Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.99 del 04/01/2022

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34659/2019 proposto da:

S.F., elettivamente domiciliato in Roma, presso la Suprema Corte di Cassazione, e difeso dall’avv. Stefano Mannironi, del Foro di Nuoro.

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato.

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CAGLIARI, depositata il 08/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 15/10/2021 da Dott. CRICENTI GIUSEPPE.

RITENUTO

Che:

1. – S.F. è cittadino della *****. Ha raccontato di essere fuggito dal suo paese per aver rifiutato di far parte della setta religiosa denominata “*****” di cui era membro anche il padre. Quando costui si ammalò, egli seppe che era stato ucciso dai membri della setta, che condussero lui in un bosco onde adempiere al rituale di iniziazione. Il ricorrente era contrario ad aderire alla società segreta sia perché temeva di fare la fine del padre sia in quanto la sua religione musulmana glielo impediva. Da qui la fuga per evitare le ritorsioni dei membri della setta religiosa.

2. – Il Tribunale di Cagliari ha rigettato la richiesta di protezione internazionale, innanzitutto ritenendo non credibile il racconto del ricorrente, non solo per le contraddizioni in cui è incorso, ma altresì alla luce delle informazioni che le fonti internazionali disponibili riferiscono circa il ruolo delle sette nella *****. Il Tribunale ha altresì escluso forme di persecuzione nelle quali incorrerebbe il ricorrente, ed ha escluso anche che in ***** vi sia un conflitto armato generalizzato. Quanto alla protezione umanitaria il Tribunale ha ritenuto insufficiente l’integrazione del ricorrente in Italia.

3. – Il ricorso è basato su sei motivi. Il Ministero si è costituito tardivamente ma non ha notificato controricorso. Memoria del ricorrente.

CONSIDERATO

Che:

5. – Il primo motivo denuncia violazione degli artt. 19 e 20 della Convenzione dei Diritti del Fanciullo di New York e della L. n. 142 del 2015, art. 18, oltre che motivazione contraddittoria.

Il ricorrente osserva di essere entrato in Italia quanto era minorenne ed eccepisce che avrebbe dovuto beneficiare della tutela riservata ai minori non accompagnati. Invoca quindi la violazione della regola prevista dalla L. n. 47 del 2017, art. 3, comma 1 bis, che vieta l’espulsione di minori stranieri non accompagnati.

Il motivo e infondato.

Infatti, “il diritto del minore straniero non accompagnato alla più incisiva protezione internazionale non può proiettarsi oltre il compimento della maggiore età, al raggiungimento della quale viene meno il bisogno di una più intensa protezione. Ne consegue, sul piano processuale, che se da un canto è sufficiente che la minore età, quale condizione (cd. “possibilità giuridica”) dell’azione, sussista al momento della decisione, è necessario, d’altro canto, che essa persista sino al momento della stessa” (Cass. 17115/ 2020).

6.- Il secondo motivo denuncia violazione della L. n. 39 del 1990, art. 1, oltre che motivazione contraddittoria.

Il terzo motivo denuncia violazione della L. n. 286 del 1998, art. 5, nonché omesso esame di un fatto decisivo.

Entrambi i motivi possono valutarsi insieme.

Infatti, essi attengono, a dispetto anche della loro rubrica, alla credibilità del racconto fatto alla Commissione territoriale. Mirano cioè a contestare il giudizio di inverosimiglianza effettuato dal Tribunale: per un verso il ricorrente ritiene che il suo racconto è assolutamente credibile e indica i punti in cui questa credibilità risulta; per altro verso, ritiene che conferme della credibilità del suo racconto derivano chiaramente dalle fonti internazionali che descrivono il ruolo delle società segrete nella *****.

I motivi sono infondati.

Va premesso che “la valutazione di credibilità delle dichiarazioni del richiedente non è affidata alla mera opinione del giudice ma è il risultato di una procedimentalizzazione legale della decisione, da compiersi non sulla base della mera mancanza di riscontri oggettivi ma alla stregua dei criteri indicati del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, tenendo conto “della situazione individuale e delle circostanze personali del richiedente” di cui al comma 3 dello stesso articolo, senza dare rilievo esclusivo e determinante a mere discordanze o contraddizioni su aspetti secondari o isolati del racconto. Detta valutazione, se effettuata secondo i criteri previsti dà luogo ad un apprezzamento di fatto, riservato al giudice del merito, essendo altrimenti censurabile in sede di legittimità per la violazione delle relative disposizioni” (Cass. 14674/2020).

Ciò premesso le censure del ricorrente non riguardano i criteri utilizzati dal Tribunale per valutare la credibilità del racconto, ma consistono nella richiesta di una rivalutazione dei fatti narrati e di una riproposizione dei medesimi assertivamente ritenuti come veritieri. Quanto al riscontro esterno, risulta invece che il Tribunale ha verificato il ruolo delle società segrete in ***** attraverso il ricorso a fonti internazionali attendibili (p. 6-7).

7. – Il quarto motivo denuncia violazione della L. n. 251 del 2007, art. 14, L. n. 25 del 2008, art. 8, nonché omesso esame di un fatto decisivo.

Il quinto motivo denuncia violazione della L. n. 286 del 1998, art. 19 e omessa insufficiente e contraddittoria motivazione.

I due motivi possono esaminarsi insieme.

Essi attengono alla contestazione del rigetto della protezione sussidiaria ed investono sia le ipotesi di cui alle lett. a) e b) dell’art. 14 citato sia all’ipotesi della lett. c) del predetto articolo. Ritiene il ricorrente che il Tribunale abbia erroneamente escluso che in caso di rientro in patria egli possa essere oggetto non solo di trattamenti disumani, ma altresì del rischio della pena di morte. Osserva il ricorrente come quest’ultima sanzione sia prevista dall’ordinamento della *****. Quanto alla protezione sussidiaria di cui dell’art. 14, lett. c), il ricorrente assume che in caso di rimpatrio c’e’ il rischio di finire in un paese in cui c’e’ una situazione di conflitto armato generalizzato.

I motivi sono infondati.

Quanto alle ipotesi di protezione sussidiaria di cui della L. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), basta osservare che si tratta di ipotesi che presuppongono che il racconto dello straniero sia ritenuto credibile: il giudice di merito non deve accettare pericoli di trattamenti disumani o di rischio di pena di morte ove abbia ritenuto inverosimile il racconto e dunque ove sia escluso che la situazione prospettata dal ricorrente sia inverosimile. Il giudice di merito deve, pur in caso di inverosimiglianza del racconto, accertare invece se ricorrono le condizioni di cui dell’art. 14, lett. c), che, come è noto, e secondo l’interpretazione data dalla giurisprudenza comunitaria, presuppone che vi sia nel paese di origine un conflitto armato generalizzato. A fronte dell’accertamento fatto dal Tribunale, che ha escluso, attraverso il ricorso a fonti attendibili ed aggiornate, che in ***** vi sia una situazione di conflitto armato generalizzato, il ricorrente non ha svolto una censura pertinente, in quanto ha evidenziato solo una situazione di sporadici attacchi terroristici ed episodi di violenza, non sufficiente a costituire conflitto armato generalizzato.

8. – Il sesto motivo denuncia violazione della L. n. 286 del 1998, art. 5, oltre che omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione.

La censura riguarda il rigetto della protezione umanitaria e contesta al Tribunale di aver reso una motivazione apodittica soprattutto relativamente alla integrazione del ricorrente in Italia, e dunque di aver dato scarso rilievo alla sua vita privata ai fini del divieto di rimpatrio: viene evidenziato in particolare l’inserimento in una squadra di calcio e la partecipazione a corsi professionali oltre che la frequenza di gruppi religiosi seguaci del culto di *****.

Il motivo è fondato.

Invero il Tribunale, che pure ha valutato il grado di inserimento del ricorrente in Italia, ritenendolo insufficiente (non parla la lingua, non ha lavoro stabile), non ha invece valutato se il rimpatrio possa esporre il ricorrente a violazione di diritti umani.

Un tale accertamento, invero, non può ritenersi insito in quello di cui della L. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), che si riferisce alla diversa situazione dell’esistenza di un conflitto armato generalizzato.

Piuttosto l’accertamento deve riguardare il livello di godimento dei diritti fondamentali e la possibilità che quel godimento, in caso di rimpatrio, sia compromesso: può non esservi un conflitto armato generalizzato, ma risultare comunque una sistematica violazione di diritti fondamentali.

Nella motivazione non si dà conto di un tale accertamento.

9.- Il ricorso va dunque accolto in tali termini.

P.Q.M.

La Corte accoglie il sesto motivo, rigetta gli altri. Cassa la decisione impugnata e rinvia al Tribunale di Cagliari, in diversa composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2022

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472