LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI FLORIO Antonella – Presidente –
Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 37610/19 proposto da:
K.S., elettivamente domiciliato a Sassari, viale Umberto I n. 72, difeso dagli avv.ti Giuseppe Onorato, e Maria Paola Cabitza, in virtù di procura speciale apposta in margine al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno;
– resistente –
avverso il decreto del Tribunale di Cagliari 17.10.2019 n. 2996;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 18 novembre 2021 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.
FATTI DI CAUSA
1. K.S., cittadino bengalese, ha impugnato per cassazione il decreto del Tribunale di Cagliari 17 ottobre 2019 n. 2996, con cui venne rigettata la sua domanda di concessione della protezione internazionale o, in subordine, di rilascio del permesso di soggiorno per motivi.
2. Il Ministero dell’Interno non ha notificato controricorso, ma solo depositato un “atto di costituzione”, al fine di partecipare all’eventuale pubblica udienza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5.
Deduce, in buona sostanza, che il tribunale avrebbe trascurato di considerare come il richiedente protezione abbia mai trovato in Italia un lavoro dignitoso, sicché il rimpatrio tornerebbe a privarlo dei mezzi di sussistenza minimi, esponendolo al rischio di una grave lesione dei propri diritti fondamentali.
1.1. Il ricorso è manifestamente inammissibile per estraneità alla ratio decidendi sottesa dal provvedimento impugnato.
Il tribunale, infatti, con accertamento in fatto non censurabile in questa sede, ha ritenuto che l’odierno ricorrente in Italia non ha instaurato “solidi, significative radicali rapporti” con altre persone; vive ancora in un centro di accoglienza; non ha imparato l’italiano. Ne ha tratto la conclusione che il suo livello di integrazione “e’ talmente modesto che il suo rientro in Bangladesh non determinerebbe il suo sradicamento”.
Il ricorso trascura di confrontarsi con tali affermazioni (sia pure nei ristretti limiti in cui simili giudizi di fatto possono essere sindacati in sede di legittimità, e cioè ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5), limitandosi a richiamare principi generali ed astratti, privi di qualsiasi collegamento logico-giuridico col caso di specie e, soprattutto, con la motivazione adottata dal provvedimento impugnato.
2. Non occorre provvedere sulle spese del presente giudizio, non essendovi stata difesa delle parti intimate.
PQM
la Corte di Cassazione:
(-) dichiara inammissibile il ricorso;
(-) ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 18 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2022