LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRINO Umberto – Presidente –
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –
Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 9802-2016 proposto da:
I.G., elettivamente domiciliato in ROMA, LARGO LUIGI ANTONELLI 2, presso lo studio dell’avvocato PAOLO SPATARO, rappresentato e difeso dall’avvocato GIOVACCHINO DI BARTOLOMEO;
– ricorrente –
contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONELLA PATTERI, LUIGI CALIULO, SERGIO PREDEN;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 11/2016 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 14/01/2016 R.G.N. 278/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/10/2021 dal Consigliere Dott. GABRIELLA MARCHESE.
Rilevato che:
1. – la Corte di appello di Firenze, riformando la decisione di primo grado e in accoglimento dell’impugnazione proposta dall’Inps, ha rigettato la domanda proposta da I.G. volta ad ottenere il riconoscimento del beneficio della rivalutazione contributiva per esposizione all’amianto ai sensi della L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, e successive modifiche, per il periodo lavorativo dal 1/9/1974 al 31/12/1992;
2. – la Corte territoriale ha ritenuto prescritto il diritto azionato, in considerazione del decorso del termine di dieci anni a far tempo dal 1999, epoca di cessazione dell’esposizione e momento in cui il lavoratore era “consapevole dei presupposti di fatto e di diritto (della maggiorazione contributiva) e della conseguente possibilità di esercitarla”;
3.- avverso la sentenza, I.G. propone ricorso per cassazione, con un unico motivo; resiste l’Inps, con controricorso.
Considerato che:
4. con l’unico motivo di ricorso – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – è dedotta la violazione dell’art. 2935 c.c. e della L. n. 350 del 2003, art. 3, comma 132, in riferimento al D.L. n. 269 del 2003, art. 47, comma 1, convertito, con modificazione, dalla L. n. 326 del 2003, per avere la Corte di appello fissato il dies a quo al momento della cessazione dell’esposizione all’amianto e non al momento in cui il lavoratore abbia acquisito la consapevolezza di detta esposizione;
5. il motivo è infondato;
6. è ormai pacifico in giurisprudenza che anche il diritto alla rivalutazione contributiva di cui alla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, è soggetto a prescrizione decennale, con decorrenza dal momento in cui l’interessato abbia avuto conoscenza o potesse avere conoscenza del fatto di essere stato esposto oltre soglia ad amianto, durante le proprie lavorazioni (Cass. n. 29635 del 2018; v. anche Cass. n. 2856 del 2017; Cass. n. 2351 del 2015; in motiv., di recente, Cass. n.486 del 2021);
7. il diritto azionato è infatti diverso dal diritto al ricalcolo della prestazione pensionistica (v., con ampia motivazione, alle cui argomentazioni sì rinvia, Cass. n. 15008 del 2005): esso sorge in presenza di fatti specifici costituiti dall’esposizione all’amianto in misura superiore ad un valore (cosiddetto “soglia”) e per un periodo ultra decennale;
8. diversamente da quanto denunciato, la Corte d’Appello di Firenze ha fatto corretta applicazione dei principi di diritto esposti, in quanto ha accertato il momento in cui il lavoratore aveva avuto piena consapevolezza (o conoscibilità) dei fatti che connotavano il diritto azionato, con riferimento al periodo dedotto in giudizio;
9. la Corte di appello ha collocato, nel caso concreto – e non per regola generale ed astratta – la conoscenza (e/o la ragionevole conoscibilità) al momento di cessazione della complessiva esposizione ad amianto. A tale riguardo, ha ritenuto di valorizzare le allegazioni dello stesso lavoratore nella parte in cui aveva descritto le modalità della sua esposizione, come operaio addetto alla produzione e manutenzione, in diverse imprese siderurgiche, in particolare, nel periodo in cui aveva lavorato presso lo stabilimento di Piombino (per il quale richiedeva la maggiorazione contributiva);
11. l’individuazione, in concreto, del momento di decorrenza della prescrizione ovvero l’accertamento giudiziale della conoscenza (e/o conoscibilità) dell’esposizione qualificata da parte del lavoratore costituisce tipico apprezzamento di fatto, perché reso attraverso la valutazione delle risultanze processuali, che, come tale, è censurabile in questa sede nei ristretti limiti di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, qui non ritualmente denunciati;
12. il ricorso va, pertanto, respinto, con le spese liquidate, secondo soccombenza, come da dispositivo;
13. sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ove il versamento risulti dovuto.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 19 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2022