LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CONTI Roberto Giovanni – Presidente –
Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –
Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –
Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –
Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 10754-2019 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, (c.f. *****), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI, 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
O.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CICERONE, 28, presso lo studio dell’avvocato MARIO CARA, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 6764/7/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del LAZIO, depositata il 03/10/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 03/11/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LORENZO DELLI PRISCOLI.
FATTI DI CAUSA
Rilevato che:
la parte contribuente proponeva ricorso avverso l’avviso di accertamento catastale emesso dall’Agenzia delle entrate col quale si disponeva la variazione di classamento relativo ad immobili L. n. 311 del 2004, ex art. 1, comma 335;
la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso della parte contribuente in relazione all’insufficienza della motivazione dell’accertamento catastale;
la Commissione Tributaria Regionale, davanti alla quale la parte contribuente si costituiva, dichiarava inammissibile l’appello dell’Agenzia delle entrate in quanto effettuato tramite Nexive s.p.a., ossia tramite posta privata e non nelle forme previste dalla legge, con conseguente inesistenza della notifica;
l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso affidato a due motivi di impugnazione e in prossimità dell’udienza depositava memoria insistendo per l’accoglimento del ricorso mentre il contribuente si costituiva con controricorso e in prossimità dell’udienza depositava memoria insistendo per il rigetto del ricorso; con ordinanza interlocutoria n. 13641 depositata il 3 luglio 2020 la Corte rinvia la causa a nuovo ruolo sollecitando la cancelleria a trasmettere il fascicolo di merito.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, l’Agenzia delle entrate denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 58 del 2011, artt. 1, 2, 3,4,5, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 16, della L. n. 124 del 2017, art. 1, commi 57 e 58, e della L. n. 890 del 1982, nonché dell’art. 149 c.p.c., in quanto la notifica operata dall’Ufficio sarebbe perfettamente valida perché sarebbe stata eliminata la residua quota di monopolio in favore del fornitore del servizio universale;
con il secondo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’Agenzia delle entrate denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 156 e 291 c.p.c., in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, in quanto la Commissione Tributaria Regionale ha ritenuto che la notifica dell’appello fosse addirittura inesistente anziché nullo e suscettibile di sanatoria ex nunc stante la costituzione dell’appellato.
I motivi, che in quanto strettamente connessi (attenendo entrambi alla regolarità della notifica dell’atto di appello), possono essere affrontati congiuntamente, vanno entrambi rigettati.
Infatti, secondo le Sezioni unite della Cassazione n. 299 del 2020:
“in tema di notificazione di atti processuali, posto che nel quadro giuridico novellato dalla Dir. del Parlamento e del Consiglio 20 febbraio 2008, n. 2008/6/CE, è prevista la possibilità per tutti gli operatori postali di notificare atti giudiziari, a meno che lo Stato non evidenzi e dimostri la giustificazione oggettiva ostativa, è nulla e non inesistente la notificazione di atto giudiziario eseguita dall’operatore di posta privata senza relativo titolo abilitativo nel periodo intercorrente fra l’entrata in vigore della suddetta Direttiva e il regime introdotto dalla L. n. 124 del 2017”;
“la sanatoria della nullità della notificazione di atto giudiziario, eseguita dall’operatore di poste private per raggiungimento dello scopo dovuto alla costituzione della controparte, non rileva ai fini della tempestività del ricorso, a fronte della mancanza di certezza legale della data di consegna del ricorso medesimo all’operatore, dovuta all’assenza di poteri certificativi dell’operatore, perché sprovvisto di titolo abilitativo” (Cass. SU n. 299 del 2020; nello stesso senso, fra le molte, Cass. n. 8146 del 2021).
Si impone dunque preliminarmente, a prescindere dalla circostanza che l’appellato si sia costituito o meno in appello (secondo costante insegnamento della giurisprudenza di legittimità infatti, l’inammissibilità dell’impugnazione derivante dall’inosservanza dei termini stabiliti a pena di decadenza è correlata alla tutela d’interessi indisponibili e, come tale, è rilevabile d’ufficio e non sanabile per effetto della costituzione dell’appellato: Cass. SU n. 6983 del 2005; Cass. n. 11666 del 2015; Cass. n. 23907 del 2009; Cass. n. 4206 del 2020, Cass. n. 8146 del 2021), una verifica relativa alla tempestività o meno dell’appello (che va proposto, quando – come nel caso di specie – non sia notificata la sentenza di primo grado, entro sei mesi dal deposito della stessa: cfr. art. 327 c.p.c., e Cass. n. 8146 del 2021, Cass. n. 30850 del 2019, e Cass. n. 33168 del 2018) che prenda sì naturalmente in considerazione come termine a quo il giorno del deposito della sentenza della Commissione tributaria provinciale (Cass. SU n. 18569 del 2016; Cass. 4206 del 2020; Cass. n. 8146 del 2021) ma che consideri quale termine ad quem non già – in ossequio al dettato delle predette sezioni unite n. 299 del 2020 – il momento della spedizione da parte dell’appellante (ossia quello della consegna del plico da notificare all’operatore della posta privata) bensì il diverso e successivo momento in cui si abbia la certezza legale che l’appello sia stato ricevuto dall’appellato.
Tale verifica, consentita anche d’ufficio a questa Corte (cfr. ex plurimis, da ultimo Cass. SU n. 19769 del 2019, Cass. n. 8146 del 2021, e Cass. n. 1654 del 2020, secondo cui la mancata prospettazione, nel giudizio di secondo grado, della questione della tempestività o meno dell’appello incidentale, non determina una preclusione processuale nella deduzione della stessa con il ricorso per cassazione, potendo essere eccepita o rilevata d’ufficio per la prima volta anche in sede di legittimità), ha consentito nel caso di specie di verificare il mancato raggiungimento della prova della tempestività dell’appello, con conseguente declaratoria di inammissibilità sotto il profilo della tardività, D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 51, spettando l’onere della prova della suddetta tempestività della notifica a chi propone l’azione secondo gli ordinari e generali criteri di distribuzione dell’onere probatorio (Cass. SU n. 22438 del 2018; Cass. n. 27722 del 2019; Cass. n. 8146 del 2021).
Infatti, a seguito dell’acquisizione del fascicolo di merito, si è potuta constatare la presenza solo dei seguenti atti potenzialmente utili a ricostruire la tempestività o meno dell’appello: la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Roma n. 20635/16 che risulta depositata il 21 settembre 2016; una sorta di distinta analitica delle raccomandate, inviata dalla Nexive, ai cui punti nn. 25 e 26 figura “Dott. S.M. per O. S., via *****” (esiste quindi un riferimento al contribuente), priva però di data, timbro e firma; un tracking spedizioni Nexive ove è stampata la dicitura “21 marzo 2021 RECAPITATA” accanto all’indirizzo – senza nome del destinatario – di *****, priva però di data, timbro e firma (e peraltro il numero civico di via ***** è diverso da quello indicato nella distinta analitica); infine vi è la costituzione in giudizio della parte contribuente del 19 maggio 2017, atto questo sì giuridicamente significativo perché trattasi di una circostanza che attribuisce certezza legale alla circostanza che l’appello sia stato ricevuto dall’appellato e pertanto quest’ultima data può essere considerata valido termine a quo. Poiché però il 19 maggio 2017 (data della costituzione in giudizio dell’appellato), rispetto al 21 settembre 2016 (data del deposito della sentenza di primo grado), costituisce una data ampiamente successiva rispetto al termine massimo di sei mesi per proporre appello, quest’ultimo non può essere considerato tempestivo.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese devono compensarsi in ragione dell’applicazione di principi giurisprudenziali successivi rispetto alla proposizione del ricorso introduttivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Spese compensate.
Così deciso in Roma, il 3 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2022