Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.995 del 14/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 4938/2017 R.G. proposto da:

M.M., rappresentato e difeso dall’avv. Emilio Rolando Trivoli, con domicilio eletto in Roma, Via del Casale Strozzi 31, presso l’avv. Luca Guerra.

– ricorrente –

contro

IMMOBILIARE D.C. DI G. E L. D.C. S.N.C., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Emilio Battaglia, con domicilio eletto in Roma, alla Via Depretis n. 86.

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna n. 2303/2016, depositata in data 16.12.2016.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del giorno 23.9.2021 dal Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato.

FATTI DI CAUSA

L’ing. M.M. ha evocato in giudizio dinanzi al tribunale di Rimini l’Immobiliare D.C., esponendo di aver ricevuto dalla convenuta l’incarico di progettazione e direzione dei lavori di un complesso immobiliare in *****, per un corrispettivo da liquidare secondo le tariffe, disponendo che le maggiori spese e i compensi accessori di cui agli artt. 4 e 6 della tariffa sarebbero stati rimborsati a parte, in una cifra forfettaria pari al 25% degli onorari. Ha chiesto il pagamento del saldo pari ad Euro 303.512,31, oltre accessori e spese legali, avendo percepito in acconto l’importo di Euro 200.984,44.

Si è costituita la società, dichiarandosi disponibile a versare – a saldo – l’importo di Euro 128.955,16.

Acquisita documentazione ed espletata c.t.u., all’esito il tribunale, dopo aver quantificato il compenso complessivamente spettante all’attore in Euro 329.940,00, ha condannato l’Immobiliare D.C. al pagamento di Euro 128.955,16, compensando le spese legali, ad eccezione di quelle di c.t.u., poste a carico del M..

La sentenza, appellata da entrambe le parti, è stata confermata dalla Corte distrettuale di Bologna.

Ritenuti incontestati il conferimento dell’incarico ed il suo regolare espletamento, il giudice territoriale ha precisato che il professionista aveva inoltrato due distinte parcelle, la prima delle quali – su cui il Consiglio dell’ordine aveva espresso il parere di congruità – doveva ritenersi definitiva, poiché elencava tutte le prestazioni effettivamente svolte, con gli importi richiesti.

Ha poi stabilito che il ricorrente non aveva titolo al maggior importo preteso in giudizio, ponendo in rilievo che l’entità del compenso ritenuta congrua dal Consiglio dell’ordine era stata confermata dai conteggi e dalle verifiche effettuate dal c.t.u., potendosi riconoscere al progettista solo il saldo liquidato dal tribunale.

Quanto alle maggiorazioni sul compenso richieste per l’urgenza con cui era stata svolta l’attività, la Corte ha evidenziato che nessuna modifica era stata apportata al contratto di incarico quanto ai tempi di espletamento dell’attività professionale, mentre, con riferimento al compenso per il certificato antincendi, ha evidenziato che tale certificazione non era stata rilasciata proprio a causa di taluni difetti del progetto.

La Corte bolognese ha infine respinto l’appello incidentale della D.C., ritenendo che gli interessi spettanti al M. decorressero dal momento della messa in mora del 9.3.2009.

La cassazione della sentenza è chiesta da M.M. con ricorso in tre motivi.

L’Immobiliare D.C. s.n.c. ha depositato controricorso.

In prossimità dell’adunanza camerale le parti hanno depositato memorie illustrative.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 1372 c.c. e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per aver la sentenza stabilito che l’incarico professionale era stato conferito al M., unitamente ad altro professionista, in forma verbale e con previsione di un compenso pari al 10% del costo dell’opera e ciò sebbene fosse stato acquisito al processo il contratto scritto che prevedeva un compenso da calcolare in applicazione delle tariffe professionali.

Il motivo è inammissibile per difetto di rilevanza.

L’assunto della Corte territoriale, secondo cui il ricorrente aveva ricevuto un incarico congiunto concluso in forma verbale, con previsione di un corrispettivo complessivo di Euro 400.000,00, calcolato a percentuale sul valore dell’opera, non ha in alcun modo inciso sull’esito della causa.

Già il tribunale aveva verificato la spettanza delle somme richieste dal M., demandando al c.t.u. il compito di vagliare la correttezza del parere del Consiglio dell’ordine professionale, reso sullo schema di parcella predisposto dal professionista, a sua volta elaborata sulla base del contratto scritto del 23.7.2002, in applicazione delle tariffe professionali.

Anche in appello, il controllo sulla congruità della quantificazione del compenso è avvenuto sulla base dei criteri tariffari indicati dal ricorrente, non già in applicazione di un presunto accordo verbale o sul presupposto che l’importo complessivamente concordato dalle parti fosse pari alla percentuale del 10% del valore dell’opera.

In definitiva l’errore denunciato, seppure sussistente, non ha avuto incidenza sull’esito del giudizio ed il ricorrente non ha – quindi – alcun interesse a dolersene.

2. Il secondo motivo denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per aver la Corte ritenuto che l’invio, da parte del ricorrente, di una seconda parcella, con indicazione di un importo finale di Euro 504.497,20, fosse chiaramente strumentale poiché diretto a confutare le conclusioni del c.t.u., essendo invece la nota elaborata in base alle previsioni contrattuali nel rispetto del principio di inderogabilità dei minimi tariffari.

Il terzo motivo denuncia la violazione della L. n. 143 del 1949, e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, sostenendo che la prima parcella inviata dal professionista doveva considerarsi provvisoria, essendo stata sottoposta al Consiglio dell’ordine solo affinché fosse espresso il parere di congruità.

La pronuncia sarebbe errata anche nel punto in cui ha escluso la spettanza delle maggiorazioni per l’urgenza, dato che il ricorrente, dovendo svolgere solo la progettazione, era tenuto ad esaurire l’incarico nel breve termine di 120 gg., in modo che gli immobili fossero completati rapidamente, essendo stati già locati a terzi. Riguardo al compenso per il rilascio della certificazione antincendi, occorreva considerare che la consegna della documentazione ai Vigili del fuoco, finalizzata ad ottenere il suddetto certificato, era avvenuta nel corso di un incontro svoltosi all’insaputa del M. e al quale questi non aveva partecipato.

Inoltre, non era emersa alcuna carenza della progettazione in fase di rilascio del parere di conformità o nella fase di esecuzione e comunque la mancanza della documentazione necessaria ad ottenere il certificato era imputabile ai fornitori e i produttori e non certo al progettista.

I due motivi, che possono esaminarsi congiuntamente, sono infondati.

La Corte di merito – nel confermare la pronuncia di primo grado ha fatto proprie le conclusioni del c.t.u., che, sulla scorta di una puntuale disamina delle singole voci esposte in parcella, della congruità delle somme richieste in relazione alle attività effettivamente espletate dal professionista o comunque da questi eseguite con la dovuta diligenza, ha ritenuto corretta la liquidazione oggetto del parere di congruità del Consiglio dell’ordine professionale.

Le decisioni assunte non appaiono affatto conseguenza né della ritenuta strumentalità dell’invio di una seconda parcella, né del carattere solo provvisorio di quella inviata in precedenza, ma del controllo sulla spettanza delle singole voci in applicazione dei parametri tariffari (non essendo(censurata, in proposito, un’eventuale violazione dei minimi inderogabili).

Attesa la reale ratio decidendi della pronuncia, fondata, come detto, sull’analitica verifica delle spettanze delle voci di parcella, le censure vertenti sul carattere definitivo o provvisorio di ciascuna nota specifica appaiono prive di rilevanza, non avendo influito sull’esito della causa.

Resta peraltro che, qualora il professionista, dopo avere presentato al proprio cliente una parcella per il pagamento dei compensi, successivamente richieda, per le stesse attività, un pagamento maggiore sulla base di una nuova parcella, il giudice di merito, richiesto della liquidazione, deve valutare quale delle richieste sia giustificata (salva l’ipotesi in cui una delle due parcelle abbia carattere vincolante in quanto conforme ad un pregresso accordo o espressamente accettata dal cliente), essendo tenuto al necessario apprezzamento di congruità degli onorari richiesti sulla base ed in funzione dei parametri previsti dalla tariffa professionale, con valutazione che, se adeguatamente motivata, non è sindacabile in sede di legittimità (cfr., con riferimento agli onorari di avvocato, Cass. 2575/2018; Cass. 6454/2008; Cass. 621/1997).

Riguardo all’omesso esame sia delle circostanze che giustificavano il compenso per l’urgenza, che di quelle pertinenti al certificato antincendi, la censura è inammissibile, avendo la Corte d’appello definito le questioni in fatto in modo conforme alla pronuncia di primo grado, sicché il vizio non è deducibile in cassazione stante il divieto di cui all’art. 348 ter c.p.c., commi 4 e 5.

In ogni caso, il fatto che la progettazione e l’acquisizione dei pareri urbanistici dovesse avvenire entro un termine di appena 120 gg. dalla stipula (risalente al 2002) appare deduzione esplicitamente confutata dalla Corte di merito, secondo cui nessuna modifica dei termini di adempimento del contratto professionale era stata convenuta dalle parti neppure a seguito dell’avvenuta locazione dell’immobile, tanto più che detta locazione avrebbe avuto effetto 24 mesi dopo l’approvazione del progetto.

Analogamente, quanto alla certificazione antincendio, il ricorso solleva questioni in fatto – riguardo al corretto espletamento dell’incarico – che trovano nella sentenza una puntuale e dettagliata smentita, con apprezzamento in fatto insindacabile in cassazione.

Il ricorso è quindi respinto, con aggiravi delle spese liquidate in dispositivo.

Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, pari ad Euro 200,00 per esborsi ed Euro 7300,00 per onorari, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali, in misura del 15%.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 23 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2022

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