LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIA Lucia – Presidente –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –
Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 5757-2020 proposto da:
E.F., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato LORENZO TRUCCO;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO – Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Torino, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;
– resistente con mandato –
avverso la sentenza n. 612/2019 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 08/04/2019 R.G.N. 1373/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/11/2021 dal Consigliere Dott. PONTERIO CARLA.
RILEVATO
che:
1. La Corte d’appello di Torino ha respinto l’appello proposto da E.F., cittadino della Nigeria, avverso l’ordinanza del Tribunale che, confermando il provvedimento emesso dalla competente Commissione Territoriale, aveva negato il riconoscimento della protezione internazionale e umanitaria.
2. Il richiedente aveva allegato di essere fuggito dalla Nigeria in quanto lo zio paterno aveva preso il posto del nonno nell’adorazione dell’idolo quale sacerdote; che da quel momento la sua famiglia non aveva avuto più pace e lo zio, con altre tre persone, si era recato da suo padre esigendo che sposasse la cognata rimasta vedova; che il richiedente medesimo aveva reagito ferendo lo zio e le altre persone ed aveva poi saputo che la polizia lo stava cercando, così come i membri di una setta di cui lo zio faceva parte; aveva quindi deciso di lasciare il Paese.
3. La Corte d’appello ha giudicato non credibile, conformemente al Tribunale, il racconto del ricorrente perché generico e privo di documentazione a supporto. Ha negato lo status di rifugiato in ragione del carattere meramente privato delle vicende narrate. Ha escluso i presupposti per la protezione sussidiaria rilevando che una condizione di violenza indiscriminata, legata alla presenza del gruppo terroristico denominato Boko Haram, sussistesse unicamente nel nord del paese e non interessasse la zona di provenienza del richiedente, Edo State ove è situata la città di Benin City. Ha parimenti negato la protezione umanitaria sul rilievo che non fossero elementi a tal fine sufficienti l’aver svolto uno o più stage formativi, l’aver seguito corsi di lingua italiana e di scolarizzazione, l’aver partecipato ad attività di volontariato, l’aver lavorato con contratti a tempo determinato, considerato anche il salario minimo corrisposto all’appellante tale da non garantire un sufficiente tenore di vita.
4. Avverso tale sentenza il richiedente la protezione ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi ed ha, in via preliminare, formulato istanza di remissione in termini, in relazione alla proposizione del ricorso oltre il termine di legge, in ragione delle proprie precarie condizioni di salute, delle difficoltà di comunicazione col difensore e della complessità della normativa in tema di protezione internazionale.
5. Il Ministero dell’Interno si è costituito al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.
CONSIDERATO
che:
6. In via pregiudiziale, deve rilevarsi che il ricorso per cassazione risulta tardivamente proposto ed è come tale inammissibile.
7. Difatti, la sentenza d’appello è stata pubblicata in data 8.4.2019 e il ricorso per cassazione notificato a mezzo p.e.c. il 23.1.2020, oltre il termine semestrale di cui all’art. 327 c.p.c., pure considerata la sospensione feriale dei termini. (dall’1 al 31 agosto 2018, giusta il D.L. n. 132 del 2014, art. 16, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 162 del 2014, applicabile a decorrere dall’anno 2015).
8. Questa Corte ha precisato (v. Cass. n. 14821 del 2020) che, nelle controversie in materia di protezione internazionale celebrate ratione temporis secondo il rito sommario introdotto dal D.Lgs. n. 150 del 2011, il ricorso per cassazione avverso la sentenza d’appello deve essere proposto nel termine di sei mesi dalla pubblicazione della decisione, come previsto in via generale dall’art. 327 c.p.c., comma 1, non essendovi disposizioni particolari che riguardino l’impugnazione delle pronunce di gravame all’esito di un procedimento sommario, e non trovando applicazione il disposto dell’art. 702-quater c.p.c., che attiene alla proposizione dell’appello contro le ordinanze di primo grado.
9. Non può trovare accoglimento l’istanza di remissione in termini proposta dal ricorrente. Tale istituto, previsto dall’art. 153 c.p.c., comma 2, come novellato dalla L. n. 69 del 2009, e che opera anche con riguardo al termine per proporre impugnazione, richiede la dimostrazione che la decadenza sia stata determinata da una causa non imputabile alla parte e riferibile ad un evento che presenti il carattere dell’assolutezza, non già un’impossibilità relativa, né tantomeno una mera difficoltà (v. Cass., S.U. n. 27773 del 2020; n. 32725 del 2018). Mere difficoltà sono quelle prospettate nel caso di specie dall’odierna parte ricorrente.
10. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, senza necessità di pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità, atteso che il Ministero dell’Interno è rimasto intimato.
11. Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012 n. 228, art. 1, comma 17, se dovuto.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 24 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2022