LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Presidente –
Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –
Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –
Dott. LO SARDO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20461/2020 R.G., proposto da:
S.S.S., rappresentato e difeso dall’Avv. Luca Cattinelli, con studio in Torino, ove elettivamente domiciliato (indirizzo p.e.c.: lucacattinelli.pec.ordineavvocatitorino.it), giusta procura in calce al ricorso introduttivo del presente procedimento;
– ricorrente –
contro
l’Agenzia delle Entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore Generale pro tempore;
– intimata –
Avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia il 12 novembre 2019 n. 4480/23/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 16 novembre 2021 dal Dott. Giuseppe Lo Sardo.
RILEVATO
che:
S.S.S. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia il 12 novembre 2019 n. 4480/29/2019, che, in controversia su impugnazione di avviso di accertamento per l’IRPEF relativa all’anno 2010, a seguito di accertamento sintetico (c.d. “redditometro”), ha accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti del medesimo avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Bergamo il 29 luglio 2016 n. 442/01/2016, con condanna alla rifusione delle spese giudiziali. La Commissione Tributaria Regionale ha riformato la decisione di prime cure, sul presupposto che l’amministrazione finanziaria avesse operato una corretta ricostruzione del maggior reddito del contribuente. L’Agenzia delle Entrate è rimasta intimata. Ritenuta la sussistenza delle condizioni per definire il ricorso ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., la proposta formulata dal relatore è stata notificata al difensore della parte costituita con il decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.
CONSIDERATO
che:
1. Con il primo motivo, si denuncia violazione ed errata applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, comma 4 e ss., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che l’amministrazione finanziaria avesse proceduto in modo corretto all’accertamento sintetico da redditometro e che il contribuente non avesse assolto l’onere della prova contraria a suo carico.
2. Con il secondo motivo, si denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che la documentazione prodotta dal contribuente per vincere la presunzione derivante dall’accertamento sintetico fosse inadeguata.
Ritenuto che:
1. Il primo motivo è infondato.
1.1. Va premesso che, in materia di accertamento sintetico dei redditi, il D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 22, comma 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, ha disposto, con specifica norma di diritto transitorio, che le modifiche al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, operano in relazione agli accertamenti relativi ai redditi per i quali il termine di dichiarazione non è ancora scaduto alla data di entrata in vigore del citato art. 22, e, quindi, dal periodo d’imposta 2009 (in termini: Cass., Sez. 5, 7 giugno 2021, n. 15760).
1.2 In particolare, il D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 22, comma 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, ha sostituito il testo del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, commi 4, 5, 6, 7 e 8, nel modo seguente: “4. L’ufficio, indipendentemente dalle disposizioni recate dai commi precedenti e dall’art. 39, può sempre determinare sinteticamente il reddito complessivo del contribuente sulla base delle spese di qualsiasi genere sostenute nel corso del periodo d’imposta, salva la prova che il relativo finanziamento è avvenuto con redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo d’imposta, o con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o, comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile. 5. La determinazione sintetica può essere altresì fondata sul contenuto induttivo di elementi indicativi di capacità contributiva individuato mediante l’analisi di campioni significativi di contribuenti, differenziati anche in funzione del nucleo familiare e dell’area territoriale di appartenenza, con decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale con periodicità biennale. In tale caso è fatta salva per il contribuente la prova contraria di cui al comma 4. 6. La determinazione sintetica del reddito complessivo di cui ai precedenti commi è ammessa a condizione che il reddito complessivo accettabile ecceda di almeno un quinto quello dichiarato. 7. L’ufficio che procede alla determinazione sintetica del reddito complessivo ha l’obbligo di invitare il contribuente a comparire di persona o per mezzo di rappresentanti per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento e, successivamente, di avviare il procedimento di accertamento con adesione ai sensi del D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, art. 5. 8. Dal reddito complessivo determinato sinteticamente sono deducibili i soli oneri previsti dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 10; competono, inoltre, per gli oneri sostenuti dal contribuente, le detrazioni dall’imposta lorda previste dalla legge”.
Si tratta, dunque, di una forma di accertamento sintetico attraverso il quale il reddito viene determinato senza conoscerne le fonti di produzione, sulla base dell’impiego che il contribuente ne faccia per consumi e investimenti personali. Tale sistema valorizza il rapporto di connessione tra la spesa e il reddito sulla scorta della regola di comune esperienza per la quale il contribuente impronta il proprio comportamento alla normale prudenza, con la conseguenza che ogni sua spesa postula un preventivo incremento patrimoniale e, quindi, un reddito adeguato (Cass., Sez. 5, 26 gennaio 2021, n. 1554).
1.3 L’accertamento redditometrico si distingue, tuttavia, dalle altre metodologie di accertamento sintetico (come, ad esempio, quello condotto mediante parametri e studi di settore) perché, a differenza di queste – che si fondano su presunzioni semplici in ragione delle quali l’amministrazione finanziaria è tenuta a motivare il nesso tra spesa e reddito per poi procedere alla stima di quest’ultimo – è basato su un rapporto inferenziale tra fatto noto e fatto ignorato direttamente stabilito dalla fonte normativa. Tali schemi presuntivi, che una parte della dottrina denomina “predeterminazioni”, assimilandole, dal punto di vista del regime giuridico, alle presunzioni legali, sono ricondotte dalla prevalente giurisprudenza di legittimità nel paradigma dell’art. 2728 c.c.. In tale prospettiva ermeneutica si pongono le pronunce che affermano che l’accertamento redditometrico si fonda su presunzioni di capacità contributiva legali, imponendo la stessa legge di ritenere conseguente al fatto certo della disponibilità di determinati beni e servizi l’esistenza di una capacità contributiva, di guisa che il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici “elementi indicatori di capacità contributiva” esposti dall’amministrazione finanziaria, non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile perché già sottoposta ad imposta o perché esente) delle somme necessarie per mantenere il possesso di tali beni (tra le tante: Cass., Sez. 5, 29 ottobre 2012, n. 18604; Cass., Sez. 6-5, 10 agosto 2016, n. 16912; Cass.. Sez. 5, 19 luglio 2017, n. 17793; Cass., Sez. 5, 31 ottobre 2018, n. 27811).
1.4 Ne consegue che sull’amministrazione finanziaria grava il solo onere di dimostrare l’esistenza dei fatti ritenuti ex lege indicativi di capacità contributiva, essendo esonerata dal compiere un’attività di ricostruttiva e di quantificazione del reddito che potrebbe giustificarli. Si e’, dunque, al cospetto di un meccanismo presuntivo strutturalmente e funzionalmente sovrapponibile al paradigma della presunzione legale relativa, la quale, secondo l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità, si distingue dalla presunzione semplice in ordine al modo di insorgenza, perché, mentre il fatto sul quale si fonda la prima deve essere provato in giudizio e il relativo onere grava su colui che intende trarne vantaggio, la seconda è stabilita dalla legge e, quindi, non abbisogna della dimostrazione di un fatto sul quale possa fondarsi e giustificarsi e comporta un’inversione dell’onere della prova a carico di colui contro il quale depone, onere che può essere assolto anche mediante presunzioni semplici (Cass., Sez. 6"-5, 3 marzo 2016, n. 4241).
1.5 Circa l’estensione dell’oggetto della prova gravante sul contribuente, questa Corte ha precisato che, affinché possa ritenersi vinta la presunzione l’accertamento sintetico, è necessario dimostrare non solo il possesso di redditi esclusi dalla tassazione, ma anche che la spesa sia stata sostenuta proprio con tali redditi, anche mediante la produzione di documenti da cui emergano elementi sintomatici del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere (tra le tante: Cass., Sez. 5, 20 gennaio 2017, n. 1510; Cass., Sez. 5, 4 agosto 2020, n. 16637; Cass., Sez. 5, 26 gennaio 2021, n. 1554; Cass., Sez. 6-5, 17 febbraio 2021, n. 4122).
1.6 In ogni caso, nel contenzioso tributario conseguente ad accertamenti sintetici-induttivi mediante c.d. redditometro, per la determinazione dell’obbligazione fiscale del soggetto passivo d’imposta costituisce principio a tutela della parità delle parti e del regolare contraddittorio processuale quello secondo cui all’inversione dell’onere della prova, che impone al contribuente l’allegazione di prove contrarie a dimostrazione dell’inesistenza del maggior reddito attribuito dall’Ufficio, deve seguire, ove a quell’onere abbia adempiuto, un esame analitico da parte dell’organo giudicante, che non può pertanto limitarsi a giudizi sommari, privi di ogni riferimento alla massa documentale entrata nel processo relativa agli indici di spesa (Cass., Sez. 5, 8 ottobre 2020, n. 21700; Cass., Sez. 5, 6 luglio 2021, n. 19022; Cass., Sez. 5, 21 luglio 2021, n. 20802; Cass., Sez. 6-5, 21 settembre 2021, n. 26087).
1.7 Nella specie, il giudice di appello si è uniformato al principio enunciato, ritenendo che il contribuente non avesse assolto l’onere probatorio circa la provenienza e la disponibilità del maggior reddito mediante la semplice produzione di estratti conto “oscurati”, che erano privi di sufficienti indicazioni sulle causali e sugli autori o sui beneficiari dei movimenti in entrata ed in uscita.
2. Il secondo motivo è inammissibile.
2.1 L’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (tra le tante: Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, nn. 8053 e 8054; Cass., Sez. 6-3, 27 novembre 2014, n. 25216; Cass., Sez. 2, 29 ottobre 2018, n. 27415; Cass., Sez. Lav., 21 ottobre 2019, n. 26764; Cass., Sez. 5, 12 luglio 2021, nn. 19820, 19824, 19826 e 19827; Cass., Sez. 5, 22 luglio 2021, n. 20963; Cass., Sez. 5, 27 luglio 2021, n. 21431). L’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, nel cui paradigma non è inquadrabile la censura concernente la omessa valutazione di deduzioni difensive (Cass., Sez. 1, 14 settembre 2018, n. 26305; Cass., Sez. 6-1, 6 settembre 2019, n. 22397; Cass., Sez. 5, 11 maggio 2021, n. 12400; Cass., Sez. 5, 24 luglio 2021, nn. 21457 e 21458) né l’omessa disanima di questioni o argomentazioni (Cass., Sez. 6-1, 6 settembre 2019, n. 22397; Cass., Sez. 5, 20 aprile 2021, n. 10285).
2.2 Peraltro, in tema di ricorso per cassazione, la deduzione avente ad oggetto la persuasività del ragionamento del giudice di merito nella valutazione delle risultanze istruttorie attiene alla sufficienza della motivazione ed e’, pertanto, inammissibile ove trovi applicazione l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione novellata dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134 (Cass., Sez. 6-5, 15 maggio 2018, n. 11863; Cass., Sez. 5, 10 novembre 2020, nn. 25255 e 25256; Cass., Sez. 5, 3 novembre 2021, nn. 31510 e 31512). In ogni caso, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, censurabile ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato, comunque, preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., Sez. 6-5, 8 novembre 2019, n. 28887; Cass., Sez. 5, 12 luglio 2021, n. 19777; Cass., Sez. 2, 19 luglio 2021, n. 20553; Cass., Sez. Lav., 14 settembre 2021, n. 24698).
2.3 Nella specie, a ben vedere, il ricorrente ha lamentato l’omesso esame di documenti (in particolare, degli estratti del conto corrente bancario del contribuente), dei quali il giudice di appello aveva tenuto conto nella motivazione, rilevandone l’inidoneità ai fini della prova contraria all’accertamento presuntivo (in ragione dell’impossibilità – per il consapevole e volontario “oscuramento” dei dati diversi dalle poste contabili – di verificare la provenienza, la destinazione e la causale dei singoli accrediti ed addebiti e, quindi, di giustificare la non imponibilità delle somme disponibili alla stregua di redditi già gravati o esentati da imposta).
3. Alla stregua delle suesposte argomentazioni, dunque, si deve rigettare il primo motivo e dichiarare l’inammissibilità del secondo motivo di ricorso.
4. Nulla deve essere disposto con riguardo alla regolamentazione delle spese giudiziali, essendo rimasta intimata la parte vittoriosa.
5. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
PQM
La Corte rigetta il primo motivo e dichiara l’inammissibilità del secondo motivo di ricorso; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale effettuata da remoto, il 16 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2022