Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.98 del 04/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33898/2019 proposto da:

K.M.S., elettivamente domiciliato in Roma Via Della Giuliana, 32 presso lo studio dell’avvocato Gregorace Antonio, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 02/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/10/2021 da Dott. CRICENTI GIUSEPPE.

RITENUTO

Che:

1.- K.M.S. è cittadino della *****. Ha dichiarato di essere fuggito dal suo paese dopo che, a seguito della morte del padre ed apertasi la successione ereditaria, lo zio ha rivendicato diritti sui beni di famiglia. Inoltre, lo stesso zio ha preteso che il ricorrente entrasse a far parte di una setta segreta locale: M. non solo ha rivendicato i suoi diritti ereditari ma ha altresì rifiutato di aderire alla setta. Entrambe le circostanze hanno provocato la reazione dello zio che ha minacciato il ricorrente, tentando altresì di ucciderlo. Questa situazione ha indotto k. a lasciare il suo paese e raggiungere l’Italia attraverso altre nazioni.

2.- il Tribunale di Roma ha ritenuto che questa vicenda dimostra una rilevanza meramente privata e che dunque non può costituire presupposto per una protezione internazionale. Ha inoltre escluso che in ***** esista una situazione di conflitto armato che impedisce il rimpatrio. Quanto invece alla protezione umanitaria, il Tribunale, da un lato, ha ritenuto non sufficiente l’integrazione in Italia, e, per altro verso, ha escluso sulla base delle allegazioni del ricorrente, che possano esistere pericoli di violazione di diritti fondamentali.

3.-. Il ricorso è basato su tre motivi. Il Ministero si è costituito tardivamente ma non ha notificato controricorso.

CONSIDERATO

Che:

5.- Il primo motivo di ricorso denuncia violazione della L. n. 251 del 2007, art. 3.

Il ricorrente contesta al Tribunale la violazione dell’obbligo di cooperazione istruttoria: in particolare di non aver tenuto conto né della situazione di povertà esistente in ***** né della situazione creata dalla presenza di sette religiose.

Il motivo è inammissibile.

La censura non coglie la vera ragione della decisione: il Tribunale in realtà ha creduto al racconto del ricorrente ma ha ritenuto la sua vicenda come un fatto meramente privato, come tale non suscettibile di protezione internazionale. Nella motivazione non si fa alcun cenno a situazioni di povertà, né vi era motivo di valutare la rilevanza del fenomeno delle sette religiose che invece avrebbe avuto rilievo in caso di ritenuta non credibilità del racconto.

Con la conseguenza che, proprio a causa della inverosimiglianza del racconto, non vi era alcun obbligo di cooperazione a carico del Tribunale, postulabile solo nel caso i giudici di merito non avessero ritenuto credibile il racconto.

6.- il secondo ed il terzo motivo denunciano omesso esame delle dichiarazioni rese dal ricorrente alla commissione territoriale, il secondo, e violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, il terzo.

Osserva il ricorrente che accreditate fonti internazionali riferiscono di una importante calamità naturale in *****, ed altre testimoniano del ruolo delle sette religiose in quel paese.

Inoltre – terzo motivo – che sussistono le ragioni di una protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14.

I motivi sono inammissibili.

Si limitano ad una apodittica affermazione del diritto alla protezione, senza alcuna censura specifica: né tale può considerarsi quella di non aver tenuto conto di una calamità naturale verificatasi nella capitale, o del fatto, apoditticamente affermato, che i cittadini sono in balia del sistema poliziesco e giudiziario.

Alcun riferimento è fatto alla vicenda concreta, ossia alcun riferimento è fatto per dimostrare che quelle due situazioni – calamità e persecuzione giudiziaria-riguardano, per l’appunto, il ricorrente.

7.- Il quarto motivo denuncia violazione della L. n. n. 286 del 1998, art. 5. Secondo il ricorrente, il Tribunale non avrebbe adeguatamente tenuto in considerazione il suo livello di integrazione in Italia attestato da un contratto di lavoro a tempo indeterminato.

Il motivo è inammissibile.

Infatti, dalla motivazione del decreto impugnato risulta che il ricorrente, lungi dall’allegare un contratto a tempo indeterminato, ha invece dimostrato solo di avere un contratto di lavoro stagionale nel settore agricolo.

Per il resto, il motivo non contiene alcuna specifica censura all’accertamento, pur contenuto nel decreto impugnato, della situazione del paese di origine con riguardo al rispetto dei diritti e fondamentali.

8.-Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Nulla spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2022

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