Licenziamento, valida la comunicazione avvenuta per compiuta giacenza

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Sentenza n.15397 del 31/05/2023

È valida la comunicazione del licenziamento avvenuta per compiuta giacenza della raccomandata al domicilio della lavoratrice.

Lo ha stabilito la Sezione lavoro della Cassazione, con la sentenza n. 15397 del 31 maggio 2023, respingendo il ricorso di una lavoratrice che contestava la notifica di licenziamento affermando di non aver mai trovato l'avviso di giacenza nella sua cassetta postale.

La Corte precisa che, a norma dell'art. 1335 del Codice Civile, gli atti unilaterali diretti a un determinato destinatario, come il licenziamento, si presumono conosciuti nel momento in cui raggiungono l'indirizzo del destinatario, a meno che quest'ultimo non riesca a dimostrare, senza sua colpa, di non averne avuto notizia.

Tale presunzione legale di conoscenza, o di conoscibilità equiparata a legale conoscenza, si basa sulla prova del fatto che la comunicazione è giunta all'indirizzo del destinatario. Per superare questa presunzione legale, è necessario che la parte interessata fornisca prova contraria, dimostrando l'impossibilità di avere notizia della comunicazione senza colpa da parte sua.

Nel caso in questione, la Corte di merito ha ritenuto valide le prove fornite dal datore di lavoro, incluse la ricevuta di invio della raccomandata e le schede informative provenienti da Poste Italiane. Queste ultime indicavano la mancata consegna della raccomandata, il suo deposito presso l'ufficio postale e la sua restituzione al mittente al termine del periodo di giacenza.

Il giudice ha pertanto stabilito che la lavoratrice non aveva fornito prove sufficienti per dimostrare l'impossibilità di avere notizia della comunicazione del licenziamento. Va sottolineato che l'indirizzo a cui è stata inviata la comunicazione era lo stesso fornito dalla lavoratrice al datore di lavoro, come richiesto dal contratto collettivo di lavoro, che impone l'obbligo di "comunicare con sollecitudine all'impresa ogni mutamento di residenza o domicilio".

La Suprema Corte ricorda inoltre che anche se la contestazione del licenziamento non richiede formule particolari, è comunque necessario che essa esprima in modo inequivoco la volontà del lavoratore di contestare la decisione del datore di lavoro. Nel caso specifico, la comunicazione della lavoratrice non faceva riferimento al licenziamento, rendendo così inefficace la sua contestazione.

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Cassazione civile sez. lav., sentenza 31/05/2023 (ud. 16/02/2023) n.15397

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d'Appello di Firenze ha confermato la sentenza del Tribunale di Siena, con la quale erano state respinte le domande di S.I. contro MPS dirette all'annullamento del licenziamento disciplinare intimatole con lettera del 20/6/2017, alla reintegrazione nel posto di lavoro, al risarcimento dei danni.

2. La Corte di merito, così come il giudice di primo grado, preliminarmente ed in via assorbente, ha ritenuto maturata la decadenza dal potere di impugnazione entro 60 giorni ai sensi dela L. n. 604 del 1966, art. 6 giudicando valida la comunicazione del licenziamento avvenuta per compiuta giacenza della raccomandata al domicilio della lavoratrice e non idonea la comunicazione della lavoratrice in data 11/09/2017 a rendere nota la sua volontà di impugnare il licenziamento stesso.

3. S.I. propone ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza, affidato a 4 motivi; la banca resiste con controricorso; entrambe le parti hanno depositato memoria.

4. Il P.G. ha concluso per il rigetto del ricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce (art. 360 c.p.c., n. 5) omesso esame del fatto decisivo rappresentato dalla contestazione del processo notificatorio e della relativa documentazione; sostiene che i giudici di merito avrebbero erroneamente ritenuto sussistente il perfezionamento della notifica, nonostante espressa allegazione di mancata ricezione dell'avviso di giacenza.

2. Il motivo non è ammissibile.

3. La Corte d'Appello di Firenze non ha omesso l'esame della contestazione dell'odierna ricorrente circa la regolarità, nel senso di idoneità a fondare la presunzione legale di conoscenza, della notifica della lettera di licenziamento, ma ha espressamente esaminato la questione se la comunicazione del licenziamento avvenuta per compiuta giacenza della raccomandata presso l'ufficio postale fosse idonea a far presumere la conoscenza dell'atto da parte della lavoratrice, ritenendola, appunto, idonea.

4. Poiché l'idoneità della comunicazione del licenziamento è stata ritenuta in fatto sussistente come in primo grado, si realizza nella fattispecie ipotesi di cd. doppia conforme rilevante ai sensi dell'art. 348-ter c.p.c. e dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, fattispecie che determina l'inammissibilità del motivo e che ricorre non solo quando la decisione di secondo grado è interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni siano fondate sul medesimo iter logico-argomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa, non ostandovi che il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già assunta dal primo giudice (Cass. n. 7724/2022).

5. Con il secondo motivo la ricorrente deduce (art. 360 c.p.c., n. 3) violazione e falsa applicazione dell'art. 1335 c.c., della L. n. 890 del 1982, artt. 8 e 9 L. n. 604 del 1966, art. 2 e dei principi giurisprudenziali di cui alle sentenze Cass. n. 19232/2018, n. 12822/2016, n. 523/2019; sostiene il mancato rinvenimento nella propria cassetta postale dell'avviso di giacenza, e che, non avendo controparte fornito prova dell'attività svolta dall'ufficiale postale, non potrebbe ritenersi presuntivamente conosciuta la comunicazione del licenziamento, che sarebbe conseguentemente inefficace in quanto non comunicato.

6. Il motivo non è fondato.

7. A norma dell'art. 1335 c.c., gli atti unilaterali diretti a un determinato destinatario (come il licenziamento) si reputano conosciuti nel momento in cui giungono all'indirizzo del destinatario, se questi non prova di essere stato, senza sua colpa, nell'impossibilità di averne notizia. Si tratta di una presunzione legale di conoscenza, nel senso di conoscibilità equiparata a legale conoscenza, fondata sulla prova del pervenimento all'indirizzo del destinatario della comunicazione. Affinché tale presunzione legale sia superata, è necessario che sia fornita la prova contraria dell'impossibilità di averne notizia senza colpa del destinatario. Pertanto, occorre, in caso di contestazione in giudizio, procedere ad un accertamento di fatto (appunto probatorio), che deve fondarsi su un governo logico, coerente e motivato delle risultanze probatorie, soltanto in questi limiti censurabile in sede di legittimità.

8. Ora, nel caso in esame, la Corte di merito ha ritenuto idonea a dimostrare il perfezionamento del procedimento notificatorio (ossia del pervenimento della comunicazione di licenziamento al domicilio della lavoratrice), pur in mancanza di produzione di copia dell'avviso immesso in cassetta, la produzione della ricevuta di invio della raccomandata contenente la lettera di licenziamento, accompagnata dalle schede informative, provenienti da Poste Italiane, dalle quali si desumono la mancata consegna della raccomandata, il suo deposito presso l'ufficio postale, la sua restituzione al mittente all'esito della compiuta giacenza; documentazione ritenuta conducente ai fini probatori e fondativi della presunzione di legale conoscenza, perché estratta dai dati informatici di Poste Italiane, soggetto al quale è affidato il servizio pubblico essenziale rappresentato dal servizio postale universale con attribuzione di funzioni di certificazione.

9. A fronte di tale documentazione, giudicata, appunto, idonea a fondare la presunzione legale di conoscenza ai fini dell'art. 1335 c.c. con motivazione logica e congrua, basandosi la presunzione su dati univoci, precisi e concordanti, come descritti nella sentenza impugnata, non è stata fornita, da parte della destinataria della comunicazione del licenziamento, la prova dell'impossibilità di averne notizia senza colpa, trattandosi del suo indirizzo comunicato al datore di lavoro e sussistendo un preciso obbligo contrattuale collettivo (documentato dalla banca fin dal primo grado) del personale al quale si applica il CCNL credito (art. 38, comma 6) di "comunicare con sollecitudine all'impresa ogni mutamento di residenza o domicilio".

10. Neppure sussiste incongruenza con i precedenti di questa Corte richiamati nel motivo di ricorso. Invero, nel caso in esame, la presunzione di conoscenza dell'atto (la lettera di licenziamento), del quale è contestato il pervenimento a destinazione, non è integrata dalla sola prova della spedizione della raccomandata (come nei casi esaminati da Cass. n. 19232/2018 e n. 12822/2016), essendo documentate le attività svolte dall'agente postale incaricato della consegna e la compiuta giacenza, e non vertendosi, dunque, in ipotesi di licenziamento orale.

11. Al contrario, la sentenza impugnata è coerente con l'orientamento espresso di recente da Cass. n. 31845/2022 (vedi anche Cass. n. 511/2019), secondo cui il mittente deve produrre l'avviso di ricevimento, nel caso in cui lo stesso sia disponibile (e nei casi, diversi dal presente, in cui si discuta di un atto recettizio che, per espressa disposizione di legge, debba essere necessariamente inviato a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento): laddove la mancata produzione dell'avviso di ricevimento da parte del mittente non sia adeguatamente giustificata e/o non sussistano altri elementi di prova che dimostrino l'avvenuta consegna della raccomandata, il giudice di merito, in caso di contestazioni, non può ritenere dimostrata l'operatività della presunzione di conoscenza di cui all'art. 1335 c.c. solo in virtù della prova dell'invio della raccomandata, ma dovrà verificare l'esito dell'invio in primo luogo sulla base delle risultanze dell'avviso di ricevimento e, comunque, valutando ogni altro mezzo di prova utile e la sua decisione non sarà sindacabile in sede di legittimità, trattandosi di un accertamento di fatto ad esso riservato. Alla suddetta valutazione in fatto dei mezzi di prova utili a fondare complessivamente la presunzione legale di conoscenza, non limitati alla sola prova dell'invio della raccomandata, ha proceduto la Corte di merito, dandone conto con motivazione logica e adeguata.

12. Deve essere, pertanto, ribadito che la presunzione di conoscenza di cui all'art. 1335 c.c. degli atti recettizi in forma scritta giunti all'indirizzo del destinatario opera per il solo fatto oggettivo dell'arrivo dell'atto nel luogo indicato dalla norma, in mancanza di prova contraria (Cass. n. 36397/2022), e l'allegazione della ricorrente di non aver mai rinvenuto l'avviso di giacenza nella sua cassetta postale non è sufficiente a vincere la presunzione.

13. Con il terzo motivo, parte ricorrente deduce (art. 360 c.p.c., n. 3) violazione e falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, art. 6 per avere i giudici di merito ritenuto che la comunicazione con cui era stato contestato al datore di lavoro il mancato pagamento della retribuzione per il mese di (Omissis) ed ogni eventuale addebito mosso dal datore di lavoro, con riserva di adire le vie legali, non fosse idonea a impedire la decadenza dai termini per l'impugnazione del licenziamento.

14. Con il quarto motivo, deduce (art. 360 c.p.c., n. 4) contraddittorietà ed illogicità manifesta della motivazione, in quando i giudici di merito, dopo avere affermato la presunzione di conoscenza della notifica del licenziamento dal 27/6/2017, avrebbero negato che la suddetta comunicazione in data 11/9/2017 sul mancato pagamento della retribuzione di (Omissis) valesse a contestare il licenziamento.

15. I motivi, connessi e da trattare congiuntamente in quanto entrambi relativi alla valenza, a fini di impugnativa nei termini del recesso, della nota in data 11/9/2017, non sono fondati.

16. Osserva il Collegio che la Corte di merito ha interpretato la comunicazione della lavoratrice (attività di interpretazione di atto unilaterale recettizio ad essa riservata) come non contenente una impugnativa di licenziamento, condivisibilmente specificando che, sebbene l'atto con il quale si impugna il licenziamento non richieda formule particolari, esso deve comunque esprimere la volontà del lavoratore di contestare il recesso disposto dal datore di lavoro un modo non equivoco, mentre nel caso di specie mancava, tra l'altro, in tale comunicazione ogni riferimento al recesso.

17. Si tratta di argomentazione congrua, logica ed autonoma nel fondare la decisione circa la mancata impugnativa del recesso datoriale nei termini di legge. Pertanto, non risultano rilevanti le questioni relative alla contraddittorietà o meno della linea difensiva circa l'avvenuta conoscenza del licenziamento ad ottobre 2017, in quanto la decisione è fondata sulla presunzione legale di conoscenza del licenziamento del 20/6/2017, comunicato tramite lettera raccomandata restituita per compiuta giacenza, e sull'inidoneità della comunicazione in data 11/9/2017 circa il mancato pagamento della retribuzione ad esprimere la volontà della lavoratrice di impugnare il licenziamento, ragioni decisorie che prescindono da ulteriori valutazioni e che si9 resistono alle censure di legittimità svolte nel presente grado di giudizio.

18. Il ricorso deve pertanto essere respinto.

19. Parte ricorrente deve essere condannata alla rifusione in favore di parte controricorrente delle spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo.

20. Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per l'impugnazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 4.500 per compensi, Euro 200 per esborsi, spese forfettarie al 15%, accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 16 febbraio 2023.

Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2023.

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