione non risulta sindacabile nel giudizio di legittimità, se non nei ristretti limiti della non ragionevolezza o non plausibilità della motivazione addotta, che non ricorrono nel caso di specie, mentre le fonti citate dal ricorrente (rapporto ***** 2015) sono meno aggiornate di quelle consultate dalla Corte territoriale, la quale ha dato espressamente atto del miglioramento, in questi ultimi anni, della situazione di instabilità sociale del Pakistan;
6. il quinto, il sesto ed il settimo motivo sono fondati;
6.1. in materia di protezione umanitaria, da ultimo, le Sezioni Unite di questa Corte (n. 24413 del 2021) hanno statuito che, in base alla normativa del T.U. Immigrazione anteriore alle modifiche introdotte dal D.L. n. 113 del 2018, ai fini del riconoscimento della protezione comparativa della situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al Paese d’origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta in Italia; tale valutazione comparativa dovrà essere svolta attribuendo alla condizione soggettiva e oggettiva del richiedente nel Paese d’origine un peso tanto minore quanto maggiore risulti il grado di integrazione che il richiedente dimostri di aver raggiunto nel tessuto sociale italiano; situazioni di deprivazione dei diritti umani di particolare gravità nel Paese d’origine possono fondare il diritto del richiedente alla protezione umanitaria anche in assenza di un apprezzabile livello di integrazione del medesimo in Italia; per contro, quando si accerti che tale livello sia stato raggiunto, se il ritorno in Paesi d’origine rende probabile un significativo scadimento delle condizioni di vita privata e/o familiare, sì da recare un vulnus al diritto riconosciuto dalla Convenzione EDU, art. 8, sussiste un serio motivo di carattere umanitario, ai sensi dell’art. 5 T.U. cit., per riconoscere il permesso di soggiorno;
6.2. ebbene, a fronte di una apprezzabile grado di integrazione nel territorio italiano (la sentenza impugnata da atto che il richiedente ha un lavoro stabile, a seguito di un contratto a tempo indeterminato), la Corte territoriale era tenuta ai fini del permesso di soggiorno per motivi umanitari e sulla scorta delle recenti statuizioni delle Sezioni Unite di questa Corte – ad approfondire e circostanziare, in forza di un’iniziativa istruttoria ufficiosa, la condizione in caso di rimpatrio nonché il rischio di un abbandono a condizioni di vita non rispettose del nucleo minimo dei diritti della persona, al fine di effettuare una corretta valutazione comparativa che tenga conto della situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al Paese d’origine in raffronto alla rilevante situazione d’integrazione raggiunta in Italia;
7. in conclusione, vanno accolti il quinto, il sesto ed il settimo motivo di ricorso, inammissibili tutti gli altri motivi; la sentenza impugnata va cassata, con rinvio della causa alla Corte di appello di Trieste, in diversa composizione, che provvederà altresì alle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quinto, il sesto ed il settimo motivo di ricorso, inammissibili tutti gli altri motivi; la sentenza impugnata va cassata, con rinvio della causa alla Corte di appello di Venezia, in diversa composizione, che provvederà altresì alle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale della Sezione Lavoro, il 22 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2022