Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.884 del 13/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCIOTTI Lucio – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – rel. Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5835-2020 proposto da:

COMUNE di CRESCENTINO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COSSERIA, 5, presso lo studio dell’avvocato GUIDO FRANCESCO ROMANELLI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato MAURIZIO FOGAGNOLO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA TERRITORIALE PER LA CASA DEL PIEMONTE NORD, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TACITO, 10, presso lo studio dell’avvocato ENRICO DANTE, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato LORENZO BERTAGGIA;

– controricorrente –

contro

AREARISCOSSIONI SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 839/5/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DEL PIEMONTE, depositata il 04/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 17/11/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MICHELE CATALDI.

RILEVATO

che:

1. Il Comune di Crescentino propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, avverso la sentenza di cui all’epigrafe, con la quale la Commissione tributaria regionale del Piemonte ha rigettato il suo appello avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Vercelli che, nel contraddittorio con la concessionaria dell’ente ricorrente Areariscossioni s.r.l., aveva accolto il ricorso della Agenzia Territoriale per la Casa del Piemonte Nord (già Agenzia Territoriale per la Casa della provincia di Vercelli) contro l’ingiunzione fiscale emessa dalla predetta concessionaria del Comune, avente ad oggetto il credito di cui all’accertamento IMU per l’anno d’imposta 2014, non impugnato, relativo ad alcuni immobili che l’atto impositivo attribuiva alla proprietà della predetta Agenzia.

L’Agenzia Territoriale per la Casa del Piemonte Nord si è costituita con controricorso, mentre è rimasta intimata la concessionaria Areariscossioni s.r.l..

La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

La controricorrente ha prodotto memoria.

CONSIDERATO

che:

1. Con l’unico motivo la contribuente deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 18,19, e art. 21, comma 1, in relazione al R.D. n. 639 del 2010, art. 2.

Assume infatti il Comune ricorrente che il giudice a quo, come già quello di primo grado, ha errato nel ritenere che la contribuente, con il ricorso introduttivo proposto contro l’ingiunzione di pagamento, potesse censurare la legittimazione passiva sostanziale della medesima Agenzia Territoriale per la Casa del Piemonte Nord rispetto all’obbligazione tributaria ingiunta, che era stata già oggetto dell’accertamento presupposto dalla stessa ingiunzione e non impugnato dalla medesima contribuente. Infatti, rileva il ricorrente, l’eccepito e ritenuto difetto di legittimazione passiva sostanziale della contribuente ingiunta deriverebbe, ove pure sussistesse, dall’accertamento presupposto, ormai pacificamente irrevocabile, e quindi costituirebbe un ipotetico vizio sostanziale dell’atto impositivo, che la parte contribuente avrebbe potuto e dovuto far valere impugnando quest’ultimo, ma che non può costituire ammissibile motivo di ricorso avverso gli atti successivi con i quali viene predisposta ed eseguita la riscossione dell’accertato credito erariale nei confronti della medesima parte avverso la quale esso è stato ormai irrevocabilmente accertato.

Il motivo è fondato.

Giova premettere che:

– dalla stessa sentenza impugnata risulta che l’avviso d’accertamento presupposto (peraltro emesso dal Comune, dopo l’annullamento in autotutela del precedente, proprio escludendo dall’imposizione alcuni immobili non di proprietà della contribuente) non è stato impugnato autonomamente;

– dallo stesso controricorso risulta che l’accertamento presupposto era stato notificato alla contribuente (pag. 14) e che quest’ultima, nel ricorso introduttivo avverso la successiva ingiunzione, pur chiedendo (con formula sostanzialmente di stile) l’annullamento anche “di ogni atto presupposto, connesso, conseguente ed accessorio”, ha comunque dedotto, quale vizio proprio dell’ingiunzione, soltanto il difetto di legittimazione passiva sostanziale, oltre alla carenza di motivazione (sulla quale infra);

– dalla sentenza e dal complesso delle difese della stessa controricorrente in questa sede emerge che la contestazione della legittimazione passiva sostenuta nei gradi di merito dalla contribuente era riferita alla negazione del presupposto della stessa pretesa tributaria e non ad un’eventuale discrasia tra soggetto destinatario dell’accertamento presupposto e soggetto ingiunto ai fini della riscossione. Nella sostanza, si negava di dovere l’imposta accertata ed ingiunta, ma non si negava di essere il medesimo soggetto nei cui confronti erano stati emessi l’accertamento prima e l’ingiunzione poi.

Tanto premesso, va considerato che l’ordinanza ingiunzione fiscale è espressione del potere di accertamento e di autotutela della pubblica amministrazione ed ha natura giuridica di atto amministrativo che, cumulando in sé le caratteristiche del titolo esecutivo e del precetto, e legittimando, in caso di mancato pagamento, la riscossione coattiva mediante pignoramento dei beni del debitore, integra un atto liquidatorio e non un nuovo atto impositivo, in quanto si pone a valle dell’avviso di accertamento e non lo sostituisce, con la conseguenza che, una volta che quest’ultimo sia divenuto definitivo, il rapporto giuridico tributario deve considerarsi esaurito (Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 10896 del 18/04/2019; nello stesso senso cfr. Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 13132 del 24/05/2017).

La legittimazione passiva della controricorrente rispetto all’ingiunzione fiscale ed alla riscossione coattiva (azione esecutiva) derivava infatti dalla sua legittimazione passiva sostanziale rispetto all’imposizione (quale debitrice del credito azionato esecutivamente), accertata definitiva mente dall’atto impositivo presupposto, pacificamente emesso nei confronti della medesima controricorrente, ad essa notificato e non impugnato.

Pertanto, era inammissibile il ricorso introduttivo avverso l’ingiunzione, nella parte in cui la contribuente pretendeva di dedurre l’infondatezza nel merito dell’accertamento ormai irrevocabile.

La CTR, quindi, avrebbe potuto accertare la legittimazione passiva della contribuente, rispetto alla riscossione coattiva, esclusivamente verificando che (come però è pacifico) si trattasse del medesimo soggetto passivo indicato nell’atto presupposto, ormai irrevocabile, come debitore dell’obbligazione da riscuotere. Non poteva, invece, come ha fatto, negare l’esistenza del debito accertato in capo a quest’ultimo soggetto, (se non per ipotetici fatti estintivi o modificativi di esso, sopravvenuti alla definitività dell’accertamento a monte, non allegati nel caso di specie).

L’eccezione della controricorrente (peraltro formulata per la prima volta nella memoria, che ha invece una funzione meramente illustrativa delle difese già tempestivamente esposte negli atti introduttivi delle parti del giudizio di legittimità) secondo cui la sentenza di primo grado e quella d’appello hanno accertato il difetto di legittimazione sostanziale della contribuente con statuizione di merito definitiva e non più censurabile in questa sede, è comunque infondata. Infatti il ricorso, nei termini nei quali lo stesso viene qui accolto, non attinge il merito di tale accertamento giudiziale, ma la legittimità della domanda che lo ha provocato e della decisione che lo ha reso, in ragione dell’irrevocabilità, per mancata impugnazione, dell’atto presupposto che aveva accertato la fondatezza della pretesa erariale, anche con riferimento al soggetto passivo della stessa.

All’accoglimento del ricorso segue pertanto la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio al giudice d’appello, essendo rimasta assorbita, nella decisione cassata, la questione relativa al vizio proprio dell’ingiunzione (sotto il profilo del difetto della sua motivazione) che, come risulta dalla stessa sentenza d’appello, la contribuente aveva proposto in primo grado e riproposto in appello.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Piemonte, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2022

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