Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.861 del 12/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25892/2017 proposto da:

S.M., elettivamente domiciliato in Roma, Viale Maresciallo Pilsudski n. 118, presso lo studio dell’avvocato Zanacchi Luca, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Francini Giacomo, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

C.S., elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Gracchi n. 187, presso lo studio dell’avvocato Capasso Gennaro;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 92/2017 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, pubblicata il 02/08/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/12/2021 dalla cons. Dott. GIULIA IOFRIDA.

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Genova ha respinto l’appello di S.M. (in passato calciatore professionista, militante nella squadra del ***** all’inizio della causa, attività poi cessata nel *****), avverso la decisione di primo grado che, per ciò che nella presente sede ancora interessa, dato atto della sentenza parziale che aveva pronunciato la sua separazione personale dalla moglie C.S., all’esito di indagine tributaria a mezzo Guardia di Finanza e di consulenza tecnica contabile sulle capacità reddituali dei coniugi, aveva posto a carico dell’appellante un assegno di mantenimento Euro 2.500,00 mensili per ciascuno dei due figli della coppia, affidati in via esclusiva alla madre, assegnataria della ex casa coniugale.

In particolare, i giudici d’appello hanno condiviso l’accertamento del tribunale sull’inattendibilità delle dichiarazioni fiscali del S. (dalle quali emergeva un reddito da lavoro pari a zero), considerati il tenore di vita elevato da questi attualmente goduto e gli esborsi documentati, anche a mezzo di consulenza tecnica, nonché le spese da lui sostenute per assistenza legale (oltre Euro 340.000,00); secondo la corte del merito la nascita di una terza figlia dell’appellante, avuta dall’unione con la nuova compagna, poteva essere solo interpretata come ulteriore indicatore dell’inattendibilità complessiva della condizione patrimoniale ed economica rappresentata dallo stesso in giudizio.

Avverso la suddetta pronuncia, pubblicata il 2/8/2017 e notificata in pari data, S.M. ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 30/10/2017, affidato a quattro motivi, cui C.S. ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

RILEVATO

CHE:

1. Il ricorrente lamenta: a) con il primo motivo, la violazione del combinato disposto dell’art. 337 ter c.c., comma 4, e art. 706 c.p.c. e l’omesso esame di fatti decisivi, per non avere la corte d’appello considerato, ai fini della determinazione dell’assegno di mantenimento dei figli, l’attuale situazione economica sua e della moglie, non essendosi disposta neppure una CTU aggiornata; b) con il secondo motivo, la violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia su motivo di appello, o l’omesso esame di fatto decisivo, in relazione agli errori presenti nella consulenza tecnica espletata in primo grado sulle sue movimentazioni finanziarie dal 2009 al 2013, alcune delle quali erroneamente ritenute “entrate” anziché “uscite”; c) con il terzo motivo, la motivazione apparente, per non avere la corte d’appello chiarito minimamente, nemmeno per relationem, il percorso logico in base al quale ha ritenuto che i suoi pretesi redditi occulti, in nessun modo quantificati, giustificherebbero la determinazione dell’assegno di mantenimento dei figli nella misura disposta dal tribunale; d) con il quarto motivo, la motivazione apparente e/o l’omesso esame di fatto decisivo, per non avere la corte d’appello considerato, ai fini della determinazione dell’assegno di mantenimento dei figli, la sopravvenuta nascita della sua terza figlia.

2. La controricorrente ha eccepito l’improcedibilità del ricorso per mancato deposito della copia autentica della sentenza impugnata corredata della relazione di notifica eseguita via PEC il 2/8/2017, nonché la sua inammissibilità, ex art. 366 c.p.c., per mancata esposizione sommaria dei fatti, difetto di specificità dei motivi e omessa indicazione analitica di tutti gli atti e documenti su cui l’atto si fonda.

3. L’eccezione di improcedibilità del ricorso è infondata.

Come ripetutamente affermato da questa Corte (fra molte, Cass. nn. 15382/2021, 11386/2019, 17066/2013) il deposito della relata di notifica della sentenza impugnata è funzionale alla verifica della tempestività del ricorso e dunque non si rendeva necessario nella specie, in cui l’atto, a fronte di sentenza pubblicata il 2/8/2017, è stato notificato il 30/10/2017, ovvero (tenuto conto del periodo di sospensione feriale) prima del decorso di 60 giorni dalla pubblicazione, e perciò certamente entro il termine breve di notificazione di cui all’art. 325 c.p.c.

4. Il primo motivo del ricorso è inammissibile in quanto, pur essendo rubricato (anche) ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, non lamenta l’errata interpretazione o applicazione alla fattispecie delle norme indicate come violate, ma consiste in una estremamente sintetica contestazione dell’apprezzamento dei fatti e delle risultanze probatorie operato dal giudice del gravame e si risolve unicamente nella denuncia, del tutto generica, dell’erroneità della motivazione, laddove, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, avrebbe dovuto specificare quale fosse il fatto decisivo, oggetto di discussione fra le parti, non esaminato dal giudice d’appello che, ove considerato, avrebbe condotto ad un diverso esito della decisione.

5. Il secondo motivo è infondato.

Va ricordato che “la differenza fra l’omessa pronuncia ai sensi dell’art. 112 c.p.c. e l’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 consiste nel fatto che, nel primo caso, l’omesso esame concerne direttamente una domanda od un’eccezione introdotta in causa, autonomamente apprezzabile, ritualmente ed inequivocabilmente formulata, mentre nel secondo, l’omessa trattazione riguarda una circostanza di fatto che, ove valutata, avrebbe comportato una diversa decisione” (Cass. 25714/2014; Cass. 1539/2018).

Nella specie, i motivi di appello principale del S. sono stati tutti esaminati e respinti, con conseguente insussistenza del vizio di violazione dell’art. 112 c.p.c.

Neppure ricorre il vizio di omesso esame denunciato, avendo la corte d’appello richiamato quanto accertato in primo grado anche in relazione alle movimentazioni contestate, precisando che il tribunale aveva pure osservato che le movimentazioni in uscita (erogazioni) rivelavano comunque la disponibilità delle somme corrispondenti in capo al S.: ciò che il ricorrente contesta è dunque l’apprezzamento del fatto operato dal giudice a quo, insindacabile nella presente sede di legittimità.

6. Il terzo motivo è infondato.

La corte del merito, riassunta la motivazione espressa dal Tribunale sulla scorta della disposta consulenza tecnico contabile, ha riesaminato tutte le risultanze documentali di causa, inclusa una relazione investigativa della Questura di Sassari, concludendo che l’effettiva capacità patrimoniale e reddituale del S. è quella ricostruita in primo grado, sulla base del condivisibile accertamento del primo giudice, non essendo credibile che un soggetto che dichiara definitivamente cessata la propria attività produttiva, possa permettersi ingenti esborsi, anche per costi di immobili e per spese di autovetture, e vivere in una villa in *****, che è notoriamente una delle località più esclusive e care della *****.

L’ampia argomentazione in fatto posta a sostegno della decisione esclude, dunque, la ricorrenza del vizio denunciato, posto che secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte (cfr., fra molte, Cass. n. 22232/2016) “La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture”.

7. Il quarto motivo è inammissibile.

Con esso si isola uno solo degli elementi esaminati dalla corte d’appello per valutare la capacità economica del S., e si lamenta che il giudice abbia ritenuto la circostanza nuova allegata (la nascita della terza figlia, nel *****), invece che indicativa di un’ oggettiva riduzione delle risorse a disposizione dello stesso per il mantenimento dei primi due figli, confermativa dell’inattendibilità complessiva della condizione patrimoniale e reddituale da lui rappresentata in giudizio.

Ancora una volta, dunque, il ricorrente contesta la valutazione del fatto operata dalla corte del merito, peraltro limitandosi a dedurre, in maniera del tutto generica ed apodittica, che non è stato considerato “che egli si ritrova oggi con una bocca da sfumare in più”.

8. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso va respinto.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte respinge il ricorso; condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 10.000,00 per compensi ed in Euro 200,00 per esborsi, nonché al rimborso forfettario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52, dispone che, in caso di diffusione del presente provvedimento, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.

Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2022

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