Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.893 del 13/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 17527/2020 R.G., proposto da:

la ” A. TRIBUTI S.r.l.”, con sede in *****, in persona del presidente del consiglio di amministrazione pro tempore, nella qualità di concessionaria del servizio di accertamento per ICI/IMU del Comune di ***** (GR), rappresentata e difesa dall’Avv. Franco Carile, con studio in Ancona, e dall’Avv. Alberto Tasso, con studio in Macerata, ove elettivamente domiciliata (indirizzo p.e.c.:

per il primo, franco.carile.pec-ordineavvocatiancona.it, per il secondo, avvalbertotasso.puntopec.it), giusta procura in calce al ricorso introduttivo del presente procedimento;

– ricorrente –

contro

N.d.V.B., rappresentato e difeso dall’Avv. Michele Martini, con studio in Grosseto, ove elettivamente domiciliato (indirizzo p.e.c.:

michelemartini.pec.ordineavvocatigrosseto.it), giusta procura in calce al controricorso di costituzione nel presente procedimento;

– controricorrente –

Avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale della Toscana il 30 gennaio 2020 n. 137/09/2020, notificata il 21 aprile 2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 16 novembre 2021 dal Dott. Giuseppe Lo Sardo.

RILEVATO

che:

La ” A. TRIBUTI S.r.l.”, nella qualità di concessionaria del servizio di accertamento per ICl/IMU del Comune di ***** (GR), ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale della Toscana il 30 gennaio 2020 n. 137/09/2020, notificata il 21 aprile 2020, la quale, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di avvisi di accertamento per l’IMU relativa agli anni 2012, 2013 e 2014 con riguardo alla proprietà della casa di abitazione, ha rigettato l’appello proposto dalla medesima nei confronti di N.d.V.B. avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Grosseto col n. 3/02/2018, con condanna alla rifusione delle spese giudiziali. Il giudice di appello ha confermato la decisione di prime cure sul presupposto della sussistenza dei requisiti dell’abitazione principale” ai fini del riconoscimento della riduzione dell’IMU. N.d.V.B. si è costituito con controricorso. Ritenuta la sussistenza delle condizioni per definire il ricorso ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., la proposta formulata dal relatore è stata notificata ai difensori delle parti con il decreto di fissazione dell’adunanza della Corte. La ricorrente ha depositato memoria.

CONSIDERATO

che:

Con unico motivo, si denuncia violazione e/o falsa applicazione del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 13, comma 2, convertito, con modificazioni, nella L. 22 dicembre 2011, n. 214, dell’art. 143 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver erroneamente ritenuto che la riduzione dell’IMU per l’abitazione principale” spettasse al contribuente.

Ritenuto che:

1. Posto che si deve disattendere l’eccezione di inammissibilità del ricorso per la preclusione derivante dalla c.d. “doppia conforme”, la quale è espressamente esclusa dalla proposizione “per i motivi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1), 2), 3) e 4)” (art. 348-ter c.p.c., commi 4 e 5), il motivo è fondato.

1.1 Ai sensi del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 8, comma 2, quale modificato dalla L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 173, lett. b, perché potesse farsi luogo alla detrazione d’imposta, occorreva che l’unità immobiliare fosse adibita ad abitazione principale del soggetto passivo, “intendendosi per tale, salvo prova contraria, quella di residenza anagrafica”. Si precisava, nell’ultimo periodo dell’art. 8, citato comma 2, che “per abitazione principale si intende quella nella quale il contribuente (…) e i suoi familiari dimorano abitualmente”.

1.2 Secondo questa Corte, in tema di ICI ed IMU, ai fini dell’esenzione prevista dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 8, quale modificato dalla L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 173, lett. b, per l’abitazione principale per tale intendendosi, salvo prova contraria, quella di residenza anagrafica – è necessario che, in riferimento alla stessa unità immobiliare, tanto il possessore quanto il suo nucleo familiare non solo vi dimorino stabilmente, ma vi risiedano anche anagraficamente, conformemente alla natura di stretta interpretazione delle norme agevolative (tra le altre: Cass., sez. 6-5, 19 febbraio 2020, n. 4166; Cass., Sez. 6-5, 9 ottobre 2020, n. 21873; Cass., Sez. 6-5, 3 giugno 2021, n. 15316).

1.3 In base al D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 13, comma 2, comma 2, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214: “L’imposta municipale propria non si applica al possesso dell’abitazione principale e delle pertinenze della stessa, ad eccezione di quelle classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9. (…) L’imposta municipale propria ha per presupposto il possesso di immobili di cui al D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, ivi comprese l’abitazione principale e le pertinenze della stessa. Per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o ascrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente (…)”.

Ciò comporta la necessità che, in riferimento alla stessa unità immobiliare, tanto il possessore quanto il suo nucleo familiare dimorino ivi stabilmente e vi risiedano anagraficamente.

1.4 Secondo la circolare emanata dal Ministero delle Finanze il 18 maggio 2012 n. 3/DF (paragrafo 6), in relazione alla diversa ubicazione della residenza anagrafica dei coniugi, “il legislatore non ha, però, stabilito la medesima limitazione nel caso in cui gli immobili destinati ad abitazione principale siano ubicati in comuni diversi, poiché in tale ipotesi il rischio di elusione della norma è bilanciato da effettive necessità di dover trasferire la residenza anagrafica e la dimora abituale in un altro comune, ad esempio, per esigenze lavorative”, con riferimento all’interpretazione del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 13, comma 2, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214, in materia di IMU (in vigore dall’anno 2012).

1.5 Tuttavia, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto la prevalenza del testo normativo sulla circolare ministeriale, nel senso di escludere il beneficio per entrambe le abitazioni dei coniugi.

Così, si è affermato che, in tema di IMU, l’esenzione prevista per la casa principale dal D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 13, comma 2, comma 2, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214, richiede non soltanto che il possessore e il suo nucleo familiare dimorino stabilmente in tale immobile, ma altresì che vi risiedano anagraficamente (Cass., Sez. 6-5, 19 febbraio 2020, n. 4166; Cass., Sez. 65, 1 febbraio 2021, n. 2194).

1.6 Il D.L. 2 marzo 2012, n. 16, art. 4, comma 5, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 aprile 2012, n. 44 (applicabile, nel caso di specie, alle annualità 2013 e 2014), ha modificato il D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 13, comma 2, ultimo periodo, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214, nel senso che le parole “dimora abitualmente e risiede anagraficamente” sono state sostituite dalle parole “e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente. Nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile”.

1.7 Dalla lettura delle norme riformulate emerge, innanzitutto, che l’abitazione principale deve essere costituita da una sola unità immobiliare iscritta o iscrivibile in catasto, a prescindere dalla circostanza che sia utilizzata come abitazione principale più di una unità immobiliare distintamente iscritta in catasto. In tal caso, le singole unità immobiliari vanno assoggettate separatamente ad imposizione, ciascuna per la propria rendita. Pertanto, il contribuente può scegliere quale delle unità immobiliari destinare ad abitazione principale, con applicazione delle agevolazioni e delle riduzioni IMU per questa previste; le altre, invece, vanno considerate come abitazioni diverse da quella principale, con l’applicazione dell’aliquota deliberata dal comune per tali tipologie di fabbricati. Il contribuente non può, quindi, applicare le agevolazioni per più di una unità immobiliare, a meno che non abbia preventivamente proceduto al loro accatastamento unitario. L’altro aspetto di novità consiste nel fatto che per abitazione principale si deve intendere l’immobile nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente. In altri termini, il legislatore ha innanzitutto voluto collegare i benefici dell’abitazione principale e delle sue pertinenze al possessore e al suo nucleo familiare e, in secondo luogo, ha voluto unificare il concetto di residenza anagrafica e di dimora abituale, individuando come abitazione principale solo l’immobile in cui le condizioni previste dalla norma sussistono contemporaneamente, ponendo fine alle problematiche applicative che sulla questione avevano interessato l’ICI (in termini: Cass., Sez. 5, 17 giugno 2021, n. 17408).

1.8 Non risulta, invece, espressamente disciplinato il caso (che coincide con quello in esame) in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati in differenti comuni.

Invero, nel caso in cui due coniugi non separati legalmente abbiano la propria abitazione in due differenti immobili, il nucleo familiare (inteso come unità distinta ed automa rispetto ai suoi singoli componenti) resta unico, ed unica, pertanto, potrà essere anche l’abitazione principale ad esso riferibile, con la conseguenza che il contribuente, il quale dimori in un immobile di cui sia proprietario (o titolare di altro diritto reale), non avrà alcun diritto all’agevolazione se tale immobile non costituisca anche dimora abituale dei suoi familiari, non realizzandosi in quel luogo il presupposto della “abitazione principale” del suo nucleo familiare. Ciò in applicazione della lettera e della ratio della norma, che è quella di impedire che la fittizia assunzione della dimora o della residenza in altro luogo da parte di uno dei coniugi crei la possibilità per il medesimo nucleo familiare di godere due volte dei benefici per l’abitazione principale. La nozione di abitazione principale postula, pertanto, l’unicità dell’immobile e richiede la stabile dimora del possessore e del suo nucleo familiare, sicché non possono coesistere due abitazioni principali riferite a ciascun coniuge sia nell’ambito dello stesso Comune o di Comuni diversi (in termini: Cass., Sez. 5, 17 giugno 2021, n. 17408).

1.9 Tale fattispecie non va confusa con quella, del tutto differente, in cui, invece, vi sia stata la frattura del rapporto di convivenza tra i coniugi, intesa quale separazione di fatto. Pertanto occorre distinguere l’ipotesi in cui due coniugi non separati legalmente abbiano la propria abitazione in due differenti immobili, da quella in cui risulti accertato che il trasferimento della dimora abituale di uno dei coniugi sia avvenuto “per la frattura del rapporto di convivenza”, cioè di una situazione di fatto consistente nella inconciliabilità della prosecuzione della convivenza, sotto lo stesso tetto, delle persone legate dal rapporto coniugale, con conseguente superamento della presunzione di coincidenza tra casa coniugale e abitazione principale (per la differenziazione di tali ipotesi: Cass., Sez. 6-5, 17 maggio 2018, n. 12050).

Nella prima ipotesi, infatti, il nucleo familiare (inteso come unità distinta ed automa rispetto ai suoi singoli componenti) resta unico, ed unica, pertanto, potrà essere anche l’abitazione principale ad esso riferibile, con la conseguenza che il contribuente, il quale dimori in un immobile di cui sia proprietario (o titolare di altro diritto reale), non avrà alcun diritto all’agevolazione se tale immobile non costituisca anche dimora abituale dei suoi familiari, non realizzandosi in quel luogo il presupposto della “abitazione principale” del suo nucleo familiare. Ciò per impedire che la fittizia assunzione della dimora o della residenza in altro luogo da parte di uno dei coniugi crei la possibilità per il medesimo nucleo familiare di godere due volte dei benefici per la abitazione principale.

Nella seconda ipotesi, invece, la frattura del rapporto di convivenza tra i coniugi, intesa quale separazione di fatto, comporta una disgregazione del nucleo familiare e, conseguentemente, l’abitazione principale non potrà essere più identificata con la casa coniugale (vedasi: Cass., Sez. 5, 7 giugno 2019, n. 15439).

1.10 In questo caso, non si tratta di ricorrere ad una interpretazione estensiva, ai sensi dell’art. 12, comma 2, prima parte, dell’art. 12 disp. att. c.c., della previsione introdotta dal D.L. 2 marzo 2012, n. 16, art. 4, comma 5, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 aprile 2012, n. 44, secondo cui le agevolazioni per l’abitazione principale “in relazione al nucleo familiare” si applicano per un solo immobile, ma di applicare i principi generali in precedenza enunciati.

Invero, non si può escludere che i due coniugi, ad esempio per motivi di lavoro, fissino in due differenti, e magari distanti, comuni la loro residenza e la loro dimora abituale. In siffatta evenienza dovrà accertarsi in quale di questi immobili si realizzi l’abitazione “principale” del nucleo familiare, riconoscendo l’esenzione solo allo stesso. Non vanno, infatti, confusi i due concetti di “dimora abituale” e di “abitazione principale” (da individuarsi sulla base della coabitazione dei coniugi e della di loro famiglia), tenendo altresì presente che quest’ultimo sottintende una preponderanza della destinazione rispetto ad altre, pur possibili, soluzioni abitative. Ciò alla luce della regola di esperienza per cui per ogni nucleo familiare non può esservi che una sola abitazione principale. Il concetto di “abitazione principale” resta quello consolidatosi all’esito dell’elaborazione giurisprudenziale (Cass., Sez. 1, 24 aprile 2001, n. 6012), secondo cui per residenza della famiglia deve intendersi il luogo (in relazione al quale, in particolare, deve realizzarsi, con gli adattamenti resi necessari dalle esigenze lavorative di ciascun coniuga, l’obbligo di convivenza posto dall’art. 143 c.c.) di ubicazione della casa coniugale, perché questo luogo individua presuntivamente la residenza di tutti i componenti della famiglia. Ovviamente, va ribadito che un’unità immobiliare può essere riconosciuta abitazione principale solo se costituisca la dimora abituale non solo del ricorrente, ma anche dei suoi familiari, non potendo sorgere il diritto alla detrazione nell’ipotesi in cui tale requisito sia riscontrabile solo nel ricorrente e, invece, difetti nei familiari (Cass., Sez. 5, 15 giugno 2010, n. 14389; Cass., Sez. 6 -5, 21 giugno 2017, n. 15444).

1.11 In definitiva, l’abitazione principale è solo quella ove il proprietario e la sua famiglia abbiano fissato: 1) la residenza (accertabile tramite i registri dell’anagrafe); 2) la dimora abituale (ossia il luogo dove la famiglia abita la maggior parte dell’anno). La lettura offerta è anche costituzionalmente orientata, perché, diversamente opinando, si realizzerebbe una frattura evidente dei principi costituzionali, sotto il profilo dell’uguaglianza e della capacità contributiva. Qualora, invece, come nel caso di specie, i coniugi non legalmente separati abbiano fissato la propria residenza anagrafica presso immobili localizzati in due comuni diversi, a voler seguire un’impostazione eccessivamente rigoristica, nessuno dei due potrebbe fruire dell’esenzione IMU prevista per l’abitazione principale (in termini: Cass., Sez. 5", 17 giugno 2021, n. 17408).

1.12 Nel caso in esame, il giudice di appello non si è uniformato ai predetti principi, avendo ritenuto di riconoscere la riduzione dell’IMU per l’abitazione principale in difetto di prova della dimora abituale del nucleo familiare presso l’immobile ove il contribuente aveva fissato la propria residenza, posto che il coniuge (nemmeno separato di fatto) aveva fissato, a sua volta, la propria residenza presso altro immobile (in qualità di nudo proprietario) in diverso Comune per ragioni di lavoro.

2. Valutandosi la fondatezza del motivo dedotto, dunque, il ricorso può trovare accoglimento e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Toscana, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Toscana, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale effettuata da remoto, il 16 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2022

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