In caso di crisi coniugale, la parte che chiede l'addebito della separazione per l'inosservanza dell'obbligo di fedeltà coniugale, deve provare la relativa condotta e la sua efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza.
Per fornire la prova la parte può avvalersi di una relazione investigativa? Qual è il suo valore probatorio?
Sul punto è intervenuta recentemente la Cassazione, Sezione Prima, con l'ordinanza n. 15196 del 30 maggio 2023.
Nel caso di specie, il coniuge accusato di aver tradito l'altro coniuge affermava che la relazione investigativa e le relative prove video-fotografiche fossero inammissibili, in quanto si trattava di documentazione proveniente da terzi con contenuto testimoniale, acquisita al processo senza prove orali e senza i presupposti che legittimano la testimonianza scritta.
Tuttavia, secondo la Cassazione, la questione non riguarda un fatto storico con significato decisivo, ma elementi probatori che possono essere valutati, come appunto la relazione investigativa, che rientra tra le prove atipiche che possono essere liberamente valutate nel giudizio civile, secondo l'articolo 116 del codice di procedura civile. Il giudice, infatti, ha il diritto di utilizzarla.
La Suprema Corte ha ricordato che nell'ordinamento processuale vigente manca una norma di chiusura sulla tassatività dei mezzi di prova, perciò il giudice può porre a base del proprio convincimento anche prove cd. atipiche.
Quindi, in presenza di un'infedeltà coniugale, il coniuge tradito ben può avvalersi di una relazione investigativa al fine di ottenere l'addebito della separazione.
Grava sulla parte che richieda, per l'inosservanza dell'obbligo di fedeltà, l'addebito della separazione all'altro coniuge, l'onere di provare la relativa condotta e la sua efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza, mentre, è onere di chi eccepisce l'inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda, e quindi dell'infedeltà nella determinazione dell'intollerabilità della convivenza, provare le circostanze su cui l'eccezione si fonda, vale a dire l'anteriorità della crisi matrimoniale all'accertata infedeltà.
Cassazione civile, sez. I, ord., 30 maggio 2023, n. 15196
(Presidente Genovese – Relatore Tricomi)
Rilevato che:
1.- La Corte di appello di Torino, con la sentenza epigrafe indicata, nel giudizio di separazione personale tra S.F. e C.U. , per quanto interessa il presente giudizio, ha respinto il gravame proposto dalla prima avverso la statuizione del Tribunale di Ivrea con cui erano state pronunciata la separazione con addebito in capo alla stessa S. per avere la stessa intrapreso una relazione extraconiugale in violazione dei doveri di fedeltà matrimoniali, che aveva determinato l'irreversibile e definitiva crisi coniugale.
S. ha proposto ricorso per cassazione con quattro mezzi, illustrati da memoria, ai quali C. ha replicato con controricorso.
Considerato che:
2.- Preliminarmente va disattesa l'eccezione relativa alla invalidità della procura alle liti rilasciata da S., sollevata dal controricorrente, perché la parte ha invocato la disciplina prevista in materia di permesso di soggiorno e protezione internazionale, inapplicabile al caso in esame.
3.1.- Con il primo motivo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 143, secondo coma, 151, 2697, 2727, 2729 e 2730 c.c., nonché degli artt. 115 e 116 c.p.c. e la mancata valutazione della vicenda matrimoniale nel suo complesso, il mancato esame comparativo della condotta dei coniugi, l'irrilevanza dei comportamenti successivi al determinarsi della crisi, la sussistenza di nesso causale tra le condotte ascritte alla moglie e l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza. La ricorrente si duole che la Corte territoriale non abbia valutato la vicenda nel suo complesso e in particolare che, come ammesso dal marito, da diversi anni i rapporti matrimoniali erano irrimediabilmente deteriorati tanto che la moglie aveva comunicato al marito, ai primi di aprile 2016, la propria intenzione di separarsi, come riconosciuto dallo stesso coniuge, ed abbia dato rilievo esclusivo a comportamenti della ricorrente, riferibili alla fine di maggio 2016, privi di ogni efficacia causale rispetto alle intollerabilità della prosecuzione della convivenza. Ne deduce che la pretesa violazione del dovere di fedeltà ascritto alla moglie era da ritenersi non causa, ma conseguenza di una crisi coniugale già da tempo in atto e imputabile a una pregressa disgregazione della comunione materiale e spirituale tra i coniugi.
3.2.- Il motivo è inammissibile e va respinto.
Come è noto, la dichiarazione di addebito della separazione implica la prova che la irreversibile crisi coniugale sia ricollegabile esclusivamente al comportamento volontariamente e consapevolmente contrario ai doveri nascenti dal matrimonio di uno o di entrambi i coniugi, ovverosia che sussista un nesso di causalità tra i comportamenti addebitati ed il determinarsi dell'intollerabilità della ulteriore convivenza (Cass. n. 14840/2006).
Inoltre, "in tema di separazione, grava sulla parte che richieda l'addebito l'onere di provare sia la contrarietà del comportamento del coniuge ai doveri che derivano dal matrimonio, sia l'efficacia causale di questi comportamenti nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza." (Cass. n. 16691/2020) e l'apprezzamento circa la responsabilità di uno o di entrambi i coniugi nel determinarsi della intollerabilità della convivenza è istituzionalmente riservato al giudice di merito e non può essere censurato in sede di legittimità in presenza di una motivazione congrua e logica (Cass. n. 18074/2014; Cass. n. 9877/2006).
Per quanto attiene alla violazione dell'obbligo di fedeltà è stato altresì precisato che, "ai fini dell'addebito della separazione, l'inosservanza dell'obbligo di fedeltà coniugale rappresenta una violazione particolarmente grave, la quale, determinando normalmente l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza, deve ritenersi, di regola, circostanza sufficiente a giustificare l'addebito della separazione al coniuge responsabile, sempre che non si constati la mancanza di nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale, mediante un accertamento rigoroso ed una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, tale che ne risulti la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale. Facendo corretta applicazione dei principi dell'onere probatorio in materia, grava sulla parte che richieda, per l'inosservanza dell'obbligo di fedeltà, l'addebito della separazione all'altro coniuge, l'onere di provare la relativa condotta e la sua efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza, mentre, è onere di chi eccepisce l'inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda, e quindi dell'infedeltà nella determinazione dell'intollerabilità della convivenza, provare le circostanze su cui l'eccezione si fonda, vale a dire l'anteriorità della crisi matrimoniale all'accertata infedeltà" (Cass. n. 15811/2017). Del resto, "in tema di addebito della separazione, l'anteriorità della crisi della coppia rispetto all'infedeltà di uno dei due coniugi esclude il nesso causale tra quest'ultima condotta, violativa degli obblighi derivanti dal matrimonio, e l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza, sicché, integrando un'eccezione in senso lato, è rilevabile d'ufficio, purché sia allegata dalla parte a ciò interessata e risulti dal materiale probatorio acquisito al processo." (Cass. n. 20866 del 21/07/2021).
Nel caso di specie, la Corte di appello ha esaminato le complessive emergenze istruttorie e ha valutato in modo congruo le molteplici circostanze di fatto, atte a deporre per il carattere adulterino della relazione intrapresa da parte di S. , tra cui le manifestazioni affettuose con persona diversa dal coniuge avvenute anche in luogo pubblico, giungendo ad una statuizione circa il diretto nesso di causalità tra la stessa e la irreversibilità della crisi coniugale, non inficiato dalle circostanze dedotte in merito a una preesistente crisi, dalle quali la Corte di appello aveva desunto piuttosto la volontà di conservare il rapporto superando le difficoltà, e dall'intenzione di separarsi manifestata dalla sola moglie nell'aprile del 2016, che non consentiva di desumere l'irreversibilità della crisi, statuizione che la ricorrente intende sovvertire, sollecitando una diversa ricostruzione dei fatti ed un riesame del merito, inammissibile in sede di legittimità.
4.1.- Con il secondo motivo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115,16,244 e 257 c.p.c., nonché della Cost., artt. 24 e 11; l'inammissibilità e l'inutilizzabilità della relazione investigativa e del relativo corredo video-fotografico, integrando tale produzione documentale uno scritto proveniente da terzi avente contenuto testimoniale acquisito al processo, in difetto di prova orale e mancando i presupposti legittimanti la testimonianza scritta, deroga non consentita del principio dispositivo e del contraddittorio, vulnus del giusto processo.
4.2. - Il motivo è inammissibile.
Il motivo di ricorso in esame investe, non un fatto inteso in senso storico e avente valenza decisiva, ma elementi probatori suscettibili di valutazione, come appunto la relazione investigativa rientrante tra le prove atipiche liberamente valutabili nel giudizio civile ai sensi dell'art. 116 c.p.c., di cui il giudice è legittimato ad avvalersi, atteso che nell'ordinamento processuale vigente manca una norma di chiusura sulla tassatività dei mezzi di prova (v. Cass. n. 7712/2023, proprio in tema di relazione investigativa; Cass. n. 1593/2017; Cass. n. 18025/2019; Cass. n. 3689/2021; su accertamenti tramite agenzia investigativa v. anche Cass. n. 15094/ 2018; Cass. n. 11697/2020).
5.- Il terzo motivo (con il quale si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. e 116 c.p.c. - errore nel sillogismo giudiziario per avere posto quale premessa non già massime d'esperienza nel valutare la fotografia che ritraeva la ricorrente mentre dava la mano ad un suo collega in un luogo pubblico, contestando che da ciò potesse dedursi la ricorrenza di una relazione di fatto denotata da stabilità e continuità) è inammissibile perché mira ad una rivalutazione della vicenda e non ricorre la violazione dell'art. 116 c.p.c..
6.- Il quarto motivo (con il quale si denuncia la violazione /o falsa applicazione degli artt. 115,116,177,187,188,189 e 244 c.p.c., nonché della Cost., artt. 24 e 111 per la mancata ammissione delle prove testimoniali richieste nonostante la loro rilevanza, in quanto finalizzate a provare la anteriorità della irreversibilità della crisi coniugale rispetto alle condotte imputate alla moglie) è inammissibile perché la Corte di appello ha sufficientemente illustrato le ragioni per cui i capi di prova non apparivano decisivi in relazione al risultato che avrebbero dovuto raggiungere, quello cioè di dimostrare non già l'esistenza di una pregressa crisi coniugale, ma la anteriorità della irreversibilità della stessa, rispetto alla intrapresa relazione adulterina, e la censura si limita a promuovere la loro ammissione.
7.- In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.
Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.
Raddoppio del contributo unificato, ove dovuto.
P.Q.M.
- Dichiara inammissibile il ricorso;
- Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio che liquida in Euro 5.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali liquidate forfettariamente nella misura del 15% ed accessori di legge, in favore della controricorrente;
- Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52;
- Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.