Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza Interlocutoria n.916 del 13/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 2954-2020 proposto da:

EDIL ECO FT SOLUZIONI PER L’AMBIENTE S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE G. MAZZINI 73, presso lo studio dell’avvocato ARNALDO DEL VECCHIO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

R.M.E.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 20322/2019 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, depositata il 26/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 05/10/2021 dal Presidente Relatore Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO.

FATTI DI CAUSA

1. Con contratto del 2 ottobre 2009 R.M.E.A. concesse in locazione ad uso commerciale alla Edil Eco FT Soluzioni per l’ambiente S.r.l. (d’ora in poi Edil Eco) un locale di sua proprietà in *****, con annessa corte esclusiva.

Insorte questioni tra le parti per l’esecuzione del contratto, ne nacquero due cause. Nella prima, la conduttrice ottenne un decreto ingiuntivo per il pagamento della somma di Euro 19.465,20, oltre accessori. Nella seconda, il locatore – che aveva proposto opposizione al decreto ingiuntivo del conduttore – con atto notificato il 22 maggio 2012 intimò sfratto per morosità, contestualmente citando la società conduttrice avanti il Tribunale di Roma per la convalida, deducendo il mancato pagamento di una serie di canoni.

Nel giudizio di sfratto la conduttrice si oppose alla convalida, deducendo di aver sospeso il pagamento dei canoni, a norma dell’art. 1460 c.c., per l’inadempimento del locatore all’obbligo assunto di ottenere dalla P.A. il mutamento di destinazione d’uso dell’immobile, nonché per le infiltrazioni d’acqua e i danni verificatisi. La società propose poi anche una domanda riconvenzionale.

Transitato il giudizio di convalida alla fase a cognizione piena e riunito ad esso quello di opposizione a decreto ingiuntivo, il Tribunale, con sentenza del 27 febbraio 2014, dichiarò risolto per grave inadempimento della conduttrice il contratto di locazione, ordinando alla società resistente di rilasciare l’immobile e condannandola al pagamento della somma di Euro 89.632,70, con gli interessi, per canoni insoluti, al netto del deposito cauzionale maggiorato di interessi; revocò il decreto ingiuntivo e condannò il R. al pagamento, in favore della conduttrice, dell’importo di Euro 4.465,20 speso per la sistemazione del cancello, rigettando le altre domande riconvenzionali.

2. La sentenza fu impugnata dalla società conduttrice la quale, nel corso del giudizio di appello, avendone ottenuto autorizzazione, depositò nuova documentazione alla luce della quale dedusse che nel corso di procedura espropriativa immobiliare relativa all’immobile locato, ed all’esito della perizia estimativa, era emerso che lo stesso non era un locale commerciale C1 ma un magazzino. Pertanto, essendo stata costretta a cessare l’attività, essa aveva comunicato al locatore, con lettera del 23 luglio 2015, la volontà di avvalersi della clausola risolutiva espressa al fine di ottenere la risoluzione e/o la declaratoria di nullità del contratto.

Modificando pertanto le proprie conclusioni, la Edil Eco chiese dichiararsi risolto e/o nullo il contratto di locazione; accertarsi il suo diritto ad ottenere, ai sensi del contratto, art. 10, il pagamento e/o la restituzione della somma complessiva di Euro 147.131,34 corrisposta a titolo di canone di locazione, oltre agli importi già richiesti per la restituzione del deposito cauzionale e per spese di ristrutturazione del locale.

La Corte d’appello di Roma preliminarmente rilevò l’inammissibilità delle domande formulate all’udienza del 12 gennaio 2017, ritenendole nuove e pertanto non ammesse nel giudizio di appello locatizio.

Quindi, in parziale accoglimento del gravame interposto dalla società, dichiarò improcedibile l’opposizione a decreto ingiuntivo, sul quale conseguentemente dichiarò essersi formato il giudicato.

Avendo confermato la risoluzione del contratto per inadempimento della conduttrice, operata la compensazione tra le somme dovute da quest’ultima e gli importi ad essa dovuti dal locatore in forza del decreto ingiuntivo, condannò la Edil Eco al pagamento della somma complessiva di Euro 79.167,50.

3. Impugnata la sentenza d’appello dalla società Edil Eco, questa Corte, con sentenza 26 luglio 2019, n. 20322, ha rigettato il primo motivo di ricorso, ha accolto il secondo con assorbimento dei rimanenti, ha cassato la sentenza e ha rinviato alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

4. Contro la citata sentenza di questa Corte propone ricorso per revocazione, ai sensi dell’art. 391-bis c.p.c., la Edil Eco FT s.r.l. con atto affidato ad un solo motivo.

R.M.E.A. non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375,376 e 380-bis c.p.c., e la parte ricorrente ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso si lamenta che la sentenza sarebbe inficiata da un errore di fatto ritenuto decisivo, ai sensi dell’art. 395 codice di rito, n. 4).

La parte ricorrente rileva che vi sarebbe un palese contrasto tra la realtà degli atti processuali e quella posta a fondamento del rigetto del primo motivo di ricorso. Richiamata la motivazione sopra trascritta, la ricorrente osserva di avere formulato già in primo grado e poi in appello – contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata – la domanda di adempimento del contratto ai sensi dell’art. 1453 c.c.; questa Corte, quindi, sarebbe incorsa in errore di fatto, supponendo l’inesistenza di un fatto la cui verità sarebbe positivamente stabilita.

2. Ritiene il Collegio che, in considerazione della complessità della vicenda e del motivo di revocazione proposto, il ricorso debba essere rimesso alla pubblica udienza, alla luce del disposto dell’art. 391-bis codice di rito, comma 4.

P.Q.M.

La Corte dispone il rinvio della trattazione del ricorso alla pubblica udienza presso la Terza Sezione Civile.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, il 5 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2022

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