LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 11354-2020 proposto da:
F.M., FI.MI., quali eredi di F.A., domiciliate in ROMA, VIA LIVORNO 61/A presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO CATAPANO, che le rappresenta e difende;
– ricorrenti –
contro
COMUNE di BARLETTA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CELIMONTANA 38, presso lo studio dell’avvocato BENITO PANARITI, rappresentato e difeso dagli avvocati GIUSEPPE CARUSO, ISABELLA PALMIOTTI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1984/2019 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 20/09/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 18/11/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO MARULLI.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ricorso in atti i germani F. impugnano l’epigrafata sentenza con la quale la Corte d’Appello di Bari ha confermato la decisione di primo grado che aveva liquidato il danno da occupazione appropriativa loro arrecato dal Comune di Barletta con l’apprensione di un fondo inizialmente destinato ad uso pubblico sulla base del valore di esso al momento della prima trasformazione, quantunque nelle more il bene, rimossa l’opera pubblica, era stato fatto oggetto di lottizzazione, ed aveva denegato il ristoro del danno da occupazione sine Il ricorso avverso il predetto pronunciamento è assistito da due motivi, seguiti da memoria, ai quali replica l’intimato con controricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
2. Il primo motivo di ricorso, con cui si argomenta che, essendo stata l’opera pubblica inizialmente realizzata dal Comune successivamente rimossa con conseguente lottizzazione del fondo, il tantundem risarcitorio andrebbe determinato alla stregua del valore conseguito dal fondo per effetto della lottizzazione, onde errata sarebbe la stima di esso al tempo dell’iniziale trasformazione del bene, è infondato poiché il principio a cui si è richiamato il decidente rispecchia un consolidato insegnamento di questa Corte in ragione del quale “il debito risarcitorio connesso alla perdita della proprietà del bene in assenza di dichiarazione di pubblica utilità, ove il proprietario abbia optato per la tutela risarcitoria, va commisurato al valore al momento della radicale trasformazione derivante dal fatto illecito, e non all’inizio dell’occupazione, anche se dovrà essere compensato il mancato godimento del bene, mediante la liquidazione degli interessi sull’importo corrispondente al valore del bene, a decorrere dal momento dello spossessamento” (Cass., Sez. II, 28/05/2015, n. 11041; Cass., Sez. I, 12/06/2006, n. 13585; Cass., Sez. I, 21/04/2006, n. 9472).
3. Il secondo motivo di ricorso, espunta la doglianza motivazionale per il divieto di cui all’art. 348-ter c.p.c., comma 5, con cui si argomenta l’erroneità dell’impugnata decisione per aver denegato il ristoro del danno da occupazione sine titulo per difetto di prova, è parimenti infondato essendosi da ultimo affermato da questa Corte il principio, esattamente riprodotto dalla sentenza in esame, in ragione del quale “nel caso di occupazione illegittima di un immobile il danno subito dal proprietario non può ritenersi sussistente “in re ipso”, atteso che tale concetto giunge ad identificare il danno con l’evento dannoso ed a configurare un vero e proprio danno punitivo, ponendosi così in contrasto sia con l’insegnamento delle Sezioni Unite della S.C. (sent. n. 26972 del 2008) secondo il quale quel che rileva ai fini risarcitoti è il danno-conseguenza, che deve essere allegato e provato, sia con l’ulteriore e più recente intervento nomofilattico (sent. n. 16601 del 2017) che ha riconosciuto la compatibilità del danno punitivo con l’ordinamento solo nel caso di espressa sua previsione normativa, in applicazione dell’art. 23 Cost.; ne consegue che il danno da occupazione “sine titulo”, in quanto particolarmente evidente, può essere agevolmente dimostrato sulla base di presunzioni semplici, ma un alleggerimento dell’onere probatorio di tale natura non può includere anche l’esonero dalla allegazione dei fatti che devono essere accertati, ossia l’intenzione concreta del proprietario di mettere l’immobile a frutto” (Cass., Sez. III, 25/05/2018, n. 13071).
4. Principio, questo, che non contrasta con precedenti coevi di apparente segno contrario, poiché come si è chiarito nella motivazione di Cass. n. 12045 del 2019, “le sollecitudini mostrate dall’orientamento più recente, pur in un diverso quadro di riferimento, non erano rimaste estranee anche a quella giurisprudenza che, marcando la propria diversità rispetto all’orientamento più tradizionale, si era già detta convinta che il danno da occupazione abusiva di immobile non possa ritenersi sussistente “in re ipsa” e coincidente con l’evento, che è viceversa un elemento del fatto produttivo del danno, trattandosi pur sempre di un danno-conseguenza, sicché il danneggiato che ne chieda in giudizio il risarcimento è tenuto a provare di aver subito un’ effettiva lesione del proprio patrimonio per non aver potuto ad esempio locare o altrimenti direttamente e tempestivamente utilizzare il bene, ovvero per aver perso l’occasione di venderlo a prezzo conveniente o per aver sofferto altre situazioni pregiudizievoli, con valutazione rimessa al giudice del merito, che può al riguardo peraltro pur sempre avvalersi di presunzioni gravi, precise e concordanti (Cass., Sez. III, 17/06/2013, n. 15111; Cass., Sez. III, 11/01/2005, n. 378). Questa linea di pensiero, diversamente da quello che possa indurre a credere il fatto che la semplificazione linguistica consentita dall’uso della formula a cui ricorre qualche precedente celi talora una semplificazione concettuale, non mostra segni di abbandono nella giurisprudenza successiva, o almeno in quella più attenta, che anche quando è portata ad enfatizzare l’inerenza del pregiudizio alla protratta indisponibilità del bene, ripetendo scolasticamente che il danno in caso di occupazione sine e’ appunto conseguenza della perdita della disponibilità del bene da parte del dominus e dell’impossibilità per costui di conseguire l’utilità normalmente ricavabile dal bene medesimo in relazione alla natura normalmente fruttifera di esso, non viene, tuttavia, meno alla convinzione che, pur se in re ipsa, il danneggiato debba pur sempre dare prova del danno subito. Si giustifica in tal modo l’affermazione secondo cui, pur nel solco dell’indirizzo più tradizionale, si reputa che l’esistenza di un danno in re ipsa in capo al proprietario, scaturente dall’utilità normalmente conseguibile nell’esercizio delle facoltà di godimento e di disponibilità del bene insite nel diritto dominicale, costituisca oggetto di una presunzione iuris tantum (Cass., Sez. III, 9/08/2016, n. 16670; Cass., Sez. II 15/10/2015, n. 20823; Cass., Sez. II, 7/08/2012, n. 14222). L’uso della formula in questa prospettiva riveste perciò un valore puramente descrittivo, volto a sottolineare la normale inerenza del pregiudizio all’impossibilità stessa di disporre del bene, senza, però, che ciò dispensi il danneggiato dall’onere di provare, con l’ausilio delle presunzioni il fatto da cui discende il lamentato pregiudizio, ossia che se egli avesse immediatamente recuperato la disponibilità dell’immobile, l’avrebbe subito impiegato per finalità produttive, quali il suo godimento diretto o la sua locazione (Cass., Sez. VI-III, 15/12/2016, n. 25898)”.
5. Il ricorso va dunque respinto 6. Le spese seguono la soccombenza. Doppio contributo ove dovuto.
PQM
Respinge il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in favore di parte resistente in Euro 5600,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della VI-I sezione civile, il 18 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2022