Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.998 del 14/01/2022

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. PERRINO Angel – Maria –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – rel. Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 7526/2015 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

– ricorrente –

contro

B.R., rappresentato e difeso dall’avv. Katia Scarpa, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Bernardo De Stasio, sito in Roma, via Federico Cesi, 72;

– controricorrente –

Equitalia Nord s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, n. 4531/2014, depositata l’11 settembre 2014.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 12 ottobre 2021, tenutasi nelle forme previste dal D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art.

23, comma 8 bis, conv., con modif., nella L. 18 dicembre 2020, n. 176, dal Consigliere Paolo Catallozzi.

Lette le conclusioni scritte dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Cardino Alberto , che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

FATTI DI CAUSA

1. L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, depositata l’11 settembre 2014, di reiezione dell’appello dalla medesima proposto avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso di B.R. per l’annullamento di una cartella di pagamento emessa, a seguito di controllo formale, per il versamento dell’Iva e di ritenute alla fonte relative agli anni 2009 e 2010 dovute dalla Impresa Costruzioni Edili di B.R. e C. s.a.s. in liquidazione, di cui il contribuente era socio accomandatario e liquidatore.

1.1. Dall’esame della sentenza impugnata si evince che la Commissione provinciale aveva annullato l’atto impositivo in quanto notificato al socio e non già alla società debitrice principale.

2. Il giudice di appello ha confermato la decisione di prime cure condividendo l’assunto che il soggetto legittimato passivamente a ricevere notifica della cartella era la società e non il socio illimitatamente responsabile.

3. Il ricorso è affidato ad un unico motivo.

4. Resiste con controricorso B.R..

5. Non spiega, invece, alcuna attività difensiva la Equitalia Nord s.p.a..

6. Il ricorso è stato rimesso all’esame in pubblica udienza all’esito dell’adunanza del 24 giugno 2019.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo proposto l’Agenzia delle Entrate denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2304 e 2313 c.c., per aver il giudice di appello ritenuto che l’Ufficio non potesse notificare la cartella di pagamento al socio illimitatamente responsabile e, dunque, coobbligato in solido con la società, ma dovesse notificare la cartella medesima a quest’ultima, quale debitrice principale.

1.1. Il motivo è infondato.

La doglianza coglie nel segno nella parte in cui sostiene l’erroneità della sentenza impugnata per aver escluso la sua facoltà di notificare la cartella di pagamento al socio illimitatamente responsabile per i debiti della società.

Infatti, è principio consolidato quello per cui, in tema di riscossione delle imposte nei confronti delle società di persone, la responsabilità solidale ed illimitata dei soci per i debiti della società di persone, prevista dall’art. 2291 c.c., è operante anche nei rapporti tributari (Cass. 1 ottobre 2014, n. 20704; Cass. 8 novembre 2013, n. 25143).

Da ciò consegue che il socio di una società di persone può essere destinatario della pretesa tributaria anche quando questa si riferisca alla società, individuata dalle norme tributarie quale unico soggetto passivo d’imposta, rispondendo solidalmente dei debiti tributari di quest’ultima e resta sottoposto, a seguito dell’iscrizione a ruolo a carico della società, all’esazione del debito, alla condizione, posta dall’art. 2304 c.c., che il creditore non abbia potuto soddisfarsi sul patrimonio della società medesima (Cass. 9 maggio 2007, n. 10584; Cass. 6 settembre 2006, n. 19188).

La soggezione del socio all’azione esecutiva erariale sussiste anche quando sia rimasto estraneo agli atti impositivi rivolti alla formazione del titolo nei confronti della società, a lui non notificati, e ciò non determina una lesione del suo diritto di difesa, potendo impugnare, unitamente alla cartella di pagamento, anche tutti gli atti presupposti eventualmente non notificati e facendo valere vizi propri di quelli (cfr. Cass., ord., 25 maggio 2018, n. 13113; Cass. 22 dicembre 2014, n. 27189; Cass. 5 dicembre 2014, n. 25765).

Tali principi trovano, a maggior ragione, applicazione nei casi in cui, quale quello di specie, la iscrizione a ruolo del tributo è avvenuta a seguito di controllo formale e, dunque, non è stata preceduta dalla notifica di un prodromico atto impositivo.

1.2. L’accertamento della facoltà per l’agente della riscossione di notificare la cartella di pagamento al socio illimitatamente responsabile per debito della società anche indipendentemente dalla previa notifica della cartella a quest’ultimo, erroneamente negata dalla Commissione regionale, non conduce, tuttavia, all’accoglimento del motivo di impugnazione.

Infatti, come osservato in precedenza, la responsabilità del socio delle società di persone per i debiti sociali è assistita – ai sensi dell’art. 2304 c.c., applicabile alle società in accomandita semplice per effetto del rinvio disposto dall’art. 2315 c.c. – dal beneficio della preventiva escussione, la cui violazione è deducibile (cfr. Cass., Sez. Un., 16 dicembre 2020, n. 28709).

Come riconosciuto dalle parti siffatta eccezione risulta essere stata avanzata dalla contribuente quale motivo del ricorso introduttivo, per cui, in applicazione dei principi espressi dalla richiamata sentenza di questa Corte n. 28709 del 2020, era onere dell’amministrazione creditrice provare l’insufficienza totale o parziale del patrimonio sociale, a meno che non risultasse aliunde dimostrata in modo certo.

Orbene, dagli atti non emerge che l’Amministrazione finanziaria (oppure l’agente della riscossione) abbiano allegato l’insufficienza totale o parziale del patrimonio sociale.

Si osserva, in proposito, che l’ammissione della società debitrice del tributo alla procedura di concordato preventivo, dedotta dall’Amministrazione nel suo ricorso ad altri fini, non si presenta decisiva, in quanto non costituisce di per sé prova dell’insufficienza del patrimonio sociale, tale da giustificare l’esecuzione nei confronti del socio che ha goduto del beneficium excussionis, essendo necessario che sia offerta la prova dell’impossibilità di soddisfacimento sul patrimonio sociale mediante la procedura concorsuale (cfr. Cass. 13 marzo 1987, n. 2647).

2. Pertanto, per le suesposte considerazioni, il ricorso non può essere accolto.

3. In considerazione del consolidamento della giurisprudenza di legittimità sulla questione controversa solo a seguito della proposizione del ricorso appare opportuno disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso; compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 12 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2022

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472