Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Sentenza n.958 del 13/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17862-2016 proposto da:

I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo studio degli avvocati LUCIANA ROMEO, LUCIA PUGLISI che lo rappresentano e difendono;

– ricorrente –

contro

M.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CELIMONTANA 38, presso lo studio degli avvocati PAOLO PANARITI, ALESSANDRA MANZO, rappresentato e difeso dall’avvocato GIOVANNI BETTA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3/2016 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 09/03/2016 R.G.N. 232/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/11/2021 dal Consigliere Dott. DANIELA CALAFIORE;

il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. STEFANO VISONA’;

visto il D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8 bis, convertito con modificazioni nella L. 18 dicembre 2020, n. 176, ha depositato conclusioni scritte.

FATTI DI CAUSA

Con sentenza n. 3 del 2016, la Corte d’appello di Bologna ha rigettato l’impugnazione proposta dall’INAIL avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto la domanda di M.D. tesa ad ottenere l’accertamento della natura professionale della malattia psichica contratta dai medesimo con condanna dell’Istituto al pagamento delle prestazioni di legge relative a postumi pari al 6% ed alla invalidità temporanea dal 21 marzo al 16 ottobre 2001.

Ad avviso della Corte territoriale, disattesa l’eccezione di tardività dell’impugnazione, notificata il 9 marzo 2012, per decorso del termine breve di trenta giorni decorrenti dalla data di notifica della sentenza di primo grado avvenuta il 13 dicembre 2011, in quanto era stato notificato il solo dispositivo, la consulenza tecnica d’ufficio, rinnovata in secondo grado, aveva accertato che il ricorrente era stato effettivamente esposto al rischio morbigeno della ” costrittività organizzata” e che il medesimo aveva contratto la sindrome da disadattamento cronico del sottotipo F4322, con ansia ed umore depresso misti, in soggetto affetto da combinazione di disturbo ansioso depressivo persistente di grado moderato, dal quale derivava un danno pari al 6% in applicazione delle tabelle Inail, confermandosi che l’inabilità temporanea assoluta era stata pari a 180 giorni a decorrere dal 21 marzo 2001.

Avverso tale sentenza ricorre per cassazione l’INAIL sulla base di tre motivi. M.D. ha resistito con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia la violazione del T.U. n. 1124 del 1965, art. 52, in relazione allo stesso testo, art. 66, dal momento che era stato riconosciuto il diritto all’indennità temporanea dal 21 marzo 2001 al 16 ottobre 2001 e cioè in epoca precedente alla data della denuncia di malattia, dichiarata con certificato medico datato il 18 maggio 2004 e ricevuto il 28 giugno 2004, come risultava dal certificato medico allegato agli atti. Tale circostanza era stata accertata e non contestata nel corso del giudizio ed era stata ribadita dall’INAIL nelle note difensive autorizzate depositate il 20 aprile 2011, successivamente al deposito della relazione della c.t.u., proprio per segnalare che l’inabilità temporanea assoluta non avrebbe potuto essere riconosciuta prima di tale data. La medesima circostanza, disattesa dal primo giudice, era poi stata dedotta nel ricorso in appello, nel secondo motivo, come emergeva dallo stralcio riprodotto in ricorso tratto dal ricorso allegato al ricorso per cassazione.

Con il secondo motivo, si denuncia la violazione dell’art. 135 t.u. n. 1124 del 1965 in relazione alla circostanza che la Corte d’appello aveva dichiarato il diritto del M. a percepire le prestazioni economiche di legge conseguenti al danno biologico del 6% per la malattia professionale denunciata, senza una specifica decorrenza, con ciò sostanzialmente facendola decorrere dalla data della cessazione dell’inabilità temporanea assoluta (16.10.2001) anziché dal giorno della domanda amministrativa (18 maggio 2004). Anche in questo caso, come afferma il ricorrente riportando il contenuto degli atti del processo di merito ove era stata ribadita la data della comunicazione della denuncia di malattia del 28 giugno 2004.

Il terzo motivo denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)) per aver omesso di considerare la circostanza decisiva secondo cui lo stesso M. aveva dichiarato, come riportato nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado e nelle note difensive autorizzate (atti allegati al ricorso per cassazione) che la domanda era stata presentata il 18 maggio 2004 e nessuna prestazione poteva decorrere anticipatamente rispetto a tale data.

Preliminarmente, va rilevata la infondatezza dell’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dal controricorrente, per violazione del termine cd. breve di sessanta giorni di cui all’art. 325 c.p.c., in ragione della affermata tardività della notifica del ricorso per cassazione, avvenuta in via telematica il 14 luglio 2016, a fronte della notifica della sentenza impugnata che sarebbe avvenuta il 22 marzo 2016 e non il 6 giugno 2016, come dichiarato dal ricorrente.

Invero, parte controricorrente ha sostenuto l’eccezione mediante la produzione della stampa attestante che il 22 marzo 2016, alle ore 17:36, da manuelatiriniordineavvocatibopec.it è stato inviato a mezzo pec messaggio diretto e.maccolini.postacert.inail.it relativo alla notifica della sentenza M./Inail, ai sensi della L. n. 53 del 1994, nonché con la stampa che attesta che il detto messaggio è stato accettato dal sistema ed inoltrato alle ore 17:40:37 dello stesso 22 marzo 2016.

Ciò, tuttavia, non prova l’avvenuta notifica telematica della sentenza impugnata idonea a determinare il decorso del termine breve per l’impugnazione, giacché difetta la prova dell’avvenuta consegna del messaggio nella casella di posta del destinatario avendo questa Corte di legittimità affermato che qualora la notificazione della sentenza impugnata sia stata eseguita con modalità telematiche, a mezzo PEC dal difensore, la stessa si perfeziona unicamente al momento della generazione della ricevuta di avvenuta consegna (RAC), vedi ex plurimis Sez. U, Sentenza n. 10266 del 27/04/2018, nello stesso senso, Cass. n. 17450 del 14/07/2017; Cass. n. 30765 del 22/12/2017; Cass. n. 35047 del 17/11/2021).

I motivi, tutti connessi dalla essenzialità della considerazione della data in cui venne effettuata la denuncia di infortunio al fine di accertare la decorrenza del diritto alle prestazioni (indennità per inabilità temporanea assoluta e per inabilità permanente) rivendicate, possono essere trattati congiuntamente e sono fondati.

La giurisprudenza di questa Corte (vedi Cassazione civile, sez. lav., 09/01/2004, n. 165) ha avuto modo di ricordare che, a norma del D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 52, “l’assicurato è tenuto a dare immediata notizia di qualsiasi infortunio gli accada, anche se di lieve entità, al proprio datore di lavoro. Quando l’assicurato abbia trascurato di ottemperare all’obbligo predetto ed il datore di lavoro, non essendo venuto altrimenti a conoscenza dell’infortunio, non abbia fatto la denuncia ai termini dell’articolo successivo, non è corrisposta l’indennità per i giorni antecedenti a quello in cui il datore di lavoro ha avuto notizia dell’infortunio (comma 1). La denuncia della malattia deve essere fatta dall’assicurato al datore di lavoro entro il termine di giorni quindici dalla manifestazione di essa sotto pena di decadenza del diritto all’indennizzo per il tempo antecedente la denuncia (comma 2)”. Inoltre, la L. 7 agosto 1973, n. 533 (disciplina delle controversie individuali di lavoro e delle controversie in materia di previdenza e di assistenza obbligatorie) fa riferimento alla “richiesta” dell’assicurato all’Istituto assicuratore quale elemento sempre necessario salva diversa disposizione di legge.

Questa Corte nella decisione citata ha affermato che si tratta di norma generale, ulteriormente specificata nei diversi ordinamenti previdenziali e, per quanto concerne l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, nel riportato art. 52.

Dunque, il lavoratore non acquista il diritto soggettivo alla prestazione indennitaria in difetto della propria iniziativa ossia della denuncia di cui all’art, 52 cit. (o della notizia dell’infortunio comunque pervenuta al datore di lavoro), che per tale parte specifica la generale previsione dell’art. 7 cit..

Pertanto, è onere dell’attore in giudizio di fornire la prova degli elementi costitutivi del diritto soggettivo affermato (art. 2697 c.c.) ed il giudice deve prendere atto degli elementi risultanti ex actis (cfr. Cass. 17 aprile 2003 n. 6194).

Più recentemente, Cass. civ. Sez. lavoro Sent., 06/12/2017, n. 29250, quanto alla rilevanza dell’ipotesi in cui la notizia dell’evento lesivo della salute sia stata fornita al datore di lavoro, ha affermato che il lavoratore può limitarsi a comunicarne l’esistenza al datore di lavoro, manifestando con chiarezza la volontà di fare valere il diritto alla prestazione previdenziale, senza che rilevi, ai fini della proponibilità della domanda in sede giurisdizionale, che non abbia inoltrato una specifica domanda amministrativa e non abbia inviato la documentazione medica riguardante le sue patologie, ove questa già sia in possesso del datore di lavoro, o che quest’ultimo non abbia trasmesso all’Inail, pur essendovi obbligato, l’istanza del lavoratore medesimo.

Quanto, poi, alla decorrenza dell’indennizzo relativo alla inabilità permanente, regolata dal D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 74 (non modificato dal D.Lgs. n. 38 del 2000, che ha inciso sulle percentuali rilevanti ma non anche sul dies a quo delle prestazioni) questa Corte ha ribadito che la decorrenza della prestazione va fissata dal momento della cessazione del periodo di inabilità temporanea assoluta, essendo all’epoca già presenti le condizioni sanitarie rilevanti nella misura riconosciuta. Quand’anche una domanda amministrativa ulteriore sia presentata dall’assistito al fine della commisurazione del danno a percentuale più elevata rispetto a quella riconosciuta dall’amministrazione, la decorrenza della prestazione nella (maggior) misura riconosciuta va ancorata in ogni caso alla data della cessazione del periodo di inabilità assoluta, e non a quello della ulteriore domanda amministrativa, in quanto sin da quel momento vi erano le condizioni sanitarie rilevanti per la prestazione (Cass. 03/08/2020, n. 16606).

La sentenza qui impugnata, la quale ha fatto decorrere l’indennità temporanea dal 21 marzo 2001 invece che dalla denuncia della malattia da parte del lavoratore, secondo le modalità sopra indicate, va quindi cassata con rinvio perché si effettui l’accertamento sopra indicato, a ciò dovendo provvedere la Corte d’appello di Bologna in diversa composizione, giudice di rinvio, che deciderà anche in ordine alle spese.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Bologna in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2022

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