Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.991 del 14/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. MELE Maria Elena – rel. Consigliere –

Dott. VECCHIO Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 23899/2017 R.G. proposto da:

LINSUD SRL, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. Salvatore Petillo, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo sito in Roma, via Federico Ozanam, n. 69;

– ricorrente –

contro

CONSORZIO DI BONIFICA BRADANO E METAPONTO, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. Domenico Claudio Carigliano, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo sito in Roma, via Pinerolo, n. 22;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Basilicata n. 269/2017, depositata il 4 aprile 2017.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23 aprile 2021 dal Consigliere Maria Elena Mele.

RITENUTO

Che:

La società Linsud srl ha proposto ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Basilicata che aveva rigettato l’appello da essa proposto avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Matera.

Oggetto dell’impugnazione originaria della contribuente era la cartella di pagamento concernente il contributo consortile relativo all’anno 2011 sui terreni di sua proprietà ubicati nel comprensorio del Consorzio di bonifica Bradano e Metaponto. Secondo la Linsud l’ambito territoriale ove erano situati i fondi non era mai stato interessato da opere di bonifica, sicché nessun vantaggio essi avrebbero ritratto dall’attività consortile, con conseguente illegittimità della pretesa impositiva.

La CTP rigettava il ricorso ritenendo legittima la cartella di pagamento per il solo fatto che gli immobili della contribuente risultassero inclusi nel comprensorio consortile.

La CTR confermava la sentenza di prime cure.

Il Consorzio di bonifica Bradano e Metaponto ha resistito con controricorso.

CONSIDERATO

che:

Il primo motivo è così rubricato: “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia e violazione e falsa applicazione del R.D. n. 215 del 1933 (artt. 10, 1,21,54 e 59) e degli artt. 860 e 864 c.c.”. Secondo la ricorrente, la sentenza impugnata non motiverebbe in ordine all’iter logico in base al quale è stata ritenuta sufficiente la semplice inclusione del bene nel comprensorio del Consorzio per giustificare l’imposizione. La CTR non avrebbe verificato l’ubicazione degli immobili rispetto alle opere consortili né quali fossero le opere per assicurare la regimazione idraulica e il beneficio tratto dagli immobili della contribuente. Non avrebbe, inoltre, evidenziato l’esistenza di prove di un beneficio diretto e specifico, e neppure l’esistenza di un nesso causale tra le opere di bonifica, la loro manutenzione e l’aumento di valore dei fondi della ricorrente.

Il secondo motivo risulta così rubricato: Illegittimità dell’imposizione per carenza del presupposto e di idonea dimostrazione di un rapporto causale diretto e specifico tra le opere di bonifica o di loro manutenzione e l’aumento di valore del bene oggetto di imposizione. Attraverso tale censura la ricorrente deduce che la sentenza impugnata avrebbe omesso di accertare l’esistenza del presupposto dell’imposizione costituito dal vantaggio specifico favore dei terreni della contribuente.

Il primo motivo è infondato.

Secondo il consolidato orientamento di questa Corte dal quale il Collegio non ritiene di discostarsi, non ricorre il vizio di omessa pronuncia quando la motivazione accolga una tesi incompatibile con quella prospettata, implicandone il rigetto, dovendosi considerare adeguata la motivazione che fornisce una spiegazione logica ed adeguata della decisione adottata, evidenziando le prove ritenute idonee e sufficienti a suffragarla, ovvero la carenza di esse, senza che sia necessaria l’analitica confutazione delle tesi non accolte o la particolare disamina degli elementi di giudizio non ritenuti significativi (Cass., Sez. 5, n. 2153 del 30/01/2020).

Si è inoltre affermato che il vizio di omessa o insufficiente motivazione, di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ricorre solo quando, dal compendio giustificativo sviluppato a supporto della decisione, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa soluzione o sia evincibile un’obiettiva carenza dell’iter logico-argomentativo che ha portato il giudice a regolare la vicenda al suo esame in base alla regola concretamente applicata, mentre, a sua volta, il vizio di contraddittorietà si rende ravvisabile solo in presenza di argomentazioni contrastanti e tali da non permettere di comprendere la ratio decidendi posta a fondamento della decisione adottata (Cass. n. 4990 del 2020; n. 12967 del 24/05/2018).

Nella specie, il giudice d’appello, sia pure in modo sintetico, ha specificamente illustrato le ragioni del proprio convincimento affermando che l’immobile del contribuente risultava incluso nel comprensorio del Consorzio, che tale ubicazione era sufficiente per desumerne il vantaggio generalizzato di evitare allagamenti, o comunque, danni. Inoltre, la contribuente non aveva contestato che l’immobile di sua proprietà rientrasse nel comprensorio consortile e neppure la regolarità del piano di classificazione adottato dal Consorzio, il quale era stato approvato dalla competente autorità regionale. Sulla base di tali elementi la sentenza impugnata aveva ritenuto che gravasse sul contribuente l’onere di contestare la legittimità del piano e il suo contenuto e che tale onere non era stato assolto.

Il secondo motivo è infondato.

La giurisprudenza di questa Corte è costante nel ritenere che il contribuente ben possa contestare la legittimità della pretesa impositiva dell’ente, assumendo che gli immobili di sua proprietà non traggono alcun beneficio diretto e specifico dall’opera del consorzio, anche qualora non abbia impugnato innanzi al giudice amministrativo gli atti generali presupposti, e cioè il perimetro di contribuenza, il piano di contribuzione ed il bilancio annuale di previsione del consorzio. Tuttavia, in tal caso, quando vi sia un piano di classifica, approvato dalla competente autorità, l’ente impositore è esonerato dalla prova del predetto beneficio, il quale si presume in ragione della comprensione dei fondi nel perimetro d’intervento consortile e dell’avvenuta approvazione del piano di classifica, sicché grava sul contribuente l’onere di fornire la prova contraria (Sez. 5, n. 8079 del 23/04/2020, Rv. 657553-01; Sez. 6-5, n. 24356 del 29/11/2016, Rv. 641760 – 01; Sez. 5, n. 21176 del 08/10/2014, Rv. 633055-01).

Nella specie, la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione di tale principio affermando che la riscossione dei contributi consortili era fondata su un piano di classifica approvato dall’autorità regionale a fronte del quale la contribuente non aveva soddisfatto all’onere della prova su di essa gravante.

Il ricorso deve essere pertanto rigettato e la ricorrente condannata al pagamento delle spese del presente giudizio che si liquidano come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 600,00 per compensi, oltre spese forfetarie, accessori di legge e oltre Euro 200,00 per esborsi.

Visto il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 23 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2022

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