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Domanda di divorzio, cosa deve verificare il giudice

Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.10013 del 14/04/2023

Quali sono i criteri di valutazione che il giudice deve seguire per l'accertamento dell'assegno di divorzio?

Risponde il quesito la Cassazione con l'ordinanza n. 10013 del 14 aprile 2023.

L'assegno di divozio, ricorda la Corte, ha una funzione assistenziale, compensativa e perequativa, e richiede l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi o comunque dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive.

Per effettuare tale accertamento, i giudici devono applicare i criteri stabiliti dall'art. 5 della Legge n. 898 del 1970. In particolare, devono considerare le condizioni economico-patrimoniali delle parti, il contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale degli ex coniugi, nonché la durata del matrimonio e l'età dell'avente diritto.

La Corte richiama l'orientamento delle Sezioni Unite, espresso con la sentenza n. 18287/2018, secondo cui l'assegno deve essere riconosciuto in favore del coniuge economicamente più debole, con una funzione equilibratrice. L'obiettivo dell'assegno non è più la ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma il raggiungimento di un livello reddituale adeguato al contributo fornito alla vita familiare.

In particolare, il giudice dovrà verificare se il coniuge richiedente abbia rinunciato o sacrificato le proprie aspirazioni e aspettative professionali per realizzare i bisogni della famiglia. Lo squilibrio economico tra le parti e l'alto livello reddituale del coniuge destinatario della domanda non sono elementi decisivi per l'attribuzione e la quantificazione dell'assegno.

Nell'ambito dell'accertamento, il giudice deve verificare:

  1. Se lo scioglimento del matrimonio abbia determinato o aggravato uno squilibrio economico-patrimoniale tra gli ex coniugi;
  2. Se, durante il matrimonio, i coniugi abbiano convenuto che uno di essi sacrificasse le proprie prospettive economico-patrimoniali per dedicarsi alle incombenze familiari e se tali scelte abbiano inciso sulla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi;
  3. L'entità concreta dello spostamento patrimoniale e la conseguente esigenza di riequilibrio, rapportabile alle determinazioni comuni e ai ruoli endofamiliari.

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Cassazione civile sez. I, Ordinanza 14/04/2023, (ud. 04/04/2023, dep. 14/04/2023), n. 10013

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Ritenuto che:

La Corte di appello di Roma, con sentenza nr 1273-2022, accoglieva per quanto di ragione l'appello proposto da M.L. avverso la decisione nr 2245-2019 del Tribunale di Velletri attribuendo a suo favore e a carico dell'ex coniuge I.T. l'assegno divorzile nella misura di Euro 500,00 con decorrenza dalla data del passaggio in giudicato della sentenza dichiarativa degli effetti civili del matrimonio.

Il giudice del gravame rilevava che, sulla base degli accordi di separazione, la corresponsione dell'assegno di mantenimento di Euro 750,00 e la partecipazione del 46% della società Comp.SYS s.r.l. avevano avuto la funzione di controbilanciare i patrimoni dei coniugi.

Osservava che poiché tale assetto era cessato con la sentenza di divorzio era necessario valutare la condizione delle parti.

In questa prospettiva rilevava che l'appellante aveva documentato di essere stata operata in data 10.3.2021 al ginocchio e di soffrire di disturbi di natura artrosica di grado elevato sicché doveva sostenere spese per visite mediche.

Sottolineava sempre con riguardo alla posizione della M. che la stessa in relazione all'età (classe 1951) non aveva concrete possibilità di reperire una occupazione lavorativa né godere di pensione evidenziando che la dichiarazione dei redditi documentava redditi di terreni e fabbricati e redditi di capitali(utili della società della quale deteneva le quote) ma non anche redditi da lavoro.

La Corte distrettuale dava atto, nel contempo, della disponibilità in capo alla richiedente di un bene adibito ad uso ufficio sito in (Omissis) e di un altro locale situato in (Omissis) nonché della vendita di un box di (Omissis) e del conseguente incasso del corrispettivo.

Osservava tuttavia che la mancata percezione dell'assegno di Euro 750,00 stabilito in sede di separazione aveva alterato l'equilibrio economico esistente fra i coniugi modificando la situazione di fatto che gli ex coniugi aveva considerato idonea a perequare le rispettive condizioni anche nel futuro.

Riteneva tuttavia che il riequilibrio delle condizioni economiche non poteva risolversi nel ripristino dell'intera somma stabilita in sede di separazione come assegno di mantenimento, beneficiando M.L. di potenziali capacità di guadagno tale da renderla in certa misura quasi economicamente autosufficiente.

In questo quadro la Corte distrettuale considerava che l'assegno divorzile dovesse essere determinato nella misura di Euro 500,00.

Avverso tale sentenza I.T. ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi cui resiste M.L. con controricorso. Entrambe le parti, in prossimità dell'udienza camerale hanno depositato memorie illustrative.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

Con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione della l. 898 del 1970, art. 5 commi sesto e nono per inesistente indagine sul prerequisito dello squilibrio economico tra le parti al momento del divorzio in relazione all'art. 360 comma 1 nr 3 c.p.c..

Si sostiene infatti che la Corte distrettuale non avrebbe svolto alcun accertamento sull'esistenza di uno squilibrio tra le parti che rappresenta il prerequisito della successiva indagine da compiersi da parte del giudice del merito al fine di valutare il profilo dell'an e del quantum.

Accertamento che deve essere compiuto nel momento in cui il giudice è chiamato a pronunciarsi sulla richiesta di divorzio essendo irrilevante la situazione pregressa e che nella specie era mancato.

Si lamenta infatti che la Corte di appello si sarebbe limitata a richiamare quale unico elemento dimostrativo di uno squilibrio economico fra le parti il semplice venir meno delle condizioni concordate in separazione.

Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione della l. 898 del 1970, art. 5 commi sesto e nono sotto il profilo dell'omessa previa valutazione dell'adeguatezza dei mezzi della richiedente l'assegno divorzile anche in comparazione con le condizioni economiche patrimoniale dell'ex marito in relazione all'art. 360 comma 1 nr 3 c.p.c..

Si censura in particolare la decisione nella parte in cui ha riconosciuto il diritto alla percezione dell'assegno divorzile in favore dell'ex moglie malgrado la mancanza di una indagine circa l'inadeguatezza dei mezzi economici della richiedente e della indispensabile comparazione delle condizioni economiche patrimoniali delle parti.

Si critica la Corte di appello che dopo aver dato conto delle condizioni economiche della M. enunciando astrattamente l'esistenza di fonti di reddito reali e potenziali della medesima senza valutare il concreto impatto economico ai fini dell'adeguatezza dei mezzi della richiedente.

Con il terzo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione della l. 898 del 1970, art. 5 commi sesto e nono ai sensi dell'art. 360 comma 1 nr 3 c.p.c. sotto il profilo dell'omessa indagine circa il contributo fornito dalla richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e quindi di quello personale di ciascuno dei coniugi in relazione alla durata e all'età dell'avente diritto.

Con il quarto motivo si duole dell'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per avere la Corte di appello ignorato alcune di circostanze di fatto portate all'attenzione del giudice del gravame quali le dimissioni dalla carica di amministratore unico della società Comp SYS e la cessione delle quote societarie nella percentuale del 44%, la cessione della proprietà dell'immobile di (Omissis).

Con il quinto motivo si deduce la violazione e falsa applicazione della l. 898 del 1970, art. 5 commi sesto e nono per avere la Corte di appello omesso di valutare la documentazione prodotta a sostegno del detrimento economico del ricorrente e dell'inesistenza dello squilibrio economico fra le parti.

I motivi di ricorso che possono essere esaminati congiuntamente per l'intima connessione sono fondati.

Ai fini di un corretto inquadramento delle questioni veicolate attraverso le plurime censure è necessario svolgere alcune preliminari considerazioni in merito al tema di indagine rimesso a questa Corte.

Il principio di diritto enunciato dalla sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 18287-2018 è il seguente "ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, dopo le modifiche introdotte con la L. n. 74 del 1987, il riconoscimento dell'assegno di divorzio, cui deve

attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, richiede l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi o comunque dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, attraverso l'applicazione dei criteri di cui alla prima parte della norma i quali costituiscono il parametro di cui si deve tenere conto per la relativa attribuzione e determinazione, ed in particolare, alla luce della valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e all'età dell'avente diritto".

L'innovativo orientamento giurisprudenziale espresso da Cass. n. 11504-2017 (che ha per la prima volta affermato che l'indagine sull'an debeatur dell'assegno divorzile in favore del coniuge richiedente non va ancorata al criterio del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, ma a quello dell'autosufficienza economica) è stato perciò integrato dalle SS.UU. mediante il riconoscimento della natura, oltre che assistenziale, anche perequativa/compensativa dell'assegno, che discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà. In tale ottica, quando ognuno degli ex coniugi sia in grado di mantenersi autonomamente, l'assegno va riconosciuto in favore di quello economicamente più debole in una funzione equilibratrice non più finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma volta a consentirgli il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito alla vita familiare, dovendosi tener conto, in particolare, se, per realizzare i bisogni della famiglia, questi, anche in ragione dell'età raggiunta e della durata del matrimonio, abbia rinunciato o sacrificato le proprie personali aspirazioni e aspettative professionali (cfr. in termini Cass.1882/2019 e 5603/2020).

Il parametro della inadeguatezza dei mezzi o della impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive va quindi riferito sia alla possibilità di vivere autonomamente e dignitosamente (e, quindi, all'esigenza di garantire detta possibilità al coniuge richiedente), sia all'esigenza compensativa del coniuge più debole per le aspettative professionali sacrificate, per avere dato, in base ad accordo con l'altro coniuge, un dimostrato e decisivo contributo alla formazione del patrimonio comune e dell'altro coniuge.

Nell'ambito di questo accertamento, lo squilibrio economico tra le parti e l'alto livello reddituale del coniuge destinatario della domanda non costituiscono, da soli, elementi decisivi per l'attribuzione e la quantificazione dell'assegno. Il mero dato della differenza reddituale tra i coniugi è coessenziale alla ricostituzione del tenore di vita matrimoniale, che è però estranea alle finalità dell'assegno nel mutato contesto.

In presenza di una domanda di divorzio il giudice del merito dovrà pertanto verificare 1) se tra gli ex coniugi, a seguito dello scioglimento del legame matrimoniale, si sia determinato o aggravato uno squilibrio economico-patrimoniale prima inesistente ovvero di minori proporzioni; 2) se, in costanza di matrimonio, gli allora coniugi abbiano convenuto che uno di essi sacrificasse le proprie prospettive economico-patrimoniali per dedicarsi al soddisfacimento delle incombenze familiari; se tali scelte abbiano inciso sulla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi, giacché, in caso contrario, non vi è alcuno spostamento patrimoniale da riequilibrare, con la precisazione che l'onere della prova sul punto ricade sul coniuge richiedente, il quale potrà se del caso avvalersi del sistema delle presunzioni, purché nel rispetto del paradigma di gravità, precisione e concordanza, sicché non potrà il giudice di merito presumere, così e semplicemente, che il non avere un coniuge svolto alcuna attività lavorativa sia da ascrivere ad una concorde scelta comune ad entrambi i coniugi, e men che meno che abbia senz'altro contribuito al successo professionale dell'altro; 3) quale sia l'entità concreta dello spostamento patrimoniale, e la conseguente esigenza di riequilibrio, causalmente rapportabile "alle determinazioni comuni ed ai ruoli endofamiliari".

Nella specie, la ratio decidendi posta a fondamento della decisione, con la quale la Corte capitolina ha riconosciuto in favore di M.L. l'assegno, si articola nei seguenti passaggi: l'accordo previsto in sede di separazione contemplava, nell'ottica di equilibrare nel futuro le rispettive posizioni, l'erogazione di assegno di mantenimento di Euro 750,00 mensili, venuto meno l'emolumento con la pronuncia di divorzio vi era la necessità di riequilibrare la situazione non già con la misura prevista come mantenimento ma nella misura inferiore di Euro 500,00 in considerazione delle potenziali capacità di guadagno della richiedente.

La Corte di appello in tal modo non ha fatto buon governo dei principi sopra enunciati omettendo in primo luogo di accertare, con riferimento al momento della domanda, l'esistenza di uno squilibrio fra le posizioni economiche delle parti limitandosi a fare riferimento all'assetto economico concordato nell'ambito del giudizio di separazione ben sette anni prima.

Inoltre il giudice del merito ha mancato di valutare, alla stregua della documentazione prodotta in causa, l'adeguatezza in capo alla richiedente dei mezzi sufficienti a garantirle una esistenza dignitosa in comparazione con le condizioni economiche dell'altra parte nonché il contributo dato dalla richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e di quello personale di ciascuno degli ex coniugi.

Il ricorso va accolto e la decisione va cassata e rinviata alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La corte accoglie il ricorso; cassa la decisione impugnata e rinvia alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione anche per la liquidazione delle spese di legittimità. Dispone che in caso di diffusione siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti menzionati nella decisione, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, il 4 aprile 2023.

Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2023.

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