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Padre licenziato? Assegno di mantenimento dei figli ridotto

Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.15101 del 30/05/2023

In caso di licenziamento del genitore obbligato, l’assegno di mantenimento per i figli può essere ridotto?

È il quesito sottoposto alla Sezione Prima della Cassazione con l’ordinanza n. 15101 del 30 maggio 2023.

La Suprema Corte ha ribadito che il licenziamento del genitore obbligato costituisce una circostanza sopravvenuta non prevedibile al momento dell'iniziale determinazione dell'assegno di mantenimento, che può causare un reale impoverimento delle risorse di quest'ultimo e può portare ad una rinnovata valutazione della situazione economica e patrimoniale delle parti.

Nel caso di specie, un padre era stato incaricato di pagare un assegno di mantenimento di 300€ mensili per ciascuno dei suoi tre figli. Tuttavia, durante il procedimento di primo grado, l'uomo fu licenziato. Malgrado ciò, il contributo stabilito quando ancora lavorava, era rimasto invariato. L'uomo ha quindi presentato appello chiedendo la riduzione dell'assegno di mantenimento.

La Corte d'Appello ha accolto parzialmente il suo ricorso, riducendo l'assegno di mantenimento a un totale di 600€ mensili e stabilendo che la riduzione ha effetto retroattivo alla data della pubblicazione della sentenza di primo grado.

La decisione è stata poi confermata dalla Corte di Cassazione.

Assegno di mantenimento in favore dei figli minorenni, revisione, licenziamento del genitore obbligato, circostanza sopravvenuta non prevedibile

In tema di revisione dell’assegno di mantenimento in favore dei figli minorenni, il licenziamento del genitore obbligato integra i caratteri della circostanza sopravvenuta non prevedibile al momento della iniziale determinazione dell’assegno di mantenimento, che ha causato un effettivo depauperamento delle sostanze di quest’ultimo, tale da postulare una rinnovata valutazione comparativa della situazione economico-patrimoniale delle parti.

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Cassazione civile sez. I, 30/05/2023, (ud. 24/11/2022, dep. 30/05/2023), n.15101

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Genova, con sentenza n. 1531 emessa in data 30 maggio 2019, definitivamente pronunciando sul ricorso proposto da D.C.:

- respingeva la domanda riconvenzionale di addebito della separazione in capo alla coniuge proposta dal convenuto V.P.;

- disponeva l'affido condiviso dei tre figli minori - A. (nata a (Omissis)), M. (nato a (Omissis)) e L. (nato a (Omissis)) - con residenza e collocazione prevalente presso la madre alla quale, pertanto, veniva altresì assegnata l'abitazione familiare di proprietà esclusiva del Sig. V., gravata da mutuo;

- stabiliva i tempi di permanenza dei tre minori presso il padre;

- onerava il padre del versamento di un contributo mensile per il mantenimento dei tre figli pari complessivamente ad Euro 900,00 (300,00 Euro per figlio);

- compensava integralmente del giudizio.

Successivamente, con sentenza pubblicata in data 7 luglio 2019, la Corte di Appello di Genova, in parziale riforma della sentenza di primo grado e accogliendo in parte l'appello proposto da V.P., ha rideterminato il contributo di mantenimento per i tre figli nella misura di Euro 600,00 mensili (200,00 per ciascuno dei figli), rivalutabile annualmente secondo gli indici Istat.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso in Cassazione D.C., affidandosi a due motivi. V.P. si è costituito con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo del ricorso, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 155,316-bis, 337-ter c.c., in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., in quanto i giudici di merito hanno omesso di considerare, quale indispensabile elemento di riferimento ai fini della valutazione di congruità dell'assegno, le disponibilità patrimoniali dell'onerato anche nel rapporto di proporzione con quelle dell'altro genitore, la rispettiva capacità di lavoro professionale e/o casalinga di ciascun coniuge, il tenore di vita pregresso assicurato ai figli prima la separazione dei genitori, anche in relazione al contesto sociale del nucleo.

Con la seconda censura, si deduce violazione degli artt. 444,445 e 447 c.c., ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., per avere la Corte territoriale retrodatato la decorrenza della riduzione del contributo per il mantenimento della prole alla data di pubblicazione della sentenza di primo grado avvenuta in data 7 giugno 2019.

Il ricorso è infondato.

Il primo motivo del ricorso è inammissibile e infondato.

La prima censura mossa dalla ricorrente si limita a proporre alla Suprema Corte una mera rivalutazione degli elementi di fatto già esaminati dal giudice di seconde cure risultando, pertanto, non sindacabile in sede di legittimità. Questa corte (Sez. U -, Sentenza n. 34476 del 27/12/2019) ha, infatti, affermato che "E' inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l'apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, in realtà, mira ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito".

Nella vicenda in esame, la ricorrente sostiene che, nel revisionare il quantum dell'assegno di mantenimento per i figli, i giudici del merito avrebbero dovuto tenere in considerazione non solo l'attuale capacità reddituale del Sig. V.P. ma anche le potenzialità derivanti dalla elevata capacità di lavoro professionale dell'obbligato nonché il patrimonio immobiliare ottenuto a seguito di una successione ereditaria, seppur in misura pro quota. Tale valutazione complessiva, improntata sul criterio di congruità, non avrebbe dovuto dar luogo alla riduzione dell'importo dell'assegno suddetto misura di Euro 600,00 mensili (200,00 per ciascuno dei figli).

Facendo riferimento al quadro normativo, ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 156 c.c. si prevede che il giudice, su istanza di parte, può disporre la revoca o la modifica dei provvedimenti di carattere patrimoniale, qualora sopravvengano giustificati motivi.

L'art. 156 c.c. prevede, altresì, il diritto del coniuge, che non ha adeguati redditi propri, di ricevere dall'altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento (comma 1) e che l'entità di tale somministrazione è determinata in relazione alle circostanze e ai redditi dell'obbligato (comma 2).

In base alla richiamata normativa, questa corte ha affermato il principio secondo cui "qualora venga proposta istanza di revisione delle condizioni economiche della separazione consensuale, il giudice può e deve procedere alla chiesta modificazione quando l'equilibrio economico, risultante dai patti della separazione consensuale e dalle parti voluto con riguardo alle circostanze in quel momento esistenti, risulti alterato per la sopravvenienza di circostanze che le parti stesse non avrebbero potuto tener presenti nel fissare quei patti". In aggiunta, si precisa (Sez. 1 -, Ordinanza n. 18608 del 30/06/2021) che "Il provvedimento di revisione dell'assegno di mantenimento dei figli sia minorenni che maggiorenni non autosufficienti, nati fuori dal matrimonio, presuppone, come per le analoghe statuizioni patrimoniali pronunziate nei giudizi di divorzio e separazione, non soltanto l'accertamento di una sopravvenuta modifica delle condizioni economiche dei genitori, ma anche la loro idoneità a mutare il pregresso assetto patrimoniale realizzato con il precedente provvedimento attributivo del predetto assegno. Ne consegue che il giudice non può procedere ad una nuova autonoma valutazione dei presupposti dell'entità dell'assegno ma, nel pieno rispetto delle valutazioni espresse al momento dell'attribuzione originaria dell'emolumento, deve limitarsi a verificare se, ed in quale misura, le circostanze sopravvenute abbiano alterato l'equilibrio così raggiunto ed adeguare l'importo o lo stesso obbligo della contribuzione all'eventuale nuova situazione patrimoniale".

Nel caso di specie, il licenziamento del Sig. V.P., avvenuto in data 16/10/2017, risulta una circostanza sopravvenuta non prevedibile al momento della iniziale determinazione dell'assegno di mantenimento, che ha causato un effettivo depauperamento delle sostanze di quest'ultimo, tale da postulare una rinnovata valutazione comparativa della situazione economico-patrimoniale delle parti. Sebbene a seguito di tale licenziamento, sia stata conclusa una transazione con la datrice di lavoro, in base alla quale, il Sig. V.P. ha ricevuto un'indennità lorda pari ad Euro 142.239,49, il medesimo risulta essere stato privo di occupazione fino al 10 ottobre 2019. Durante tale periodo, l'obbligato ha goduto dell'indennità Naspi per un importo mensile medio di circa Euro 900,00, producendo certificazioni reddituali negli anni 2018 e 2019 di un reddito lordo pari rispettivamente ad Euro 18.000,00 e 11.000,00. A partire dall'ottobre 2019, il Sig. V.P. risulta aver conseguito l'incarico di docente presso il corso di laurea in scienze motorie con entrata lorda pari ad Euro 2.200,00. Il quadro reddituale complessivo dell'obbligato risulta, dunque, notevolmente alterato rispetto alla condizione economica ante 2017 in cui il reddito del Sig. V.P. ammontava all'incirca ad Euro 4.000,00 mensili e, pertanto, idoneo a mutare il pregresso assetto patrimoniale.

Inoltre, secondo questa corte (Sez. 1 -, Ordinanza n. 27599 del 21/09/2022), "nella quantificazione dell'assegno di mantenimento, a seguito della separazione dei coniugi, deve attribuirsi rilievo anche all'assegnazione della casa familiare che, pur essendo finalizzata alla tutela esclusiva della prole e del suo interesse a conservare il proprio habitat familiare, rappresenta un'utilità suscettibile di apprezzamento economico, come del resto espressamente precisato dall'art. 337 sexies c.c."

Il provvedimento di assegnazione della ex casa coniugale, che limita la facoltà dell'altro coniuge di disporre del proprio immobile si traduce in un pregiudizio economico, anch'esso valutabile ai fini della quantificazione dell'assegno dovuto, che, nella vicenda in esame, si aggiunge all'ulteriore pregiudizio causato dal pagamento delle rate del mutuo da parte Sig. V.P..

Da ultimo, per quanto concerne la consistenza del patrimonio immobiliare pervenuto al medesimo a seguito della morte del padre, i giudici di merito si sono già pronunciati sul punto affermando che trattasi di "beni di cui V.P. è divenuto proprietario pro quota, unitamente alla madre ed al fratello, e per questo non suscettibili di essere messi a reddito in termini brevi, postulando ogni iniziativa in tal senso il preventivo accordo tra tutti i coeredi". Una rivalutazione di tali elementi di fatto imporrebbe una rivisitazione del merito della vicenda, inammissibile in sede di legittimità.

Anche la seconda censura mossa dalla ricorrente risulta infondata nei termini di cui segue.

Sul punto, questa corte (SSUU, Sentenza n. 32914 del 27/9/2022) ha recentemente affermato il seguente principio di diritto secondo cui " in materia di famiglia e di condizioni economiche nel rapporto tra coniugi separati o ex coniugi, per le ipotesi di modifica nel corso del giudizio, con la sentenza definitiva di primo grado o di appello, delle condizioni economiche riguardanti i rapporti tra i coniugi, separati o divorziati, sulla base di una diversa valutazione, per il passato (e non quindi alla luce di fatti sopravvenuti, i cui effetti operano, di regola, dal momento in cui essi si verificano e viene avanzata domanda), dei fatti già posti a base dei provvedimenti presidenziali, confermati o modificati dal giudice istruttore, occorre distinguere: a) opera la "condictio indebiti" ovvero la regola generale civile della piena ripetibilità delle prestazioni economiche effettuate, in presenza di una rivalutazione della condizione "del richiedente o avente diritto", ove si accerti l'insussistenza "ab origine" dei presupposti per l'assegno di mantenimento o divorzile; b) non opera la "condictio indebiti" e quindi la prestazione è da ritenersi irripetibile, sia se si procede (sotto il profilo dell'an debeatur, al fine di escludere il diritto al contributo e la debenza dell'assegno) ad una rivalutazione, con effetto ex tunc, "delle sole condizioni economiche del soggetto richiesto (o obbligato alla prestazione)", sia se viene effettuata (sotto il profilo del quantum) una semplice rimodulazione al ribasso, anche sulla base dei soli bisogni del richiedente, purché sempre in ambito di somme di denaro di entità modesta, alla luce del principio di solidarietà post-familiare e del principio, di esperienza pratica, secondo cui si deve presumere che dette somme di denaro siano state ragionevolmente consumate dal soggetto richiedente, in condizioni di sua accertata debolezza economica; c) al di fuori delle ipotesi sub b), in presenza di modifica, con effetto ex tunc, dei provvedimenti economici tra coniugi o ex coniugi opera la regola generale della ripetibilità".

Ne consegue che la regola generale della ripetizione dell'indebito (art. 2033 c.c.) sia oggetto di temperamento alla luce di esigenze equitative-solidaristiche espressione della solidarietà familiare soltanto nel caso in cui, a seguito di una diversa valutazione del giudice di seconde cure, l'assegno di mantenimento venga rimodulato "al ribasso", sempre che non superi la misura che garantisca al soggetto debole di far fronte alle normali esigenze di vita della persona media. In tutti gli altri casi, quindi, sia di valutazione di fatti sopravvenuti sia nel caso in cui venga escluso in radice e "ab origine" il presupposto del diritto al mantenimento, opera la normale regola della ripetibilità.

Ciò posto, nella vicenda in esame, gli effetti della revisione dell'assegno di mantenimento dovuta a fatti sopravvenuti di cui supra, operano dal momento in cui si sono verificati. La decisione dei giudici di seconde cure di far retroagire gli effetti della pronuncia di riduzione dell'assegno alla pubblicazione della sentenza di primo grado risulta, pertanto, conforme al principio di diritto sopra enunciato.

Per gli anzidetti motivi, il ricorso deve essere rigettato con condanna alle spese del ricorrente.


P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente D.C. al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 2.600,00 di cui 200,00 per esborsi oltre iva ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n.115 del 30 maggio 2002, art. 13 comma 1 quater ricorrono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

Dispone che, in caso di utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella sentenza.

Così deciso in Roma, il 24 novembre 2022.

Depositato in Cancelleria il 30 maggio 2023

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