Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.949 del 13/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21196-2020 proposto da:

T.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE MAZZINI 55, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE IACONO QUARANTINO, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati GIUSEPPE IACONO, ENRICO AGUGLIA;

– ricorrente –

contro

D.M.M.G., M.S., elettivamente domiciliati in Villagrazia di Carini (PA), via Pio la Torre n. 28 presso lo studio dell’avv.to DOMENICO ARMETTA che li rappresenta e o difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1277/2019 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 19/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/11/2021 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

RILEVATO

che:

1. T.M. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Palermo di rigetto di impugnazione per revocazione di altra sentenza della Corte d’Appello.

In quel giudizio, la Corte d’Appello di Palermo aveva confermato la sentenza del locale Tribunale che aveva disposto la risoluzione per inadempimento ex art. 1492 c.c. del contratto di compravendita stipulato tra T.M. e M.S. e D.M.M.G.. Il motivo della risoluzione era rappresentato dall’inadempimento dovuto allo stato di fatiscenza e di degrado dell’immobile.

2. M.S. e D.M.M.G. si sono costituiti con controricorso.

3. Su proposta del relatore, ai sensi dell’art. 391-bis c.p.c., comma 4, e dell’art. 380-bis c.p.c., commi 1 e 2, che ha ravvisato la manifesta inammissibilità o infondatezza del ricorso, il Presidente ha fissato con decreto l’adunanza della Corte per la trattazione della controversia in camera di consiglio nell’osservanza delle citate disposizioni.

CONSIDERATO

che:

1. Il ricorso si fonda su due motivi: Violazione dell’art. 395 c.p.c., n. 4, per aver ritenuto insussistente il rapporto causale tra l’errore di percezione da parte del giudice dell’appello e la pronuncia; Violazione dell’art. 43 c.c., comma 2, per aver ritenuto che la residenza non comporta automaticamente l’effettiva destinazione ad abitazione dell’immobile, dovendosi ritenere, invece, quantomeno che operi una presunzione con onere di prova contraria.

2. Il Relatore ha avanzato la seguente proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.: Il ricorso è manifestamente inammissibile perché il ricorrente non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata che ha escluso la sussistenza di un errore revocatorio ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, Tale errore, infatti, consiste nella viziata percezione o nella falsa supposizione (espressa e mai implicita) dell’esistenza o inesistenza di un fatto sostanziale o processuale, non controverso fra le parti, la cui esistenza o inesistenza è incontrastabilmente esclusa o positivamente stabilita, dagli atti o documenti della causa.

2. Il Collegio condivide la proposta del Relatore, né la memoria difensiva del ricorrente offre elementi per superare la proposta di inammissibilità.

In particolare, deve ribadirsi che è inammissibile la revocazione avverso una sentenza che dai fatti, esattamente percepiti, ha dedotto la valutazione della fattispecie e quindi espresso il giudizio, perché per la configurabilità dell’errore revocatorio ex art. 395 c.p.c., n. 4, è necessario che il contrasto tra le diverse rappresentazioni dello stesso oggetto emerga dal raffronto tra quella supposta in sentenza e quella esistente agli atti processuali e non tra questa e la valutazione o il giudizio su di essa, desumibile dall’interpretazione della motivazione della sentenza (Sez. 3, Sent. n. 6397 del 1999).

3. I due motivi non si confrontano con tale principio.

In definitiva, nel caso di specie, la decisione della Corte d’Appello circa l’esistenza o meno di vizi della cosa di tale gravità da renderla inidonea all’uso convenuto (casa per civile abitazione), non è il frutto di un errore di percezione del fatto che gli attori avessero la residenza nella suddetta abitazione. Peraltro, anche se i controricorrenti avessero abitato nell’immobile ciò non implicherebbe in alcun modo l’inesistenza dei vizi strutturali dello stesso accertati nel giudizio.

4. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.

5. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

6. Ricorrono i presupposti processuali di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater per il raddoppio del versamento del contributo unificato, se dovuto.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.000,00 oltre 200,00 per esborsi.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 2 Sezione civile, il 18 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2022

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