LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUCIOTTI Lucio – Presidente –
Dott. CATALDI Michele – rel. Consigliere –
Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –
Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –
Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 27531-2020 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;
– ricorrente –
contro
TDS GROUP SRL;
– intimato –
avverso la sentenza n. 466/2/2020 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA CALABRIA, depositata il 30/01/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 17/11/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MICHELE CATALDI.
RILEVATO
che:
1. L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza di cui all’epigrafe, con la quale, per quanto qui d’interesse, la Commissione tributaria regionale della Calabria ha accolto l’appello principale della T.S.D. Group s.r.l. avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Cosenza, che, dopo averli riuniti, aveva parzialmente rigettato i ricorsi della medesima contribuente (accogliendoli limitatamente alle sanzioni irrogate con gli stessi atti impositivi) contro gli avvisi d’accertamento emessi nei suoi confronti, per gli anni d’imposta 2008 e 2009, in materia di Irpef, Irap ed Iva, all’esito di processo verbale di constatazione della Guardia di finanza, in ragione della ritenuta inesistenza di operazioni consistite nell’acquisto di telefoni, da parte della stessa società, ad un prezzo di acquisto inferiore rispetto a quello pagato dalla cedente, in ragione della ritenuta evasione a monte dell’Iva, attraverso il meccanismo delle c.d. frodi carosello.
La contribuente è rimasta intimata.
La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..
CONSIDERATO
che:
1. Con il primo motivo la ricorrente Agenzia deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2; art. 115 e 116 c.p.c.; e art. 409,530 e 654 c.p.p..
Assume infatti la ricorrente che il giudice a quo ha accolto l’appello della contribuente semplicemente prendendo atto della sentenza penale del Tribunale di Paola che, in ordine alle operazioni in questione, aveva assolto la legale rappresentante della s.r.l. contribuente perché il fatto non costituisce reato. In tal modo, assume la ricorrente, la CTR ha violato il principio di autonomia del giudizio tributario rispetto a quello penale, come interpretato dalla consolidata giurisprudenza di legittimità, che precluderebbe un’automatica trasposizione delle risultanze dal giudizio sul reato a quello sulla fattispecie tributaria, in ragione delle diverse regole di giudizio che vigono nei diversi procedimenti.
2. Con il secondo motivo la ricorrente Agenzia deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in combinato disposto con il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 60-bis, assumendo che la CTR, acriticamente recependo la sentenza penale di assoluzione fondata sull’insussistenza di sufficienti elementi di prova in ordine al reato, avrebbe violato la regola di giudizio vigente in materia tributaria, la cui applicazione invece, dall’esame degli elementi indiziari forniti dall’Amministrazione, avrebbe evidenziato la fondatezza della pretesa erariale in ordine a tutti i suoi elementi, e la mancanza di prova contraria da parte della contribuente.
3. I due motivi vanno trattati congiuntamente e sono fondati, nei termini che seguono.
Infatti, come questa Corte ha già avuto modo di rilevare, “In caso di operazioni soggettivamente inesistenti incluse in una frode carosello, il giudice tributario, nel verificare se il contribuente fosse consapevole dell’inserimento dell’operazione in un’evasione di imposta, non può riferirsi alle sole risultanze del processo penale, ancorché riguardanti i medesimi fatti, ma, nell’esercizio dei suoi poteri, è tenuto a valutare tali circostanze sulla base del complessivo materiale probatorio acquisito nel giudizio tributario, non potendo attribuirsi alla sentenza penale irrevocabile su reati tributari alcuna automatica autorità di cosa giudicata, attesa l’autonomia dei due giudizi, la diversità dei mezzi di prova acquisibili e dei criteri di valutazione.” (Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 27814 del 04/12/2020, ex plurimis).
Non si è attenuta a tale principio la CTR che, pur menzionando atti istruttori del giudizio penale, non li ha sottoposti ad una autonoma valutazione critica che tenesse conto della peculiarità del giudizio tributario evidenziate dalla citata giurisprudenza di legittimità, ma si è limitata a recepire la valutazione che- a fini diversi e con criteri differenti- ne aveva già dato il giudice dei reati (“come si ricava dalla sentenza penale…”). Difetta, pertanto, una critica ed autonoma valutazione, da condurre ai sensi della disciplina tributaria in materia di operazioni soggettivamente inesistenti e di “frodi carosello”, delle fonti istruttorie utilizzabili, comprese eventualmente quelle raccolte nel procedimento penale, il cui apprezzamento non può essere però acriticamente mutuato da quello del giudice penale.
Tanto premesso, giova peraltro precisare che nella sentenza impugnata neppure viene evidenziata l’eventuale irrevocabilità della sentenza penale in questione, e quindi l’ipotetico giudicato penale.
La sentenza impugnata va quindi cassata, con rinvio al giudice a quo per i relativi accertamenti in fatto, da effettuare applicando i predetti criteri in tema di valutazione delle risultanze di processi penali e tenendo conto che “In tema di IVA, qualora l’Amministrazione finanziaria contesti che la fatturazione attiene ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, incombe sulla stessa l’onere di provare la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi specifici, che il contribuente fosse a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l’Amministrazione assolva a detto incombente istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto.” (Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 15369 del 20/07/2020).
PQM
Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Calabria, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2022