Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.956 del 13/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – rel. Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5187-2020 proposto da:

M.K., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO 38, presso lo studio dell’avvocato MARCO LANZILAO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI ROMA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 5120/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 25/07/2019 R.G.N. 7433/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/10/2021 dal Consigliere Dott. MARGHERITA MARIA LEONE.

RILEVATO

Che:

1. La Corte di appello di Roma con sentenza pubblicata il 25.7.2019, respingeva il ricorso proposto da M.K. cittadino del Bangladesh, avverso il provvedimento con il quale la Commissione territoriale di Roma aveva rigettato la domanda di riconoscimento di, status, di rifugiato, protezione sussidiaria o della protezione (ndr: testo originale non comprensibile) di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998 proposta dall’interessato, fuggito dal Bangladesh perché minacciato dai militanti del partito ***** per il rifiuto di iscriversi al loro partito e lavorare con loro.

La Corte d’appello aveva ritenuto che:

2. Era rimasta solo dedotta ma non dimostrata la relazione tra l’espatrio ed i motivi politici.

2.1 Era da escludere la protezione sussidiaria in quanto nel Paese d’origine non sussistono situazioni di conflitto pericolose per la vita del richiedente.

La Corte d’appello rigettava la domanda e revocava la ammissione al patrocinio in favore dello Stato.

3. Il ricorrente proponeva ricorso avverso detta decisione.

4. Il Ministero dell’Interno non si costituiva e depositava memoria al solo fine di eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

CONSIDERATO

Che:

5. il ricorso è articolato in tre motivi;

5.1. Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 la nullità della sentenza per omessa (apparente) motivazione.

5.2 Parte ricorrente con il secondo motivo rileva il difetto di motivazione per travisamento dei fatti. In particolare si duole della carenza di analisi sulla situazione del paese, sulla situazione attuale del ricorrente anche in caso di eventuale rientro.

5.3 In ultimo è denunciata la mancata applicazione della protezione umanitaria e la esistenza di una condizione di vulnerabilità. Questa Corte ha avuto occasione di chiarire che presupposto per il riconoscimento della protezione internazionale è l’esistenza di un racconto ovvero di una storia credibile da parte del richiedente. Ha altresì specificato che nell’ipotesi di racconto intrinsecamente inattendibile alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva, in cui essendo il racconto affetto da estrema genericità o da importanti contraddizioni interne, la ricerca delle Coi è inutile, perché manca alla base una storia individuale rispetto alla quale valutare la coerenza esterna, la plausibilità ed il livello di rischio (Cass. n. 6738/2021; Cass. n. 24183/2020).

Nel caso di specie tali presupposti non sono rinvenibili poiché in ricorso non è riportata la “storia” del ricorrente e non è possibile esprimere la necessaria valutazione sulle censure espresse. La genericità di queste ultime non supportata da necessaria integrazione di elementi di fatto idonei a rappresentare il vissuto e, in definitiva, le ragioni della richiesta di protezione, rendono non esercitabile la valutazione richiesta a questa Corte di legittimità.

6. I motivi del ricorso in questa sede devono avere come presupposto comune la necessaria allegazione, precisa e chiara, della storia del richiedente, ovvero di quelle deduzioni relative alle vicende personali, al contesto ed alle condizioni esterne, determinative delle ragioni della richiesta di protezione invocata.

6.1. Va ricordato al riguardo il consolidato e condiviso indirizzo di questa Corte secondo cui il dovere di cooperazione istruttoria si concretizza solo in presenza di allegazioni del richiedente precise, complete, circostanziate e credibili, e non invece generiche, non personalizzate, stereotipate, approssimative e, a maggior ragione, non credibili, competendo all’interessato di innescare l’esercizio del dovere di cooperazione istruttoria (vedi, per tutte: Cass. 12 giugno 2019, n. 15794).

6.2. L’assenza di siffatte condizioni rende inammissibile il ricorso. Nulla per le spese.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, quanto al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato ivi previsto, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese del presente giudizio di cassazione. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, all’adunanza, il 20 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2022

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